Formello, l’iraniano ucciso comprava armi per Teheran: trattava prodotti bellici da 300 milioni di euro

Formello, l’iraniano ucciso comprava armi per Teheran
​Formello, l’iraniano ucciso comprava armi per Teheran
di Giuseppe Scarpa
Giovedì 22 Ottobre 2020, 22:49 - Ultimo agg. 23 Ottobre, 10:33
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Su Teheran stavano per piovere più di 300 milioni di euro in armi provenienti dall’Italia. Tanto erano disposti a sborsare gli Ayatollah per avere a disposizione i droni Hunter mq5 capaci di sganciare le bombe Viper strike gbu - 44 /B, il mitragliatore Browing m2, l’AK 47, il fucile di precisione Sako trgm 10 e la carabina Tikka t3. Peccato però che il grande regista dell’operazione, l’iraniano Said Ansary Firouz, 68 anni, sia stato assassinato martedì da un connazionale all’interno del suo ufficio a Formello, paese alle porte di Roma. Omicida che dopo aver sparato all’uomo, ha rivolto verso di se l’arma e ha fatto fuoco. Per adesso i carabinieri del nucleo investigativo di Ostia, propendendo per una lite degenerata per una questione di soldi. Ma l’ombra dell’intrigo internazionale attorno alla fine di Firouz (e del suo assassino) resta una pista valida che gli inquirenti non escludono visto lo spessore del personaggio.

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Ma chi era appunto questo iraniano di 68 anni? Oltre a essere un venditore di auto d’epoca con una famiglia, moglie e due figli che vivono in una villa alle porte dell’Olgiata, era anche un trafficante di armi.

Questo emerge dall’avviso di garanzia che il Ros dei carabinieri gli aveva consegnato pochi giorni prima dell’omicidio: Traffico internazionale di prodotti bellici. Indagati assieme a lui altre nove persone tra connazionali e italiani. 

Firouz, figlio dell’ambasciatore iraniano a Roma ai tempi dello Scià, era il trait d’union. Aveva fatto incontrare domanda e offerta. Da Londra per il grande incontro era giunto nella capitale d’Italia perfino un mullah (indagato per terrorismo) oltre ad altri esponenti inviati dal governo iraniano per conoscere la “delegazione” italiana. Alcune riunioni sono avvenute all’hotel degli aranci ai Parioli. La location, autunno del 2016, però non era gradita a Trevisol Meridio e Domenico Libro Maria (titolare di diverse società d’armamenti), entrambi indagati che così parlavano a Firouz: «cambiamo posto, c’è troppo gente che ascolta, una persona seduta dietro di noi è una spia». E avevano, in parte, ragione. Dal momento che alle calcagna avevano i militari dell’antiterrorismo del Ros. 

Firouz alla fine sarebbe riuscito a trovare due canali di rifornimento da Roma verso Teheran. Gli Ayatollah versando 300 milioni di euro alla Flytop di Gabriele Santiccioli avrebbero cercato di portare in Patria droni da guerra. Il sospetto degli inquirenti è che l’oggetto della trattativa fossero gli Hunter mq5, aeromobili con una apertura alare di nove metri, un raggio d’azione di 120 chilometri, in grado di volare per 18 ore continue a 5mila metri d’altezza. Ma più di ogni cosa capaci di sganciare la pericolosa bomba GBU-44/B Viper Strike. Quanto al secondo rifornimento di materiale bellico i Ros sono certi che Firouz stesse per spedire verso la Repubblica Islamica «5000 pezzi di materiale di armamento». In questo caso il mitragliatore Browing m2, l’AK 47, il fucile di precisione Sako trgm 10 e la carabina Tikka t3, erano l’oggetto della trattativa.

Le armi non sono mai arrivate a destinazione. I carabinieri hanno bloccato sul nascere la spedizione nella primavera del 2017. Ma hanno comunque incassato diverse prove: «Il Trevisol prospettava a Firouz, previo accordo con il Libro, un cambiamento nella transazione commerciale con gli iraniani». In pratica «Firouz avrebbe dovuto portare avanti verbalmente le trattative con gli acquirenti». Dalla negoziazione avuta con i delegati di Teheran emerge, dall’indagine, come «gli iraniani avessero già scelto i modelli di loro interesse», Firouz a questo punto avrebbe dovuto solo «fatturare e incassare il compenso mentre il Libro avrebbe provveduto a consegnare le armi dove volevano» i compratori: emergeva come «località indicata l’Armenia». Gli iraniani erano interessati ad avere molte più armi, oltre i «5000 pezzi» che avrebbero potuto vendere la coppia Trevisol-Libro.

Per questo l’instancabile Firouz si era dato da fare per cercare di saziare il vorace appetito di Teheran. Il 68enne ufficialmente venditore d’auto d’epoca a Formello «si adoperava per un ulteriore canale di approvvigionamento per soddisfare le esigenze degli iraniani contattando Elio Biancucci per effettuare un incontro presso la Flytop srl». Un’azienda specializzata in fabbricazione di aeromobili e veicoli spaziali. L’astuto Firouz, anche in questo caso, era riuscito ad organizzare l’incontro e in compagnia di due connazionali aveva visionato i droni. Martedì, però, non ha evitato che un altro connazionale l’uccidesse.
giuseppe.scarpa@ilmessaggero.it

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