Omicidio Diotallevi, il fratello: «Mentre la uccidevo agivo come un automa»

Omicidio Diotallevi, il fratello: «Mentre la uccidevo agivo come un automa»
di Michela Allegri
Sabato 19 Agosto 2017, 08:28 - Ultimo agg. 20 Agosto, 19:02
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Un interrogatorio breve, tra le mura del carcere di Regina Coeli, dove Maurizio Diotallevi resta dopo che il gip ha deciso di convalidare il fermo per l'omicidio della sorella Nicoletta. «Quando l'ho uccisa e l'ho fatta e pezzi ho agito in modo meccanico, come se fossi un robot», ha detto il social media manager sessantaduenne, accusato anche di occultamento di cadavere. Dopo aver strangolato la donna con un cinta nella notte della vigilia di Ferragosto, ha sezionato il corpo e ha rinchiuso i resti in sacchi dell'immondizia che ha poi gettato in tre cassonetti ai Parioli. Di fronte al giudice Anna Maria Fattori, Diotallevi, reo confesso, non ritratta. Le giustificazioni che mette in fila durante l'interrogatorio di garanzia servono solo ad alleggerire il fardello che porta. «Lei mi umiliava, mi trattava quasi come un domestico - avrebbe detto - mi ha anche picchiato di fronte a mio figlio. Nelle scorse settimane è partita per una vacanza in Svezia. Quando è tornata ho pensato: Qui o muore lei, o muoio io».
 

 

Così, nella notte tra il 14 ed il 15 agosto, nell'appartamento che dividevano in via Guido Reni 22b, quartiere Flaminio, ha ucciso la sorella minore, di 59 anni. «Non ne potevo più, mi trattava come un ragazzino, mi dava ordini in continuazione. Ci pensavo da mesi», ha raccontato subito dopo l'arresto agli agenti della Squadra mobile, che lo hanno fermato a poche ore dal delitto. Anche se l'indagato ha dichiarato di essere stato sopraffatto da un raptus di follia, ha anche aggiunto che liberarsi della sorella stava diventando quasi un chiodo fisso. E si tratta di un dettaglio che potrebbe aggravare la sua posizione: il pm Marcello Cascini sta valutando se contestare o meno la premeditazione. Per cercare altre prove, ha sequestrato il cellulare e il computer del sessantaduenne e ha incaricato gli investigatori di analizzare le ultime ricerche effettuate su internet, per verificare se Diotallevi si sia informato su come sezionare e occultare un cadavere.

L'ASSASSINIO
Il giorno dell'omicidio, Maurizio e Nicoletta non avevano ancora discusso con violenza, ma il rancore accumulato dopo 10 anni di convivenza forzata ha travolto l'omicida. Ha aspettato che lei uscisse dal bagno, poi le ha stretto al collo una cintura. «Appena rientrata dalle vacanze ha ripreso a darmi ordini, a comandare come faceva sempre», dice ora Diotallevi. In casa giravano pochi soldi, bastavano appena per arrivare a fine mese. I fratelli avevano quindi deciso di affittare come bed&breakfast una parte dell'appartamento, «ma i ricavi li voleva gestire solo mia sorella e a me toccava sempre chiederli».

L'OCCULTAMENTO
Il 15 agosto all'alba, quando Nicoletta ha smesso di respirare, Diotallevi ha adagiato il suo corpo in terra su un telo di plastica e lo ha fatto a pezzi. Ha usato due seghetti e un coltello da carne, che gli agenti della Squadra mobile hanno sequestrato nell'appartamento. Ha caricato i resti impacchettati in macchina e ha iniziato a vagare in una Roma quasi deserta. Ha gettato le gambe in un cassonetto di viale Pilsudski. Il tronco e la testa sono finiti in due secchi dell'immondizia di via Guido Reni. Un video delle telecamere di sorveglianza recuperato dagli inquirenti, lo immortala mentre si libera del corpo. Poche ore dopo, una nomade trova le gambe di Nicoletta e chiama la polizia.
Intanto, sul profilo Facebook dell'omicida continuano a piovere commenti d'insulto e minacce di morte. Lui, da Regina Coeli, pensa in continuazione al figlio sedicenne. «E adesso, che penserà di me? Sono addolorato per lui», ha detto al suo difensore, l'avvocato Gaetano Scalise.

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