Roma, autista di autobus investe e uccide un ventenne ma «non ha colpa»: assolto

A influire sulla sentenza le conclusioni di una perizia disposta dal tribunale, che ha stracciato le conclusioni dell’esperto nominato dalla procura

Autista di autobus investe e uccide un ventenne ma «non ha colpa»: assolto
Autista di autobus investe e uccide un ventenne ma «non ha colpa»: assolto
di Adelaide Pierucci
Venerdì 18 Marzo 2022, 00:09 - Ultimo agg. 10 Ottobre, 15:13
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Alla guida di un bus di linea, carico di passeggeri, aveva investito e ucciso a piazza Venezia un ragazzo e poi proseguito la sua corsa, trascinandosi la responsabilità – subito contestata dalla procura – di non aver evitato l’investimento. A 7 anni dalla tragedia costata la vita ad Alessandro Di Santo, un ventenne di Villa Gordiani, travolto mentre cercava di salire sull’autobus fuori fermata, la giustizia ha ribaltato la ricostruzione dell’incidente: Carmine A., il conducente del mezzo pubblico non aveva nessuna colpa, nessuna responsabilità. Da qui l’assoluzione con formula piena, stabilita ieri a piazzale Clodio dal giudice monocratico. 

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L’INCIDENTE

La fine di un incubo per l’autista di Roma Tpl. A influire sulla sentenza le conclusioni di una perizia disposta dal tribunale, che ha stracciato le conclusioni dell’esperto nominato dalla procura. «È dimostrato tecnicamente e scientificamente che la condotta imprudente e pericolosa assunta dal pedone quando si trovava ormai dietro alla cabina di guida dell’autobus in posizione non direttamente vedibile dal conducente, costituisce la causa assorbente ed esclusiva dell’evento», ha scritto il perito Lucio Pinchera, chiudendo di fatto il caso. 
Il dramma si era consumato in una manciata di secondi la notte del 28 febbraio del 2015.

Alessandro Di Santo, ribattezzato dagli amici Badush, si apprestava a tornare a casa dopo una festa di compleanno. Con lui un gruppetto di amici. Chiacchierano e scherzano a piazza Venezia. Tre di loro alla vista del bus riescono a salire al volo, Alessandro e un altro amico provano a bussare a un finestrino del mezzo per far riaprire le portiere.

L’autista, però, non arresta la marcia e prosegue la corsa senza accorgersi di aver travolto il giovane. Scatta subito l’iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo. L’autista – contesta l’imputazione – avrebbe investito il pedone «senza avvedersi della sua presenza nel lato sinistro del mezzo pur rientrando nella sua visuale, urtandolo e trascinandolo per alcuni metri e proseguendo nella marcia». «Se la polizia non mi avesse rincorso e fermato io non avrei saputo nulla», aveva subito spiegato ai magistrati l’autista in presenza del suo legale, l’avvocato Guido Di Muro, che lo ha assistito fino a sentenza. «Forse il ragazzo mi ha rincorso - aveva ipotizzato l’autista - so solo che da regolamento non si può arrestare la marcia fuori dall’area della fermata. Capita spesso che ci chiedano di fermarci fuori corsa, ma è vietato. Il pullman era pieno e neanche i passeggeri si sono resi conto di nulla. Ho fatto le altre fermate regolarmente, fino a via Nomentana dove sono stato fermato». La giustizia gli ha dato ragione. 
 

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