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Lazio, 400 fra medici e infermieri no-vax, la Regione: «Pronti a licenziarli»

di Francesco Pacifico
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 16 Maggio 2021, 00:43 - Ultimo agg. : 17:33
3 Minuti di Lettura

Quattrocento tra medici e infermieri no-vax nel Lazio, che non hanno alcuna intenzione di vaccinarsi e finiscono per mettere a rischio non solo la loro salute e quella dei pazienti. Ma anche di porre in imbarazzo la Regione e le Asl ospedaliere per le quali lavorano. Soprattutto, se non cambiano idea, vanno verso la sospensione dalle loro mansioni e, in ultima istanza, la radiazione dagli Ordini di appartenenza, che potrebbe inibirli dalle professioni mediche. 

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Spiega l’assessore alla Salute, Alessio D’Amato: «Prenderemo provvedimenti severi contro chi non si vaccina. Abbiamo già in corso una procedura di licenziamento contro un sanitario, un medico di medicina di base, che ha deciso di non immunizzarsi».


RAVVEDIMENTO
Nei giorni scorsi, proprio per evitare che nelle strutture pubbliche ci fossero sanitari non immunizzati, la Regione ha deciso di riaprire i termini per vaccinare medici e infermieri. Attraverso il portale SaluteLazio.it possono chiedere un appuntamento, per poi essere convocati per la somministrazione del farmaco. E non c’è nessuna volontà di fare sconti: non a caso, si legge sempre sul portale regionale che «la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati».

 
La riapertura dei termini nasce anche per la moral suasion dei sindacati in un’ottica di “ravvedimento operoso”, dopo che il governo - nel decreto legge 44 del Primo aprile scorso con nuove norme per contrastare l’emergenza Covid - ha stabilito che non possono operare sanitari non vaccinati. Sempre la stessa legge, e dopo aver fatto il monitoraggio sui dipendenti delle strutture pubbliche, prevede che la Regione ha scoperto su 46mila medici e infermieri totali oltre 4mila non ancora immunizzati.

E di questi soltanto 3.600 avrebbero prenotato l’iniezione nei giorni scorsi. Stando sempre alla stessa ricognizione, la maggior parte di loro avrebbe motivato la cosa per ragioni sanitarie: hanno avuto il Covid nel periodo in cui si sarebbero dovuti vaccinare oppure hanno patologie che li rendono incompatibili per l’uso di AstraZeneca. Ma accanto a questi, ci sarebbero altri 400 colleghi che non hanno intenzione di immunizzarsi.


La legge dell’aprile scorso su questo fronte è chiara: chi non si è “protetto” con la riapertura dei termini, va sospeso dalle proprie mansioni e trasferito ad altro incarico che li tenga a distanza dai pazienti o da altri colleghi. In teoria c’è tempo per rimettersi in riga fino a metà giugno, poi - ope legis - scatteranno sia lo stop dal lavoro in corsia sia una convocazione dai rispettivi Ordini professionali. Spiega Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e Lazio: «Già in passato abbiamo aperto tre istruttorie contro colleghi che non si sono voluti vaccinare. In questi casi, noi convochiamo i medici, chiediamo il motivo della loro scelta oppure se c’è un impedimento di natura medica. Se invece siamo di fronte a un rifiuto per motivi ideologici, non possiamo che sospenderli. A meno che non ci sia un loro ravvedimento». Questi procedimenti sono lunghi, anche perché i ricorsi nei gradi successivi sono fatti in sede giurisdizionale. E possono - se l’illecito non viene sanato - anche portare alla radiazione dall’albo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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