Stracolme di sciarpe e gadget calcistici, mazzi di fiori e peluche; abbandonate, in preda all'incuria e super agghindate; di marmo e piene di messaggi; nella nuda terra, sui muri, sugli alberi, tra i guard rail, nelle aiuole spartitraffico. Oltre 2.000 nei diversi quadranti della città.
Da via Cristoforo Colombo - l'arteria col più alto numero di incidenti (345) tra il 2011 e il 2012, secondo l'ultimo rapporto Aci-Istat - a viale Parioli, dal Lungotevere alla Bufalotta, toccando le altre principali “vie della morte”, dove avviene il numero più importante di incidenti stradali che non lasciano scampo, bypassando il centro e la periferia senza distinzione.
Ogni giorno sempre di più, bloccano gli sguardi di pedoni, automobilisti e passanti, vaganti tra ricordi e immaginazione.
Nel 2012, infatti, sono stati 90 gli incidenti al giorno che hanno coinvolto persone di nazionalità non italiana. In pole position i romeni con 4.753 sinistri; a seguire, gli albanesi con 3.504 e i marocchini con 3.142. E Roma si divide sulla presenza visibile delle tracce dei fatti di sangue sulle sue strade. Su un campione rappresentativo di 160 romani di età compresa tra i 24 e 68 anni, il 40% degli intervistati pensa sia «giusto rievocarne la loro memoria anche se non in modo troppo ampio»; il 60%, però, dice basta fiori sulle strade: «Indecoroso riempire la città con le lapidi, pure se nel nome di una tragedia”. Passi il messaggio positivo. I morti meglio ricordarli altrove, lì dove i senza coscienza alla guida saranno risucchiati in eterno dal vortice della propria colpa.
E nel turbinio degli incidenti è proprio di ieri la notizia che un ciclista di 65 anni è stato travolto da un'auto sulla Cristoforo Colombo: l'uomo è in fin di vita.