Il prezzo più grande Roma forse lo sta pagando ora. Al rientro dalle ferie di agosto molte attività legate alla ristorazione non stanno più riaprendo. Secondo una stima di Fiepet Confesercenti, la Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici, almeno trenta nell’ultima settimana si sono trovati costretti a chiudere a chiave, per l’ultima volta, la porta d’ingresso.
È capitato a Settimio in via del Pellegrino. Tra qualche giorno toccherà a Qui nun se more mai sull’Appia Antica. Ma nel corso di questo periodo, tormentato dalla pandemia di Covid-19 e dalla crisi energetica, hanno chiuso attività come Ulisse, in via Giuseppe Ferrari a Prati e, tra le prime a farlo, La Fraschetta di via San Francesco a Ripa, a Trastevere. Rincari, aumenti dei costi delle materie prime, gli affitti, pesano sempre più sui bilanci di un’azienda di ristorazione. I numeri dell’associazione di categoria fanno emergere una condizione davvero dura, fotografata proprio nella prima settimana di settembre alla ripresa del lavoro. «In trenta hanno già chiuso. Altri hanno prolungato le ferie. E 120, da qui a fine mese, sono a rischio di chiusura definitiva», commenta Claudio Pica, che della Fiepet Confesercenti capitolina ne è il presidente.
I PREZZI
Nel frattempo, i menù sono già stati ritoccati al rialzo, anche per i piatti classici della cucina romana: amatriciana, carbonara e cacio e pepe ormai al ristorante non si vendono più agli stessi prezzi di un anno fa. «Solo per i prodotti di un’amatriciana ci volevano tre euro, oggi ne servono 5,50.
IL CONFRONTO
Il tema degli esercenti in crisi è anche all’attenzione del Campidoglio. «Facciamo costanti incontri con le associazioni di categoria per capire come rispondere a questo fenomeno - dice l’assessora alle Attività Produttive, Monica Lucarelli - Roma non può permettersi di far chiudere le sue attività storiche», Una corsa contro il tempo che passa e la crisi che morde sempre di più.