Alessandro Gassmann: «Con il mio teatro vi porto nell'inferno dell'emarginazione»

Teatro Sala Umberto, via della Mercede 50. Da domani (ore 21) lo spettacolo "Qualcuno volò sul nido del cuculo" con la regia di Gassmann

Alessandro Gassmann: «Con il mio teatro vi porto nell'inferno dell'emarginazione»
Alessandro Gassmann: «Con il mio teatro vi porto nell'inferno dell'emarginazione»
di Katia Ippaso
Mercoledì 2 Novembre 2022, 08:04
3 Minuti di Lettura

Per chi l'ha visto, è difficile dimenticare il film di Milos Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo, del 1975, Jack Nicholson protagonista. E oggi che Alessandro Gassmann ripropone a teatro, come regista, quest'opera-cult, si illumina di nuovo una delle più forti narrazioni sul tema dell'emarginazione e della privazione della libertà che sia mai stata scritta. Non siamo più negli Stati Uniti ma all'inizio degli Anni Ottanta nel manicomio di Aversa. Randle Patrick McMurphy, il delinquente che si finge pazzo per sfuggire alla galera (Nicholson), diventa qui Dario Denise (Daniele Russo). L'adattamento è di Maurizio de Giovanni. Da domani fino al 13 novembre al Teatro Sala Umberto.

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La più rilevante differenza tra il film e lo spettacolo?

«Sono opere autonome.

I più giovani non l'hanno mai visto eppure finora hanno capito tutto, anche perché uso la tecnologia. Partiamo dal testo teatrale che Dale Wasserman realizzò a partire dal romanzo di Ken Kesey».

La malattia mentale è l'ultimo dei tabù?

«Lo è. Prima di Qualcuno volò sul nido del cuculo avevo messo in scena La pazza della porta accanto, su Alda Merini e i suoi ricoveri psichiatrici. Può essere un inferno».

Conosce persone a lei vicine che vivono in questo inferno?

«Conosco la matta del mio quartiere. Ho tentato più volte ad avvicinarla. È sola e abbandonata».

La ricordiamo nel suo debutto teatrale: Affabulazione di Pasolini. Era il 1984 e suo padre Vittorio la volle con sé nel ruolo del figlio. Come si sentiva con tutto quel biondo tra i capelli?

«Mi ricordo il terrore della tournée, il disagio dell'andare in giro con i capelli gialli. Al tempo stesso, è lì che ho pensato che forse avrei potuto fare veramente l'attore, come desiderava mio padre. Anche se continuo a pensare che non sia il mio mestiere».

Cosa avrebbe voluto fare?

«L'ingegnere agrario. La mia ossessione è la questione ambientale. Se avessi studiato, oggi sarei in grado di capire da solo quello che sta succedendo senza interrogare sempre gli scienziati».

È vero che ha mandato il suo libro Io e i #Green Heroes (Piemme) a Giorgia Meloni?

«L'ho fatto prima che vincesse le elezioni. La notizia è che lei mi ha risposto, dicendosi aperta all'ascolto. Voglio precisare che non condivido niente del pensiero politico di Giorgia Meloni. Ma qui è in ballo la sopravvivenza della specie umana».

Tra tv e teatro, lei sembra aver stretto un'alleanza di ferro con Maurizio de Giovanni. Cosa vi lega?

«Maurizio è la penna. Poi a me vengono alcune immagini e lui a volte le preferisce alle sue. Ne I bastardi di Pizzofalcone (stiamo girando la quarta stagione) faccio solo l'attore, ma in altri casi posso esprimermi come regista. Dal suo testo Il silenzio grande ho realizzato uno spettacolo e poi il film».

Il film è migliore. Non trova?

«Sono d'accordo. Quel tipo di suspense non si addice al palcoscenico».

Teatro Sala Umberto, via della Mercede 50. Da domani (ore 21).

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