Bangladesh, Egitto, India: dall’estero 2 contagi su 3. L’allarme della Regione Lazio

Bangladesh, Egitto, India: dall’estero 2 contagi su 3. L’allarme della Regione Lazio
​Bangladesh, Egitto, India: dall’estero 2 contagi su 3. L’allarme della Regione Lazio
di Lorenzo De Cicco
Domenica 12 Luglio 2020, 00:11 - Ultimo agg. 00:13
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Bangladesh, ma anche India ed Egitto. E il Pakistan, qualche giorno fa. Due terzi dei nuovi contagi annotati nel bollettino Covid della Regione Lazio sono «casi d’importazione», come li chiama l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato. Cioè riconducibili a voli provenienti dall’estero. Da Paesi dove spesso, si prenda il caso di Dacca, i controlli stanno mostrando la corda, con i test di negatività necessari per ottenere la carta d’imbarco falsificati e comprati a 36 euro. «Oggi la questione fondamentale è contenere il virus d’importazione - è il ragionamento di D’Amato - limitando questo, limitiamo la diffusione del Covid». Giovedì il Ministero della Salute ha sospeso i voli da 13 Stati, a partire dal Bangladesh. Da altri Paesi come il Pakistan invece si continua a partire, anche se le verifiche di questi giorni a Fiumicino hanno palesato diverse crepe e alimentato dubbi. Sull’aereo arrivato tre giorni fa da Doha, si è scoperto che cinque passeggeri pakistani su 40 erano positivi. Ed erano stati lasciati partire da Karachi malgrado avessero la febbre, insomma con sintomi evidenti, sarebbe bastato misurare la temperatura. Se ci saranno episodi simili, la Regione potrebbe estendere i test anche a chi proviene da Islamabad e dalle altre province.

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Nelle ultime 24 ore nel Lazio sono stati scoperti altri 19 casi di coronavirus. Di questi, 12 sono riconducibili a rientri dall’estero. Nel dettaglio: otto contagi riguardano la comunità bengalese, la più funestata in questi giorni, altri due sono collegati a voli dall’India, uno dall’Ungheria e uno dall’Egitto. La situazione, secondo l’assessore alla Sanità, «è sotto controllo ma non bisogna abbassare la guardia. La diffusione è moderata, frutto perlopiù di casi di importazione». La comunità del Bangladesh, ha aggiunto, «sta collaborando attivamente e prosegue senza sosta l’attività ai drive-in per il contact tracing, abbiamo aperto anche i drive-in del San Giovanni e a piazzale Tosti».

Solo ieri sono stati realizzati altri 1.600 tamponi ai bengalesi; in totale si è scavallata quota 4.200 esami in meno di una settimana. In centinaia si sono messi in coda nel parco di villa De Sanctis, sulla Casilina, aspettando di fare il test. «Anche i datori di lavoro ormai ci chiedono il certificato di negatività per farci tornare», racconta chi è in fila. La comunità sembra perfettamente consapevole dei rischi. Tanto che si è spontaneamente attivata una forma di controllo interno, per cercare chi ha la febbre e segnalarlo alla Asl. Una sorta di “ronda”, in chiave anti-virus, racconta il presidente dell’associazione Ital-Bangla, Mohamed Taifur Rahman Shah. «Alcuni hanno ancora paura di fare il tampone, per questo ci stiamo muovendo tra di noi, cerchiamo di sapere chi ha la febbre o la tosse. Non possiamo correre il rischio di allargare il contagio. C’è gente che è andata anche a lavorare e ora si è scoperta positiva». Come un commerciante del Pigneto, residente in via della Marranella, febbricitante da 4-5 giorni, che però, almeno all’inizio, è uscito e ha lavorato come nulla fosse. «È un fornitore di tanti minimarket e negozi di Tor Pignattara - racconta ancora il presidente dell’associazione Ital-Bangla - Avrà incontrato un centinaio di persone, forse di più. Ieri mattina, dopo avere saputo dal medico di essere positivo, è venuto qui negli uffici della nostra associazione. Ora li abbiamo disinfettati». L’uomo è stato trasferito in un hotel Covid in zona Rebibbia. Da lì risponde al telefono facendo solo sapere di «stare bene».
Le moschee di Tor Pignattara intanto hanno deciso di sospendere le preghiere per qualche giorno. «Fino a quando la situazione non migliorerà», si legge nei cartelli affissi ieri e riprodotti sulle pagine Facebook della comunità. 
 

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