Roma, papà getta il cane dalla finestra per punire il figlio 15enne. Adesso sarà processato

I fatti nel 2018. Il cucciolo, precipitato dal settimo piano, è morto

Roma, papà getta il cane dalla finestra per punire il figlio 15enne. Adesso sarà processato
Roma, papà getta il cane dalla finestra per punire il figlio 15enne. Adesso sarà processato
di Francesca De Martino
Venerdì 24 Dicembre 2021, 00:03 - Ultimo agg. 12:41
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Aveva preso in braccio il cagnolino del figlio, un Jack Russell, e l’aveva scaraventato nel vuoto, dal settimo piano dell’appartamento di famiglia, in via Garcia Lorca, a Fonte Ostiense. È successo il 18 aprile 2018. Ora per questi fatti, Pietro Sorrenti, 47 anni, è finito a processo e dovrà rispondere del reato di uccisione di animali. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Mario Pesci, l’imputato avrebbe tolto la vita al cane, probabilmente dopo una discussione con il figlio, «con crudeltà e senza necessità, lanciando l’animale dal balcone», si legge nel capo d’imputazione. I fatti risalgono alla sera del 18 aprile del 2018.

Sorrenti vede scodinzolare per casa il cagnolino, di nome Lilly, e lo porta con sé in un’altra stanza.

Poi lo lancia dal balcone dell’appartamento, non lontano dal Palalottomatica dell’Eur. La bestiola fa un volo nel vuoto, di ben sette piani, e finisce sull’asfalto tra i palazzoni altissimi, arancioni e bianchi, simili a grattacieli, che caratterizzano il quartiere. Non c’è nulla da fare per il cagnolino: non regge l’impatto con il suolo e muore sul colpo.

 

LA DISPERAZIONE

Il figlio dell’imputato, un ragazzo di diciotto anni, appena si accorge dell’accaduto corre giù in strada e stringe al petto, in lacrime, il corpo di Lilly. Non vuole credere a quello che gli mostrano i suoi occhi, cerca di far riprendere conoscenza al cane. Ma a ogni tentativo di soccorso l’animale non risponde. I vicini vedono il giovane in strada, in quelle condizioni, seduto vicino al cucciolo senza vita. E chiamano la Polizia, che arriva subito sul posto: «Tutte ‘ste pagliacciate, è solo un cane. Ve sfondo tutti», commenta Sorrenti al momento dell’arrivo degli agenti con tono, a loro dire, «spavaldo». E inizia a picchiare le forze dell’ordine e a prendere a calci l’auto di servizio. Il figlio, nel frattempo, continua a piangere disperato: non potrà più riabbracciare il suo compagno di giochi a quattro zampe. Qualche vicino lo consola. Dopo, altre persone scendono in strada. Sono almeno trenta e tutte vogliono farla pagare al 47enne per il suo gesto crudele e si scagliano contro di lui. Gli agenti, però, chiudono l’imputato in una volante blindata.

I poliziotti portano Sorrenti in commissariato. Poi, l’arresto per uccisione d’animale, danneggiamento, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Per le contestazioni di danneggiamento, resistenza e lesioni, l’imputato è stato già condannato a un anno e otto mesi in un procedimento parallelo. Il sospetto è che l’ira dell’imputato sia il frutto di una lite con il figlio, avvenuta la mattina dello stesso giorno in cui il Lilly ha perso la vita. L’uomo da subito, però, ha negato di essere l’autore dell’omicidio dell’animale. La tragedia aveva anche scatenato l’indignazione dell’Onorevole del Movimento 5 Stelle, Paolo Bernini, presidente dell’associazione Difesa Protezione Animali (DPA), che aveva denunciato l’episodio alle forze dell’ordine. Ad oggi su Pietro Sorrenti pende l’accusa di uccisione di animale e dovrà risponderne davanti al Tribunale monocratico.

 

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