Capostazione Atac «malata» apre B&B alle Canarie, un sindacato la difende: «Che male c'è?»

A sinistra, la foto del B&B alle Canarie pubblicata su Instagram dalla capostazione Atac in malattia da un anno e mezzo
A sinistra, la foto del B&B alle Canarie pubblicata su Instagram dalla capostazione Atac in malattia da un anno e mezzo
di Lorenzo De Cicco
Domenica 12 Settembre 2021, 13:37 - Ultimo agg. 13:38
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La capostazione dell'Atac «malata» da un anno e mezzo col B&B alle Canarie? Tra i sindacati dei trasporti romani c'è perfino chi la difende. Della serie: che male c'è? A patrocinare la dipendente che da marzo 2020 spedisce alla società del Campidoglio certificati medici (per una gamba rotta...) e che nel frattempo ha aperto una casa vacanze nell'isola subtropicale, è l'associazione "TrasportiAmo", con un certo seguito nel corpaccione dei dipendenti Atac, «attiva nella politica dei trasporti pubblici, specie di Roma e del Lazio», come si legge sulla pagina Facebook dell'organizzazione.

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Capostazione Atac «malata» alle Canarie

Proprio sui social ieri è apparso un comunicato a difesa della dipendente, che l'Atac ha deciso finalmente di mettere alla porta. «Quali sarebbero le sue colpe? - si chiede l'associazione - Quella di possedere immobili in un Paese comunitario? Quella di essersi fatta male durante la permanenza alla Canarie? Quella di essere rimasta bloccata causa pandemia?».

Insomma, il fatto che per una semplice frattura, che per coincidenza è avvenuta proprio all'arrivo sull'isola, abbia continuato a percepire lo stipendio per un anno e mezzo, mentre nel frattempo gestiva una struttura turistica, pubblicando le foto della jacuzzi, della piscina a sfioro, della terrazza vista spiaggia, non genera nemmeno una parola di biasimo.

La posizione del sindacato

Anzi, la colpa, a sentire l'associazione, sembrebbe essere dell'azienda (e naturalmente di chi ha riportato la notizia): «Perché fare la voce grossa e puntare il dito inquisitore sui lavoratori invece di indagare sui veri scandali?».

L'azienda

Atac in ogni caso tira dritto: la dipendente è stata sospesa e il procedimento è ancora aperto: rischia la «destituzione», cioè il licenziamento. Alla capostazione è stato contestato lo sforamento del «comporto», cioè il tetto dei giorni di malattia, irregolarità nei certificati medici, dopo le verifiche con l'Inps, e soprattutto il doppio lavoro, vietato dai regolamenti aziendali. Eppure c'è chi la difende. 

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