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Roma, gazebo crolla al parco giochi: 3 anni fa nella stessa zona un bimbo rimase ferito

di Stefania Piras
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 28 Settembre 2020, 07:53 - Ultimo agg. : 08:05
3 Minuti di Lettura

Ma se, sotto il tetto del gazebo di parco Papacci che è crollato pochi giorni fa, ci fosse stato un bambino?  Sarebbe morto e staremmo ad ascoltare le lacrime di un genitore. È venuto giù come un castello di carta e per fortuna sotto non c'era nessuno. Un altro gazebo poco lontano, fragilissimo, è transennato perché ha perso il palo che lo teneva in equilibrio (precario). Un terzo gazebo è usato come ricovero di panchine rotte con ferri sporgenti e taglienti, e ha, anche lui, i suoi sostegni marci e pronti a cedere. Non è cambiato nulla dopo tre anni: i bimbi sono a rischio. Perché in quello stesso parco nel 2017 subì un bruttissimo incidente un ragazzino di sette anni. Si appoggiò a un tubo pericolante in una pista di pattinaggio, cadde, entrò in coma, affrontò un delicatissimo intervento neochirurgico e oggi quel bambino ha rinunciato per sempre alla sua passione, i tuffi (era agonista al circolo Canottieri Aniene). Ma non è servito a nulla quello spavento immenso; nonostante le segnalazioni dei residenti sui gazebo pericolanti, il parco rimane nel degrado più totale.

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E Sonia, la mamma di quel bambino che ha visto la morte in faccia piange ancora. Di rabbia. «Speravo che quello che era accaduto fosse un monito», si sfoga con Il Messaggero. Sonia conosce bene quel gazebo all'interno del parco Papacci, Roma nord, Grottarossa, Municipio XV. Anche se non ci mette più piede. «Oggi come allora quando la testa di mio figlio è rimbalzata due volte sul cemento del campetto per cui i lavori di riqualificazione erano terminati e validati da tre mesi, si continuano a non vedere le criticità», accusa. Era il 28 luglio 2017. Mamma Sonia e il figlio andarono a giocare con la palla al parco. Il bimbo per raccogliere il pallone si appoggiò a una balaustra che cedette. Cadde sbattendo con violenza la testa sul suolo.

I SEGNI
Oggi quel bambino porta i segni irreversibili della tragedia: una cicatrice che corre sul capo, cinquanta punti di sutura per chiudere l'abisso e tornare alla vita. «Sono i segni dell'incompetenza di chi doveva controllare e manutenere», racconta Sonia che attende con ansia il processo a sei indagati dell'amministrazione comunale.  Ma la lezione non è servita. Lo scorso 16 settembre un'altra tragedia sfiorata: un gazebo è crollato su se stesso, gli altri gazebo traballano, perdono assi e travi, le panchine rotte con i ferri acuminati e il campetto della tragedia transennato da bottiglie di birra e rifiuti. Ed è stupita, furiosa, sconsolata Sonia, perché sa bene che la pericolosità di quei gazebo era stata segnalata più volte.

LA SINDACA
E perché l'incidente di suo figlio «non è servito a nulla». La cosa più triste? «Nessuno ci ha chiesto scusa, la sindaca, una mamma come me, non mi ha mai chiamata per dire che cercherà la verità con me, che è al mio fianco. Il giorno che ho rischiato di perdere mio figlio in un parco pubblico lei era a vedere la schiusa delle uova a Torvajanica», racconta Sonia. E affonda: «È raccapricciante il silenzio delle istituzioni comunali. Dov'è il rispetto se continuano a tollerare gazebo che a malapena stanno in piedi?». Ma la percezione della tragedia evidentemente non è la stessa: mentre una mamma ancora piange, attorno a un gazebo che rischia di ammazzare qualcuno sono comparsi solo i nastri gialli di Roma Capitale. Come a dire, ora non è una priorità.

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