Diabolik e la droga: «Così controllava Roma». La pista porta ai killer

Diabolik e la droga: «Così controllava Roma». La pista porta ai killer
di Giuseppe Scarpa
Venerdì 29 Novembre 2019, 08:10 - Ultimo agg. 09:21
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Era diventato un boss. Il nome di Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, negli ambienti della mala romana destava terrore. Tuttavia il capo ultras degli Irriducibili non aveva capito che esibire in modo sfacciato la forza era un segno di debolezza. A criticare questo comportamento erano stati il socio in affari del Diablo, Fabrizio Fabietti e Aniello Marotta, altro pezzo grosso della banda, in un colloquio intercettato dagli inquirenti. Una conversazione che gli stessi investigatori nell'ordinanza definiscono «profetica, considerate le circostanze dell'omicidio di Diabolik, un'esecuzione; è importante perché comprova come il Piscitelli - si legge nell'ordinanza - per la crescita del suo prestigio criminale si sentiva troppo sicuro di sé, ed era divenuto imprudente».

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L'AMMAZZANO
Ecco allora cosa si dicono Fabietti e Marotta il 13 maggio 2018, quasi un anno e mezzo prima dell'assassinio di Diabolik: il greco Mirashi Anxhelos «fra tre giorni vuole andare da Fabrizio (Piscitelli, ndr), ci vuole dare tutto quanto», sottolinea Fabietti, che poi prosegue rammaricandosi per l'atteggiamento incosciente tenuto da Diabolik. «Fabrizio certo gli ha fatto capire che siamo stati noi (a farlo picchiare, ndr) ha fatto un macello io gli dico vai sul vago, gli ha fatto mezzo capire che siamo stati noi». In pratica Fabietti e Piscitelli, per convincere, Anxhelos a saldare un debito da 160 mila euro avevano organizzato una spedizione. Una lezione che doveva però rimanere anonima. Diabolik, però, aveva fatto capire ad Anxhelos chi aveva organizzato il suo pestaggio: ovvero lui con il socio. Un azzardo che avrebbe potuto portare a delle rappresaglie. Così, infatti, replica Marotta a Fabietti: «Piscitelli (...) pensa che non ci può essere un matto che prende e gli tira una sventagliata sul portone, non lo capisce». La conversazione si chiude così. Gli investigatori, nelle pagine precedenti, riassumono con dovizia di particolari la lezione inflitta al greco. Non un tipo qualunque. Uno che aveva resistito alle richieste di restituzione di soldi da parte di Fabietti con il quale aveva condiviso anche una detenzione. Anxhelos, inoltre, è finito indagato in Perù, pochi mesi fa, perché a San Martín de Porres era stato fermato insieme a due italiani con tre camper che contenevano 291 chili di cocaina.
Inoltre, ad indicare alla batteria di picchiatori di Diabolik e Fabietti, dove individuare il greco, era stato Leandro Bennato: «La localizzazione era avvenuta grazie all'aiuto di un amico dello stesso, identificato in Bennato Leandro», si legge nell'ordinanza. Bennato, giovedì 14 novembre, è stato gambizzato in via di Boccea a Roma.

IL PESTAGGIO
Ad ogni modo il 2 aprile 2018 Fabietti ordinava questo al pugile Kevin di Napoli : «Ti devi portare altri due che menano forte, per sfondarlo (ad Anxhelos) lo dobbiamo mandare all'ospedale poi andiamo a chiedergli» i soldi. Poche ore dopo la spedizione, la batteria di picchiatori, rientra da Fabietti e gli rappresenta il pestaggio: «Gli ha infilato un dito in bocca - spiega Ban Maatoug - gli ha bucato dall'altra parte». Aggiunge Marotta: «Kevin me l'ha girato cosi bammm, ha strillato finché non ha preso le ultime tranvate». Infine nella carte viene citato un altro episodio. La bomba piazzata di fronte alla sede degli Irriducibili in via Amulio a Roma il 6 maggio. Diabolik pubblicamente afferma che si tratta di un' aggressione di matrice politica, vista la collocazione a destra degli ultras. In realtà, scrivono gli investigatori, il messaggio è rivolto «alla mala romana, nel senso che il (suo) gruppo era armato e pronto a raccogliere la sfida». «Con una certa spregiudicatezza», si legge nelle carte. Due mesi dopo Diabolik viene freddato con un colpo alla nuca.

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