Roma, Domenico e Angelo Spada condannati in appello per usura ed estorsione

Domenico Spada, ex campione del mondo di pugilato
Domenico Spada, ex campione del mondo di pugilato
Venerdì 5 Ottobre 2018, 16:06 - Ultimo agg. 17:42
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Condanne confermate in appello per Angelo e Domenico Spada, padre e figlio sotto processo per l'accusa di usura ed estorsione. La II Corte d'appello di Roma, presieduta da Mario Frigenti, ha inflitto 8 anni di reclusione ad Angelo Spada e 7 anni al figlio Domenico, conosciuto come Vulcano ed ex campione del mondo di pugilato nella categoria Silver Wbc, confermando così la sentenza emessa nell'ottobre 2016 dal tribunale penale.

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Condanne confermate anche per Antonietta Casamonica ed Antonietta Spinelli - rispettivamente a cinque anni (la prima) e tre anni e quattro mesi (la seconda) - imputate per un altro episodio specifico. I fatti contestati erano due episodi di usura ed estorsione commessi tra il 2009 e il 2012. Il primo episodio emerse dalle dichiarazioni di Fabio Del Gaudio, un commerciante che nel 2013 denunciò il pugile (poi arrestato l'anno dopo) per avere lo stesso preteso da lui l'intestazione di un immobile del valore di 400 mila euro, a fronte di un prestito di 140 mila.
 
 

Ruolo cruciale, secondo l'ipotesi accusatoria, l'ebbe anche Angelo Spada, il padre di Domenico, il quale, capendo le difficoltà del negoziante, gli avrebbe imposto di lavorare come garzone nella tabaccheria, di fatto espropriata. Un'imposizione decisa dopo che Del Gaudio aveva già consegnato ai due Spada 72 mila euro in contanti. Nelle vicende di cui si è occupato il processo d'appello c'era anche quella che vedeva coinvolte Antonietta Casamonica e Antonietta Spinelli, ritenute responsabili del reato di usura nei confronti di Del Gaudio per due prestiti precedentemente richiesti, riscossi e in parte ceduti ai due Spada.

Per l'altro episodio, secondo l'ipotesi accusatoria gli Spada
«pressarono» un imprenditore, Salvatore Merosi, che aveva ricevuto 40 mila euro in contanti, impegnandosi a restituirne 70 mila.
Per l'accusa, il costruttore, dopo essere stato malmenato, avrebbe eseguito lavori di ristrutturazione gratuiti nella casa che aveva ceduto al pugile a 100 mila euro, nonostante valesse il doppio. Condannati già in primo grado, i quattro imputati si sono visti confermare anche in appello la sentenza pronunciata in tribunale.

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