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Roma, derubata mentre partorisce: infermiere sotto processo per un furto in ospedale

Roma, derubata mentre partorisce: infermiere sotto processo
Roma, derubata mentre partorisce: infermiere sotto processo
di Francesca De Martino
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 27 Maggio 2021, 00:29 - Ultimo agg. : 28 Maggio, 11:07
3 Minuti di Lettura

Appena la donna è entrata in sala parto, l'infermiere si sarebbe intrufolato nella sua stanza di ospedale e avrebbe frugato tra le sue cose. Si sarebbe poi allontanato con un IPad pronto da vendere per arrotondare lo stipendio. E' questa la contestazione che ha portato a processo A. S., un infermiere dell’Ospedale Santo Spirito. Il fatto sarebbe successo il 16 gennaio 2014.


La denuncia

È stato il marito della vittima a notare che davanti la porta della stanza, appena liberata per trasferire la donna in sala travaglio, si aggirava un uomo. Il suo modo di fare non lo convinceva: continuava a guardarsi intorno e a sbirciare oltre la porta, come a volersi assicurare di avere via libera. Il sospetto è che avesse tenuto d’occhio la situazione per poter entrare in azione indisturbato proprio quando la camera era vuota. Per il pubblico ministero che ha chiesto e ottenuto il giudizio, l’imputato era convinto di non dare nell’occhio grazie alla divisa da infermiere che indossava. Ma ad accusarlo e a farlo finire a processo è stato marito della donna, che ha riconosciuto nell’operatore sanitario l’autore del furto. Come si legge nel capo d’imputazione, l’uomo «al fine di trarne profitto, si impossessava di un dispositivo elettronico approfittando della circostanza che la donna fosse stata trasferita in sala parto abusando della qualità di operatore sociosanitario».


Il complice

Sul banco degli imputati c’è anche R. G., un ecuadoriano di 38 anni, accusato di favoreggiamento perché - sostiene la Procura - avrebbe cercato di aiutare l’infermiere a sottrarsi alle indagini: l’acquirente del tablet aveva raccontato di averlo comprato davanti al negozio dello straniero che, però, ha dichiarato agli investigatori di non riconoscere come venditore la persona ritratta nella fotografia del badge di cui l’infermiere era titolare. La Procura non gli ha creduto e lo ha spedito a processo, ritenendo che avesse acquistato il dispositivo elettronico direttamente dall’altro imputato. Ascoltato in aula, però, lo straniero ha ribadito la sua versione: ha detto ai magistrati che a vendergli quel tablet non sarebbe stato l’infermiere, ma un altro uomo.


La difesa

Secondo la difesa dell’operatore sanitario, si tratterebbe di un errore gigantesco e di un processo messo in piedi senza elementi concreti. L’imputato sarebbe stato in sala parto durante tutte le quattordici ore di travaglio della donna: era di turno, e la avrebbe assistita insieme ai colleghi. Quindi, in quel momento, non si sarebbe potuto trovare nei corridoi vicini alla camera della partoriente: lo hanno raccontato in aula un’infermiera, un ginecologo e un’ostetrica.


I testimoni

Tutti e tre i testimoni hanno riferito ai magistrati di aver lavorato in quelle ore insieme al collega imputato nel processo. La tesi della difesa è che il marito della donna abbia scambiato un’altra persona per l’infermiere: dato il forte momento di emozione, avrebbe confuso l’uomo probabilmente con un addetto alle pulizie. Circostanza sulla quale, lamenta ancora la difesa, non sarebbero stati fatti sufficienti approfondimenti. Due giorni fa si è celebrata a piazzale Clodio l’ultima delle venti udienze, davanti al pm Mario Pesci. In questi anni sono stati sentiti sei testimoni. La sentenza è attesa il 9 settembre e la difesa confida di poter ottenere l’assoluzione dell’operatore sanitario.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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