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Giandavide De Pau, la sorella: «Appena ho saputo dei delitti ho pensato che fosse coinvolto. Non potevo far finta di nulla»

Francesca De Pau: non lo abbiamo sentito per un giorno intero e ho chiamato i carabinieri per confidare i miei timori

La sorella: «Appena ho saputo dei delitti ho pensato che fosse coinvolto. Non potevo far finta di nulla»
La sorella: «Appena ho saputo dei delitti ho pensato che fosse coinvolto. Non potevo far finta di nulla»
di Camilla Mozzetti
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 20 Novembre 2022, 00:06 - Ultimo agg. : 25 Febbraio, 03:44
3 Minuti di Lettura

Parlava di sangue, di donne uccise, di prostitute, non potevo non fare nulla». È stata lei, Francesca De Pau, la prima a portare gli investigatori sulle tracce del fratello Giandavide, accusato del triplice omicidio di due donne cinesi e di una colombiana. Ieri mattina, di fronte al portone del palazzo del quartiere Ottavia a una condomina che le chiedeva come andasse, lei ha risposto: «Hanno arrestato Giandavide». Nessuna esitazione, solo un dolore che si leggeva nello sguardo, macchiato dalle lacrime e da una costernazione che nessuna parola potrà mai descrive a sufficienza. «Non ho nulla da nascondere».

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Signora Francesca dove ha trovato la forza?
«Non c’era scelta, mio fratello da tempo combatte con molti problemi, la droga, disturbi della personalità e psicologici. Quando con mia madre abbiamo visto cos’era accaduto a Prati abbiamo pensato che Giandavide fosse coinvolto, non lo sentivamo da un giorno intero e mercoledì, quando gli abbiamo parlato per l’ultima volta, avevamo capito che la droga era tornata prepotente».

Quindi cosa ha fatto?
«Ho chiamato i carabinieri della stazione Monte Mario dicendo che avevo il sospetto che mio fratello fosse coinvolto in questa storia, da lì sono stata contattata dalla Squadra Mobile che nel mentre aveva recuperato il cellulare di Giandavide a casa delle due donne cinesi, ma la scheda era intestata a mio nome e quindi mi hanno chiamato».

 


Dunque, nonostante le tracce lasciate da suo fratello sulle scene del crimine, il materiale video recuperato dalla polizia negli impianti di videosorveglianza del quartiere, per le indagini è stato decisivo il suo contributo? 
«Sì, ne sono consapevole ma non potevo non fare nulla. Con mia madre avevamo il sospetto che lui c’entrasse nella vicenda. C’erano troppi particolari: il quartiere Prati non lontano da quello dove Giandavide vive, ovvero la Balduina, le sue abitudini che conoscevamo, ovvero quelle di frequentare prostitute colombiane, abbiamo avuto paura per lui».

Suo fratello è stato fermato a casa di sua madre, a Ottavia. Com’è andata?
«Dopo la telefonata ai carabinieri e i contatti con la polizia, ho parlato con mio fratello, gli ho detto di venire a casa, che la polizia lo stava cercando perché avevano chiamato me trovando appunto il cellulare dalle due donne cinesi. Lui ha iniziato a parlare di sangue, di queste donne ma era confuso, non ricordava nulla. Poi il silenzio».
 

Fino però alla notte di venerdì.
«Ha citofonato che saranno state le tre del mattino ed è salito: io credo che fosse drogato per lo stato in cui si trovava, non ricordava nulla, diceva di essere stato da quelle donne ma che c’era un altro uomo. Era confuso, disorientato».

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Aveva i vestiti sporchi di sangue?
«Indossava un giubbotto blu elettrico, c’erano delle macchie. Credo fosse sangue».

Poi sono arrivate le cinque, quando suo fratello ha varcato l’ingresso della Questura di Roma. come si sente? 
«Mi sento straziata, lei deve capirmi, per noi è un dolore troppo forte, troppo grande se davvero si dimostrasse responsabile ma ci sono delle vittime». 
Che guardando Francesca negli occhi si capisce come non siano soltanto le donne uccise a coltellate nel centrale quartiere Prati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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