Salvatore Casamonica, condannato a 18 anni il narcos del clan: doveva importare 7 tonnellate di cocaina dal Brasile

Un aereo carico di droga sarebbe dovuto arrivare a Ciampino, ma l'operazione saltò grazie a un poliziotto sotto copertura

Salvatore Casamonica, condannato a 18 anni il narcos del clan: doveva importare 7 tonnellate di cocaina dal Brasile
di Valeria Di Corrado
Martedì 5 Luglio 2022, 07:35
3 Minuti di Lettura

Era pronto a importare dal Sudamerica in Italia di circa 7 tonnellate di cocaina, una quantità che equivale alla produzione annuale di un cartello colombiano. Un aereo era già sulla pista di decollo di un aeroporto brasiliano, direzione Ciampino, con a bordo 1.200-1.300 chili di polvere bianca che avrebbe inondato le piazze di spaccio di Roma e Napoli. L'uomo che avrebbe dovuto far uscire la droga dallo scalo romano, però, era un infiltrato, nominato agente sotto copertura dai finanzieri dello Scico. Per questo, nel 2018, l'operazione criminale saltò. Ieri Salvatore Casamonica, il narcos del clan, è stato condannato a 18 anni di carcere. Stessa pena per Tomislav Pavlovic, il montenegrino definito brutto forte da Massimo Carminati. Al basista Silvano Mandolesi (originario di Marino), invece, sono stati inflitti 15 anni di galera.
Questa la sentenza dei giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Roma nel processo scaturito dall'indagine antidroga di gennaio 2019, Brasile low cost, coordinata dalla Dda capitolina e condotta dai finanzieri del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata.  Per i tre imputati sono state riconosciute le responsabilità sul traffico e l'importazione di droga, ma non sull'associazione a delinquere. Il pm Giovanni Musarò aveva chiesto per Casamonica e Pavlovic 30 anni, mentre per Mandolesi 22 anni.

Roma, minacciato con la pistola e sequestrato in strada: «Devi portarci a Corviale»


INDAGINI E INFILTRATI
Salvatore Casamonica era il referente della famiglia (condannata per associazione mafiosa) che si occupava di importare enormi quantitativi di cocaina da Brasile, Repubblica Dominicana e Bolivia, per poi farli smerciare al resto del clan nelle piazze di Porta Furba, Quadraro e Anagnina. Un affare per il quale i Casamonica avevano investito 4 milioni e mezzo di euro, ma che poi saltò quando Salvatore venne arrestato nell'operazione Gramigna. Alle indagini della Finanza avevano preso parte anche degli agenti sotto copertura provenienti da Italia, Stati Uniti e Svizzera. Il francese, in particolare, è un italiano sulla sessantina membro di spicco del clan dei Marsigliesi, che in cella aveva conosciuto Armando Paolacci, importatore di pasta di coca da Olanda e Germania per conto del clan sinti. Una volta liberi, Paolacci lo aveva presentato a Salvatore Casamonica. Per i trasporti dei carichi di droga si sarebbe dovuto utilizzare un aereo privato, sul quale stivare circa una tonnellata di droga per viaggio. Il francese avrebbe dovuto fornire il pilota. Si susseguono gli incontri per definire i dettagli dell'operazione e per rifornirli di cellulari criptati: a giugno del 2017 in una pizzeria di Ciampino e poi all'hotel Cavalieri di Roma; a febbraio 2018 a Milano e a giugno dello stesso anno a Sion (in Svizzera). Il 12 dicembre c'è l'incontro decisivo in un ristorante di Grottaferrata, a cui partecipano anche l'albanese Dorian Petoku della «batteria di Ponte Milvio» (per cui si procede separatamente) e Fabrizio Piscitelli (detto Diabolik), che poi si sfilerà dall'affare.
Secondo l'accusa, Salvatore Casamonica ricopriva un ruolo centrale «certamente di vertice nel sodalizio - come sottolineato dal pm nella requisitoria - tenendo i rapporti diretti con i fornitori colombiani».

Aveva inoltre un ruolo di «raccordo tra Pavlovic, Petoku e altri sodali da un lato, e Mandolesi e altri dall'altro».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA