Poco più che ventenne, dipendente pubblico, in cerca del vero amore. Con una falsa identità, una valanga di bugie e un corteggiamento, insistente, un trentaseienne romano per mesi ha agganciato bambine in chat. Preferibilmente tredicenni, ingenue e senza esperienza, e iscritte a WeChat. «Sei bella, mi piaci». «Già mi sembra di volerti bene». «Vediamoci». «Non raccontare il nostro segreto». Il passo successivo era quello di spingerle a inviare e ricevere foto intime o strappare incontri ancora più pericolosi. In auto, ma anche con appuntamenti fuori porta, dove le raggiungeva. Ieri è stato condannato a sei anni e quattro mesi di carcere per adescamento di minori e atti sessuali con minorenni.
APPUNTAMENTO AL MARE
È stato un papà a stanarlo. Il padre di una tredicenne che, durante una breve vacanza a Santa Severa, non vedendo rientrare la figlia, tredici anni e ancora nella scuola primaria, l'aveva cercata in uno stabilimento balneare trovandola in compagnia dell'uomo. La baciava su un lettino prendisole. «Ero convinto che fosse diciottenne», si è giustificato con lui l'approfittatore. L'indagine è partita da quella segnalazione, nell'estate del 2013. Sono stati poi i carabinieri a scoprire che l'uomo, un disoccupato ora quarantaduenne, nello stesso periodo aveva agganciato un'altra adolescente a cui imponeva giorno dopo giorno contatti via web sempre più erotici. In questo caso, però, i familiari hanno scelto di non procedere con la denuncia per non affrontare il processo contro il sospetto pedofilo. Ma il precedente è finito comunque agli atti del pm Eugenio Albamonte, che ha portato a giudizio l'adescatore seriale. «Mia figlia non è rientrata dopo un bagno al mare - aveva denunciato invece, l'altro papà - Quindi, preoccupato, sono andato a cercarla. Dopo aver perlustrato la spiaggia per un'oretta l'ho trovata su una sdraio. Qualcuno la abbracciava e baciava. E alla mia vista ha cercato di coprirla». «Ho chiesto all'uomo chi fosse». Solo il nome, Stefano, però, a conclusione delle indagini si è rivelato vero.
LA TRAPPOLA
Di certo, come è stato ricostruito coi contatti WeChat, conosceva l'età della ragazzina. «Ho tredici anni - si era presentata - I miei genitori non mi lasciano uscire sola». Eppure l'adolescente allettata dal corteggiamento si era allontanata da casa almeno tre o quattro volte per incontrare quel giovane che riteneva il fidanzato segreto. L'adescatore di minorenni ora dovrà risarcire sia la ragazzina che i genitori per la trappola tesa, così come chiesto dal legale di parte civile, l'avvocato Sandra Aromolo. In tutto trentamila euro.
Adescava minori in chat, pedofilo smascherato dal padre di una tredicenne: condannato
di Adelaide Pierucci
Domenica 10 Marzo 2019, 09:47
- Ultimo agg. 09:48
2 Minuti di Lettura
© RIPRODUZIONE RISERVATA