Roma, pronto soccorso da incubo: aggressioni e lunghe attese. La grande fuga dei primari

Nel Lazio ogni mese almeno dieci camici bianchi abbandonano i reparti d'urgenza

Roma, pronto soccorso da incubo: aggressioni e lunghe attese. La grande fuga dei primari
Roma, pronto soccorso da incubo: aggressioni e lunghe attese. La grande fuga dei primari
di Francesco Pacifico
Sabato 7 Gennaio 2023, 07:07
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Adesso a dimettersi nei Dea non sono più soltanto i medici ospedalieri, ma anche i loro primari. Anno 2023, si accelera la fuga dai pronto soccorso di Roma e Lazio, sempre più nel caos, come dimostrano le attese negli ultimi giorni. Stando alle stime che girano tra i sindacati di categoria e le aziende sanitarie, sono ormai ogni mese almeno dieci i camici bianchi che abbandonano i Dea. Molti riescono a entrare nei reparti di medicina dove i turni sono meno massacranti, altri ancora - pur di fuggire dai Dea - decidono di darsi alla libera professione. Ma rispetto al passato, come detto, presentano le dimissioni anche i primari, che in teoria dovrebbero godere di condizioni economiche migliori.

IL FLOP DEI CONCORSI

Nel Lazio i medici in servizio nei pronto soccorso sono circa 600, meno di uno ogni diecimila abitanti.

Secondo la categoria ne servirebbero almeno 400 in più, ma è quasi impossibile reclutarli. Nei due ultimi concorsi svolti in questo comparto nella Capitale - all'ospedale San Giovanni e presso l'Asl Roma 2 - su una ventina di posti disponibili (compresi gli specializzandi), si sono iscritti per ogni selezione meno di 40 medici e si sono presentati davanti alla commissione in una quindicina.

Questi numeri spingono gli esperti a paventare che già tra una settimana, con il ritorno a scuola e nuovi picchi dell'influenza e del Covid, rendono complicato organizzare i turni di notte. Intanto carichi di lavoro superiore al passato, aggressioni e soltanto 60 euro di premio contro i 100 di altre Regioni, rendono questo incarico poco allettante. E se è difficile reperire nuovo personale, è molto più facile perdere quello attuale.

In quest'ottica, stando a quello che trapela della Regione, alcuni primari di pronto soccorso avrebbero comunicato alle direzione sanitarie dei loro ospedali e delle Asl di riferimento la voglia di fare un passo indietro. Ci sarebbero già due lettere di dimissioni pronte e altrettante in procinto di essere inviate. Non pochi se si pensa che i primari stessi nel Lazo sono una quarantina.
Spiega un responsabile di reparto di medicina di emergenza che chiede l'anonimato: «Molto spesso noi commettiamo un errore, per quanto veniale, che paghiamo fortemente in termini psicologici: ci facciamo troppo coinvolgere dai problemi e finiamo per diventare anche noi medici di sala o come diciamo in gergo di box, e visitiamo i pazienti. Pensiamo di fare i tappabuchi e non soltanto cresce il livello di stress, ma finiamo per tralasciare quella che è la nostra attività principale: cioè organizzare il lavoro dei dottori e degli infermieri».

LETTERE E TRATTATIVE

I primari pronti a lasciare il loro incarico potrebbero essere molti di più. Intanto chi avrebbe già comunicato le sue intenzione, avrebbe dato anche la disponibilità alla direzione sanitaria di gestire al meglio l'uscita (cioè ritardandola) per non creare ulteriori problemi. Che sono ne Dea si sono registrati anche nei giorni di ferie. Ieri, nel tardo pomeriggio e guardando alle 24 ore precedente, i pronto soccorsi del Lazio hanno registrato quasi 4mila accessi. Numeri tipici di un giorno feriale.

ORE IN CODA

Nella Capitale, a finire sotto pressione, soprattutto strutture come l'Oftalmico, l'Umberto I, il Policlinico di Tor Vergata, il Bambin Gesù o il Pertini. Dei 4mila pazienti che si sono rivolti alla medicina di emergenza, e sempre nel tardo pomeriggio di ieri, quasi 2.300 non erano stati ancora dimessi, con 840 persone rientrati nella cosiddetta categoria degli stanziali: cioè di chi aspetta un posto letto per essere ricoverato in reparti. E per i due terzi l'attesa è di quasi 24 ore.

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