Roma, professoressa licenziata perché trans, il liceo Kennedy dovrà risarcirla. Giovanna Vivinetto: «Ora studio per fare la preside»

Nel 2019 era stata allontanata dalla scuola privata in cui era stata appena assunta solo perché qualcuno si era lamentato della sua condizione

Roma, professoressa licenziata perché trans, il liceo Kennedy dovrà risarcirla. Giovanna Vivinetto: «Ora studio per fare la preside»
di Lorena Loiacono
Lunedì 16 Gennaio 2023, 06:26 - Ultimo agg. 17 Gennaio, 09:59
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Non c'era alcun valido motivo per licenziarla. Così i giudici del Tribunale di Roma hanno dato ragione alla professoressa Giovanna Cristina Vivinetto che, nel 2019, è stata allontanata dalla scuola privata in cui era stata appena assunta solo perché qualcuno si era lamentato della sua condizione di transessuale. La docente, che ha ricevuto anche il premio Viareggio in quanto scrittrice e poetessa, ha fatto ricorso e ora l'istituto, il liceo paritario Kennedy di Roma, dovrà risarcirla per undicimila euro.

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Professoressa, in questi anni di battaglia legale si è sentita sola?
«No, la solidarietà che mi è stata dimostrata ha superato l'ingiustizia subita.

Le maggiori dimostrazioni di affetto sono arrivate dai miei studenti. Hanno dimostrato di essere maturi e di essersi immedesimati nella mia storia».


Le sono rimasti vicino?
«Ho ricevuto tanti messaggi. Erano interessati alla mia storia ma non alla mia transessualità: qualcuno mi ha anche chiesto di leggere le poesie che scrivevo. Ero la loro docente di lettere, sapevano che ero una scrittrice e mi vedevano semplicemente per quello».


Si erano affezionati?
«In realtà mi hanno visto poco: sono entrata in servizio il 23 settembre del 2019 e sono stata licenziata il 14 ottobre. Praticamente sono stata in classe una decina di giorni in tutto. Dopo tre giorni di malattia, la preside mi ha convocata e mi ha detto che dovevo andar via perché mancavo di professionalità».


Come ha reagito?
«Sono tornata a casa, ho iniziato a pensare e ripensare a quello che mi avevano detto. Ho capito che non era così ma che ero stata discriminata per la mia transessualità».


Sapevano della sua situazione?
«Sì, anche perché nel curriculum era riportato il premio letterario per il mio libro in cui parlo proprio di questo. Non è certo un segreto da nascondere, il mio. Sapevano tutto anche prima di assumermi. Qualcuno deve essersi lamentato e mi hanno licenziata».


Il processo come è andato?
«È stato lungo, ci sono stati tentativi di accordi ma la scuola non ha mai voluto trovare un punto di incontro. Chiedevo un risarcimento, anche simbolico: anche solo 5 euro, per una pura questione di principio. Lo dovevo a tutte quelle persone che, come me, si sentono discriminate sul lavoro. E i giudici nella sentenza hanno scritto che la motivazione del licenziamento è ascrivibile alla mia condizione di transessuale».


Aveva ragione lei.
«Sì e sinceramente spero che, oltre al risarcimento, mi arrivino anche le scuse. La mia è una battaglia per difendere i diritti di chi viene discriminato».


Ha continuato ad insegnare?
«Certo, questo è il mio lavoro, ho studiato per diventare un'insegnante proprio come mia madre. Probabilmente mi ha trasmesso lei l'amore per la scuola».


Aveva paura a tornare in classe?
«Dopo il licenziamento nella scuola paritaria ho insegnato in due scuole pubbliche, una media e una superiore di Roma, dove sono stata accolta senza alcun problema e con la massima discrezione. A settembre scorso sono entrata di ruolo, sto facendo l'anno di prova come docente specializzata sul sostegno. Per me è un'esperienza bellissima, voglio restare al fianco delle persone con difficoltà e tenterò anche il concorso per diventare preside».


Quando era studentessa ha subito atti di bullismo?
«No, mai. Pensavo infatti che la mia storia fosse speciale e per tanti anni lo è stata. Sono nata e cresciuta in provincia di Siracusa, nessuno mi ha mai offeso né ho mai sentito una parola fuori posto. Sono sempre stata la prima della classe, avevo un bel carisma e forse per questo ero accettata da tutti».


La sua famiglia?
«È sempre stata molto aperta. Ho un fratello gemello e siamo stati liberi di esprimerci. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta permettendomi di realizzarmi. La prima vera discriminazione l'ho subita in una scuola, ma quando ero già una professoressa».

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