Rifiuti, Raggi spera nel disgelo M5S-Pd per risolvere la crisi degli impianti

Rifiuti, Raggi spera nel disgelo M5S-Pd per risolvere la crisi degli impianti
di Lorenzo De Cicco
Sabato 17 Agosto 2019, 10:55 - Ultimo agg. 11:10
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«Parliamoci chiaro: il veto di alcune regioni è tutto politico, nel senso che i gestori degli impianti sono pronti ad accogliere l'immondizia di Roma, i contratti sono già stati abbozzati dall'Ama, ma c'è il no delle giunte. Quindi se lo scenario nazionale cambiasse, se nascesse questo asse Pd-5 Stelle, chissà...». Confidenze di un membro di primo piano dell'inner circle raggiano. Chi segue l'evolversi della crisi dei rifiuti a stretto contatto con la sindaca è consapevole che la tregua di questi ultimi giorni sul fronte monnezza, in assenza di sbocchi, a settembre si sfarinerà come un castello di sabbia. Per questo, come Raggi, spera che il disgelo tra dem e grillini possa giovare alla Capitale. E che le regioni a trazione Pd possano dimostrarsi più accoglienti per le tonnellate di spazzatura provenienti da Roma. Nel segno del buonsenso, ora che sull'asse demo-stellato si sta dialogando come mai prima, anche se alla fine non dovesse nascere il governo rosso-giallo. Una cosa è certa: entro un mese Virginia Raggi deve riuscire a piazzare lungo lo Stivale migliaia di carichi, per evitare che si ripeta lo scenario da incubo vissuto a giugno e luglio, con le strade invase dai sacchetti e i bidoni stracolmi per giorni.
Per ora le cose sono migliorate, ma solo perché la Regione guidata da Nicola Zingaretti ha ordinato a tutti gli impianti del Lazio di accogliere il pattume della Capitale. Ma questo salvagente resterà a galla soltanto fino a settembre. E poi? Tocca trovare alternative. Perché anche se la Pisana rinnovasse l'ordinanza, non è detto che tutti i siti laziali possano lavorare a questi ritmi per i prossimi mesi. Insomma, servono disperatamente alternative.
L'idea di inviare l'immondizia all'estero si sta rivelando un fiasco: la Svezia ha fatto sapere di poter accogliere per il momento 6mila tonnellate, cioè la spazzatura che Roma produce in poco più di due giorni. Una goccia nel mare. Si sta trattando con l'Austria ma il negoziato va per le lunghe e rimane pieno di incognite. Per questo il Campidoglio sta provando a riattivare i canali italiani. Cercando di trasformare i no di alcune regioni, in sì.

Con l'Abruzzo, a guida centrodestra, si sta muovendo in prima persona il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa. Su input del governo, la settimana scorsa la Regione Lazio ha invece sondato gli impianti delle Marche. Ma si è vista rispondere picche: l'assessore ai Rifiuti, Angelo Sciapichetti, ha spiegato che «non siamo in grado di ospitare i rifiuti di Roma negli impianti marchigiani». Qualche ora dopo è arrivata anche la conferma del governatore delle Marche, il dem Luca Ceriscioli: «Vale per me ciò che ha detto Sciapichetti». Cioè: niente rifiuti dall'Urbe.
L'Ama si è già mossa di suo. E da quanto trapela avrebbe perfino pronta una bozza di accordo con un impianto di Ascoli Piceno. Ma serve il nulla osta regionale. Ci sono state trattative con alcune imprese dell'Emilia Romagna, ma anche qui il governatore del Pd, Stefano Bonaccini, ha acceso il semaforo rosso. «Roma deve dimostrare, come abbiamo fatto noi, che sta realizzando gli impianti per l'autosufficienza», è la linea della giunta dell'Emilia Romagna. Sempre che il disgelo rosso-giallo non cambi le cose.
 
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