Atac Roma, i deliri degli autisti No vax sospesi: «L’azienda ci paghi i danni»

In 160 rifiutano di lavorare con il Pass e minacciano azioni legali per un «risarcimento»

Atac Roma, i deliri degli autisti No vax sospesi: «L’azienda ci paghi i danni»
Atac Roma, i deliri degli autisti No vax sospesi: «L’azienda ci paghi i danni»
di Lorenzo De Cicco
Venerdì 3 Dicembre 2021, 00:13 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 12:43
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 Gli autisti no-vax chiedono i danni all’Atac. Non si sa quale asso della giurisprudenza li abbia consigliati, ma nel quartier generale di via Prenestina stanno arrivando, a centinaia, i reclami dei conducenti sospesi dal servizio (e dalla paga) perché sprovvisti di Green pass. Oltre 160 si sono auto-dichiarati dal 15 ottobre, quando è scattato l’obbligo del certificato verde per lavorare.

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Atac, i deliri degli autisti No vax sospesi

Negli uffici della direzione del Personale, c’è un faldone che si arricchisce ogni giorno di comunicazioni dei dipendenti che si autodenunciano per «il non possesso del Green pass».

Lettere simili, quasi ciclostilate. Spesso con una bellicosa postilla a piè di pagina che recita così: la nostra assenza è giustificata, quindi lo stipendio ci spetta. Altrimenti facciamo causa. Nei documenti più deliranti c’è addirittura chi si spinge a conclusioni che non hanno nulla di scientifico: «Il vaccino fa ammalare». Eccole, le lettere. Il Messaggero è in possesso di alcuni documenti, iscritti al protocollo generale della partecipata.

Il 18 novembre per esempio un’autista comunica «di non essere in possesso della certificazione verde Covid», fa sapere che «è scientificamente provato» che col vaccino si può essere infetti. Ergo, mettersi al volante del bus «mi espone al pericolo sanitario». L’assenza, a suo dire, sarebbe «giustificata». Segue minaccia: «Mi riservo pertanto di chiedere il risarcimento dei danni patiti». Un altro conducente, il 21 novembre, promette una battaglia legale per «il risarcimento dei danni» e annota nella lettera, prima dei «cordiali saluti», che «la presente vale come formale comunicazione della volontà di essere presente sul luogo di lavoro, impedita dalla richiesta di certificazione verde Covid». C’è anche chi si addentra in considerazioni di politica sanitaria. «Il luogo di lavoro non è sicuro – si legge in un’altra missiva – in quanto anche i vaccinati non sono immuni dal Covid e il Green pass non è lo strumento adatto a contenere i contagi».

E così via delirando. Sarà una coincidenza, ma il grosso delle lettere degli autisti no-vax arriva il venerdì, a ridosso del weekend, come accade per gli scioperi. A pensar male, viene il sospetto che qualcuno ne approfitti per starsene a casa, prendersi un giorno di assenza senza possibilità di azioni disciplinari (così dice il decreto), e fare il “trenino” col sabato e la domenica. La gran parte degli oltre 11mila dipendenti di questo colosso pubblico, per fortuna, è vaccinata. Ma c’è uno zoccolo duro, circa mille tra autisti, operai, macchinisti e impiegati, che continua a scansare la puntura anti-virus. Non c’è variante Omicron che tenga. Molti, per non perderci troppo nel cedolino a fine mese, ripiegano sul tampone. Altri invece sperano nel giudice.

LE ISPEZIONI

Anche perché l’azienda, per i controlli, non ha optato per le maglie larghe, anzi. Farla franca è difficile: in un mese e mezzo sono stati realizzati oltre 55mila controlli, il 90% sul personale di guida e sugli operai delle officine. Quasi sempre chi arriva al tornello è attrezzato: ha il Qr code. A volte no: gli ispettori aziendali hanno scoperto 14 pass non validi (falsi o scaduti), in 13 casi invece i dipendenti non avevano il codice a barre, hanno tentato la sorte, contando sul fatto che i controlli sono comunque a campione. Ma una volta scoperti, sono stati rimandati indietro e sospesi dal turno. In 2 casi è stata avviata l’azione disciplinare: si tratta di 2 autisti che avevano bucato la vigilanza, iniziando il turno senza essere né vaccinati né tamponati. Atac li ha rintracciati comunque, con un controllo a posteriori. E li ha denunciati alla Prefettura. Ora rischiano una multa da 400 a mille euro. 

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