Carabiniere ucciso, Natale dopo il delitto disse: «Se devo pagare, allora pagherò tutto»

Carabiniere ucciso, Natale dopo il delitto disse: «Se devo pagare, allora pagherò tutto»
di Valentina Errante e Cristiana Mangani
Mercoledì 31 Luglio 2019, 10:00 - Ultimo agg. 11:28
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Sono stati portati da poco nella caserma di via In Selci. I carabinieri hanno già molti elementi a loro carico e hanno la certezza che a uccidere Mario Cerciello Rega sia stato uno di loro. Quando arrivano i magistrati il quadro sembra già delineato. Gli interrogatori avvengono in due momenti separati. Il primo a essere sentito è Gabriel Christian Natale Hjorth. Il procuratore aggiunto Nunzia D'Elia gli spiega quello che è successo e lui la guarda, attonito, e prima di rispondere alle domande, dice: «Ma è morto, è proprio morto morto?» è incredulo, quando il pm, gli delinea il quadro indiziario che lo inchioda alle sue responsabilità.

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Poi la tensione, la consapevolezza che comincia a prendere forma e qualche lacrima che scende. Finnegan, l'autore materiale del delitto piange davanti ai magistrati. Nessuno sa se i due ragazzi abbiano agito sotto effetto di stupefacenti e alcol. Non sono stati eseguiti i test. Ma è certo che dalla movida al carcere siano bastate pochissime ore. E dire che, Gabriel, quella sera doveva trovarsi da un'altra parte. Con i parenti italiani, il padre Fabrizio, a Fregene, dai nonni. Erano arrivati insieme a Roma una settimana prima per andare a trovare, come accadeva da quando era un bambino, la nonna e lo zio, in un'altra estate in Italia, come quelle che avevano segnato tutta la sua infanzia. «Ho avuto un documento italiano - ha detto ai pm - ma non so se ho anche la cittadinanza». Non sa di esserlo ma invece Gabriel è anche italiano.
 



A cambiare il ritmo delle consuetudini, alla fine di luglio, quest'anno è arrivato Finnegan, l'amico di San Francisco, l'ha invitato a Roma per trascorrere qualche giorno nella Capitale. Un compagno di baldorie e di ubriacature. «Dai, stasera resta qui, non andare con tuo padre. Ci facciamo un bel giro», gli ha proposto. Così il biondino, che gli stessi carabinieri hanno definito faccia da college, è uscito con l'amico ed è finito in piazza Mastai a cercare droga, in quella notte che ha avuto un epilogo diverso da quello che aveva immaginato.

PAGHERÒ
Davanti ai pm che li interrogano, Natale dichiara: «Io sono estraneo al delitto, non sapevo che Finn avesse un coltello, non l'ho proprio visto». E aggiunge: «Pago e pagherò per quanto è successo, ma io sono estraneo all'omicidio».
Lunedì scorso i due giovani hanno ricevuto la visita del console americano in carcere ed è probabilmente dopo quell'incontro che hanno deciso di cambiare difensori. Natale Hjorth ha scelto l'avvocato Francesco Petrelli

LA DIFESA
Petrelli ha già incontrato i familiari dell'italo-americano. I genitori sono divorziati, il padre Fabrizio che era in Italia con il figlio da giorni, vive a San Francisco da tantissimo tempo e lavora con il pubblico nel settore delle pensioni. Tra qualche giorno tornerà in America. Ma prima, questa mattina, varcherà il portone del carcere. A Regina Coeli incontrerà per la prima volta il suo ragazzo dopo quello che è successo. Non riesce a capacitarsi che il «suo bambino» abbia potuto fare una cosa del genere. «Sono disperato», ha detto al legale ieri pomeriggio, al primo incontro nel suo studio.

Finnegan Lee Elder, invece, ha scelto l'avvocato Renato Borzone che ieri ha spiegato di aver incontrato il suo assistito e di averlo trovato molto provato. Il giovane si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip, che ha convalidato il suo arresto. Aveva già confessato, davanti al procuratore Nunzia D'elia e al pm Sabina Calabretta di avere accoltellato lui il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Dovrà spiegare ancora molto, a cominciare dal perché fosse in possesso di un coltello da marines, con una lama di 18 centimenti. Se davvero fosse arrivata in un bagaglio spedito da San Francisco o se, al contrario, l'avesse acquistata in Italia.

È facile immaginare - a giudicare già da quanto detto durante l'interrogatorio - che le posizioni difensive dei due si divideranno. Gabriel insiste sul fatto di non aver visto Finnegan mentre uccideva il vicebrigadiere. Era però presente al momento in cui l'arma è stata nascosta sotto una intercapedine del soffito dell'albergo.
 

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