Cassioli, campione ipovedente di sci nautico: «Sulle onde che non vedo, così lo sport non ha limiti»

Cassioli, campione ipovedente di sci nautico: «Sulle onde che non vedo, così lo sport non ha limiti»
Cassioli, campione ipovedente di sci nautico: «Sulle onde che non vedo, così lo sport non ha limiti»
di Alessandro Cristofori
Martedì 31 Agosto 2021, 07:51 - Ultimo agg. 20 Febbraio, 10:03
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Arriva un momento nella vita dove si ha più soddisfazione a donare piuttosto che a ricevere. E tutto questo ha ancora più valore se ti chiami Daniele Cassioli e sin dal tuo primo giorno di vita hai avuto la strada in salita per colpa di una retinite pigmentosa, una malattia genetica che lo rende ancora oggi ipovedente. Cassioli romano della Garbatella che ha lasciato dopo soli due anni per trasferirsi a Gallarate con i genitori, è al momento considerato il più grande sciatore nautico paralimpico di tutti i tempi. Oltre 90 i titoli vinti tra competizioni nazionale e internazionali un palmares che lo ha portato anche ad occupare una carica importante nel comitato paralimpico.
Il campione ha sempre avuto una grande attenzione nei confronti di quei bambini che sono nella sua stessa condizione: «Nel 2019 ho fondato la società sportiva Real Eyes - racconta Daniele - l'idea era quella di far approcciare un bambino non vedente o ipovedente all'attività sportiva nella maniera più natuale possibile. Ho sempre voluto che la mia storia fosse da esempio ma soprattutto da stimolo per quei genitori che devono gestire dei figli con questa disabilità». Real Eyes ha lanciato progetti in tante città del nord Italia ma il suo fondatore aveva un grande sogno: portare quest'iniziativa nella sua città natale: «Ho sempre sognato di fare qualcosa per Roma. Fortunatamente c'è stata questa possibilità con il Centro di Preparazione Paralimpica del Tre Fontane dove presenteremo il nostro progetto che abbiamo chiamato Spazio al Gesto».

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Un protocollo che mira a far provare le emozioni che solo lo sport riesce a restituire: «Quando ero piccolo ero solo un bimbo che aveva gli occhi guasti. Lo sport mi ha dato la possibilità di farmi valere per quello che ho, senza mai essere considerato per quello che mi manca. Voglio che i ragazzi sappiano che si può condurre una vita felice e che hanno la possibilità di fare tante cose anche se non abbiamo la stessa vista degli altri».
SENZA IMPEDIMENTI
Il progetto nasce da un concetto molto semplice: «Tutti i bambini devono poter saltare, rotolare e correre.

Non può essere un problema agli occhi ad impedirglielo e devono essere liberi di poterlo fare. I ragazzi non vedenti non vengono mai fatti correre e questo comporta che quando andranno a scuola non potranno partecipare ad un'attività come la corsa campestre che invece è un'esperienza molto formativa. Abbiamo un personale che si prenderà cura di tutti gli iscritti che vanno dai 5 ai 15 anni».

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Il campione trentacinquenne ha pensato anche ad aspetti che coinvolgono i genitori: «Al momento abbiamo una decina di iscritti e gli allenamenti ci saranno due volte al mese, il sabato. Nell'open day sono arrivati ragazzi anche da Perugia. C'è una retta da pagare, ovviamente ad un prezzo calmierato. Ho pensato che non fosse giusto dire alla gente di venire qui perché è gratis. Le mamme e papà dei bambini normodotati pagano una retta per consentire ai figli di fare sport. È giusto che anche da quel punto di vista, i genitori abbiano la sensazione che non ci sia nessuna differenza». Un progetto bello e ambizioso ma che ha necessità di un sostegno: «Spero in alcune sponsorizzazioni che ci consentano di rendere sostenibile tutta l'organizzazione. Abbiamo tante idee ma non sempre è possibile realizzarle».

Di sicuro Cassioli e i suoi ragazzi non sarannno soli: «Ai nostri tecnici si affiancheranno gli studenti della facoltà di Medicina dell'Università Campus Bio-medico di Roma. Grazie a quest'esperienza, i laureandi, saranno sicuramente in grado di gestire in futuro un paziente di qualsiasi età che presenti una disabilità agli occhi. Spero che possano imparare a capire il ruolo prezioso che riveste lo sport nell'affrontare un handicap come il nostro». Il campione è pronto a realizzare l'ennessima prodezza della sua carriera. Forse quella più importante di sempre.

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