Stadio Roma, Parnasi dai pm: l'intreccio tra politici e la rete di Lanzalone

Stadio Roma, Parnasi dai pm: l'intreccio tra politici e la rete di Lanzalone
Stadio Roma, Parnasi dai pm: l'intreccio tra politici e la rete di Lanzalone
di Valentina Errante
Sabato 14 Luglio 2018, 09:12 - Ultimo agg. 15 Luglio, 23:08
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Questa volta dura in tutto quattro ore l'interrogatorio di Luca Parnasi. Ma l'imprenditore, dopo il no del gip e il ricorso bocciato dalla Cassazione, racconta di più delle sue relazioni con la politica e dello stretto rapporto con il consulente ombra del Comune di Roma, Luca Lanzalone.

Gli avvocati provano ad aggiustare il tiro, con qualche elemento in più rispetto alle circostanze già agli atti dell'inchiesta. Sembra l'unica via per ottenere dal gip Maria Paola Tomaselli un'attenuazione della misura cautelare, il rischio è che l'indagato numero uno dell'inchiesta sullo stadio resti a rebibbia fino a dicembre.

RICHIESTA RESPINTA
Perché il giudice, contro il parere della procura, ancora ieri ha respinto l'istanza di scarcerazione di due stretti collaboratori dell'imprenditore, Gianluca Talone e Fabio Mangosi, che avevano reso davanti agli inquirenti dichiarazioni ritenute insufficienti. Il giudice ha chiesto elementi ulteriori rispetto a quelli già emersi dalle indagini e così, all'indomani del pronunciamento della Suprema Corte che ha definitivamente cristallizzato la detenzione degli indagati, i legali Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini hanno concordato con la procura, che a questo punto ha una strategia diversa rispetto al giudice, un nuovo faccia a faccia. Si parte proprio da quegli elementi che, secondo Maria Paola Tomaselli, il costruttore non aveva chiarito nel lungo verbale del 27 e 28 giugno scorsi.

I nodi riguardano il ruolo dell'avvocato Luca Lanzalone, delegato dal Campidoglio ad occuparsi del dossier stadio, nell'approvazione del progetto, i rapporti con il Mibact, attraverso Claudio Santini, che avrebbe consentito di raggiungere il soprintendente Francesco Prosperetti, le relazioni con la politica: dall'ex assessore del Pd Michele Civita (intanto scarcerato dal Riesame) al grillino Paolo Ferrara. Ma anche il funzionamento di una presunta associazione a delinquere della quale Parnasi sarebbe stato la mente. Ossia i rapporti con i suoi collaboratori, ritenuti veri e propri sodali, e ancora detenuti. E adesso, mentre le indagini dei carabinieri vanno ancora avanti, una nuova istanza di scarcerazione potrebbe arrivare sulla scrivania del gip.

IN PROCURA
Questa volta l'interrogatorio non si svolge a Rebibbia. Giacca chiara e camicia bianca, Parnasi arriva in procura intorno alle 11,15 scortato dagli agenti. Siede davanti ai pm e comincia a parlare dei rapporti con Lanzalone. Spiega quali fossero gli accordi con l'avvocato plenipotenziario del Comune, che sarebbe riuscito a far cambiare la rotta della giunta Raggi sul progetto Tor di Valle. Poi passa a Santini, a Civita, a Ferrara.

Quattro ore non sono tante, ma non si sa se siano bastate a fornire nuovi elementi. Spiega ancora come fosse la politica a chiedere i contributi economici durante le campagne elettorali e come, a fronte di un progetto sul quale aveva puntato tutto, abbia deciso di trovare sponde nelle amministrazioni che avrebbero dovuto dare parere o approvare l'impianto sportivo. Del resto era lo stesso imprenditore a sostenere in un'intercettazione che l'importante era «potere alzare il telefono», quando fosse necessario.

LA STRATEGIA
Una strategia imprenditoriale, per il gip: «Il modus operandi del suo gruppo - ha scritto il giudice - in cui il rischio di impresa viene sostanzialmente abbattuto dal ricorso a pratiche illecite tramite le quali si costruisce il buon esito delle diverse operazioni imprenditoriali intraprese». In questo calcolo rientrerebbero le consulenze garantire a Lanzalone, i soldi per Santini, della segreteria del ministro per i Beni culturali, i fondi alla politica. Parnasi pagava tutti.

Ora davanti ai pm cerca di destreggiarsi.

La posta in gioco, per l'imprenditore, non è soltanto la libertà personale, ma anche il rischio di pesanti ripercussioni per il gruppo imprenditoriale, con un rosso di 13 milioni di euro oltre il fido e un progetto ancora in ballo.

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