Roma, dossier Mafie nel Lazio: spuntano le piazze di spaccio date in affitto dai clan

Roma, dossier Mafie nel Lazio: spuntano le piazze di spaccio date in affitto dai clan
Roma, dossier Mafie nel Lazio: spuntano le piazze di spaccio date in affitto dai clan
di Alessia Marani
Martedì 6 Ottobre 2020, 12:17 - Ultimo agg. 19:39
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Il crimine a Roma e nel Lazio si evolve come una grande holding del malaffare. Tra clan emergenti e faide scandite dal piombo, si fanno largo i piccoli e grandi "imprenditori" delle piazze di spaccio, aperte o chiuse che siano: vengono date in gestione, affittate o subaffittate quando i tenutari finiscono dietro le sbarre, la rendita serve sempre e comunque a rimpinguare le casse dei gruppi maggiori che si occupano anche del "welfare" parallelo, assicurando protezione e mantenimento anche nei periodi più bui. A Tor Bella Monaca Christian Careddu, scrivono i carabinieri delegati alle indagini dai pm, "riceve dal nuovo gestore un affitto mensile e impone l'assuzione di un suo uomo: attualmente prende la somma di duemila euro al mese per la gestione della piazza solo per il motivo di esserne proprietario indiscusso". Vincenzo Nastasi, detto O' principe e compagno di Maria Grazia Moccia dell'omonima famiglia criminale, che alle Torri gestiva un giro ben rodatoo in via dell'Archeologia, diceva intercettato alla compagna: "Tanto lo sanno che il 64 (il civico, ndr) è mio". Le mafie creano e mettono a rendita le piazze di spaccio, poi reinvestono i ricavi nella imprenditoria "pulita", avvelenando il tessuto economico e sociale della città.

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Il rapporto

Lo spaccato emerge, tra l'altro, dal quinto Rapporto  "Le mafie nel Lazio", redatto dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio e presentato oggi dal governatore Nicola Zingaretti e dal presidente dell'Osservatorio, Gianpiero Cioffredi dalla villa confiscata ai Casamonica in via di Roccabernarda. Alla presentazione partecipano il colonnello Francesco Gosciu, direttore della Dia di Roma, ilQuestore di Roma Carmine Esposito, il comandante provinciale dei Carabinieri, Francesco Gargaro, Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio e il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi. Si tratta di un prezioso e attento lavoro di ricerca e di studio dei fenomeni criminosi nel territorio, Roma in particolare, portato avanti attraverso l'analisi delle operazioni di contrasto alla illegalità da parte delle forze dell'ordine e della magistratura. Indizi, prove, intercettazioni messe insieme nelle pagine delle ordinanze che hanno spedito agli arresti grupppi di potere consolidati ed emergenti vengono rilette e inquadrate nel fluido contesto della malavita autoctona le cui salde radici si intersecano via via con i tentacoli delle mafie del Sud e con gruppi stranieri sempre più agguerriti e con ruoli di primo piano. Alleanze mutevoli, che covano attriti che non sempre i "faciliatori", personaggi di rango e con grande carisma criminale, riescono a tacere. Il tutto si innesta, dice Cioffredi, "in un panorama post-Covid che preoccupa per l'ingente arrivo di fondi pubblici che fanno gola al crimine e per l'usura, che è l'anticamera dell'ingresso della malavità nell'economia sana".

Il lavoro esamina i fatti della cronaca più recenti e mette in luce l'ambito nel quale si sono vericati: l'omicidio del giovane Luca Sacchi all'Appio Latino e il grave ferimento della ventenne promessa del nuoto Manuel Bortuzzo all'Axa, per esempio, accendono di nuovo un faro sulle questione droghe e sul loro mercato nella Capitale e sull'escalation di violenza e spegiudicatezza che finisce per coinvolgere anche persone innocenti e che con quelle realtà non hanno evidenze. Droghe che, a Roma, vengono sequestrate al ritmo di 5 tonnellate ogni anno. 

 

I clan

"I clan che trafficano droga, nella maggior parte dei casi - si legge nel V Rapporto - fanno ricorso al metodo mafioso per la gestione di porzioni sempre più grandi di territorio che diventano piazze di spaccio dove la “fama criminale” dei gruppi locali impartisce disciplina all’interno dei gruppi e verso l’esterno. E’ così, ad esempio, per le piazze di spaccio delle aree di Montespaccato, la Romanina, un pezzo del Quadraro, Tor Bella Monaca, Acilia, Primavalle, Giardinetti-Borghesiana, Nuova Ostia, Quartaccio, Tufello, San Basilio". Il modello delle piazze di spaccio chiuse e di un accentuato controllo del territorio risulta essere adottato anche in altre realtà periferiche come Quarticciolo-Centocelle, Bastogi, Corviale e Trullo. Sono operative anche piazze di spaccio “minori”, come ad esempio Laurentino e piazze di spaccio aperte ovvero senza sentinelle, ostacoli fissi e sistemi di sorveglianza più o meno sofisticati: è il caso del Pigneto e di San Lorenzo. "Chi le gestisce in queste zone ha la capacità di crearle e proteggerle. Queste aree diventano piccoli fortini - continua lo studio - dove si sperimenta il metodo mafioso, mutuato da altre realtà o generato pescando nel tessuto criminale autoctono". I gruppi stringono alleanze con matrimoni oppure convivenze ed è uno dei punti di forza dei narco-criminali di Roma che, negli anni hanno creato e rafforzato un welfare criminale parallelo. E cambiano volto a quartieri e periferie intere. 

Alla luce delle indagini coordinate dalla locale distrettuale antimafia nel 2019, il Rappporto illumina la galassia di affiliati al clan Casamonica, tratteggia i boss del quartiere di Montespaccato e dell’area a Nord di Roma, passa in rassegna le consorterie locali e straniere. Infine, prova a delinera dinamiche, relazioni e contesti correlati all’attività di Fabrizio Piscitelli, per tutti “Diabolik”, ucciso il 7 agosto dello scorso anno nel Parco degli Acquedotti al Tuscolano. Per farlo, però, l'Osservatorio parte come ogni anno dal “sistema Ostia” e da quegli affari che sul litorale romano hanno trovato basi e appoggi solidificati e cresciuti a dismisura, indisturbati o quasi, nel corso degli Anni '90, liberi di espandersi e cucire nuove alleanze.
Quando sul litorale, per intenderci, venivano mandati in soggiorno obbligato pezzi della mafia siciliana (Torvaianica, Campo Ascolano) o transfughi dei Casalesi (Acilia) sebbene qui avessero già preso indirizzo per proprio conto famiglie di potere e temute come i Cuntrera di Siculiana (Ostia) e le 'ndrine dei Gallace (Anzio, Nettuno), senza tralasciare le pesanti contaminazioni nell'Apriliano e ad Ardea. 

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