Mario Proto, storico fotoreporter di cronaca nera, è morto questa mattina al policlinico Gemelli dove era ricoverato da tre settimane in terapia intensiva per Covid-19. Il noto fotoreporter aveva 67 anni. «Sono addolorato per la scomparsa del fotoreporter Mario Proto, un vero leone della fotografia». Lo dichiara, in una nota, l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato. «Lo conoscevo da molti anni uno stimato professionista aveva scattato lui la foto del mio libro “Lady Asl”. Lascia un vuoto nel giornalismo di cronaca romana. Che la terrà ti sia lieve Mario. Esprimo ai famigliari e i suoi cari un profondo cordoglio», conclude l'assessore.
«Ho assistito a talmente tanti fatti che nemmeno li ricordo tutti. Ho iniziato nel 1973, ho visto il terrorismo, gli anni di piombo, la Banda della Magliana che a Roma ha fatto un bel pò di danni… mi sono divertito. Ho avuto tantissime soddisfazioni personali e ho vissuto tante pagine di storia». Così Mario Proto, sintetizzava a “The Wise Magazine” la sua straordinaria esperienza professionale. Proto è morto al Policlinico Gemelli dove era ricoverato da tre settimane in terapia intensiva per Covid.
Nella sua carriera, lunga quasi 50 anni, Proto ha seguito e immortalato, raccontando attraverso le immagini i più importanti casi di cronaca a Roma e nazionali, dalla strage di via Fani con il sequestro Moro, alla Banda della Magliana, dal terrorismo rosso e nero ai grandi gialli della Capitale, via Poma, Olgiata, Marta Russo, la vicenda di Alfredino Rampi fino ai più recenti come l'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega e il delitto di Luca Sacchi. Proto fu tra i primi ad arrivare in via Fani il 16 marzo del 1978, sulla scena dell'agguato di via Fani. Sua la foto, passata alla storia, che ritrae l'appuntato Domenico Ricci e il maresciallo Oreste Leonardi, di scorta a Moro, accasciati l'uno sull'altro e già morti. Un'istantanea che fece il giro del mondo, raccontando con immediata crudezza il sacrificio estremo degli uomini che tentarono, invano, di impedire il rapimento del Presidente della Dc. Una foto non priva di implicazioni psicologiche: «Conoscevo bene -è il suo racconto- i ragazzi della scorta di Moro. Avevo seguito il Presidente talmente tante volte che ormai si può dire che eravamo diventati amici. Ci incontravamo mentre aspettavo la fine delle riunioni politiche o dei vari incontri nelle segreterie, era inevitabile scambiare quattro chiacchiere. Vederli ridotti in quelle condizioni mi colpì molto».
«Il 16 marzo 1978 tutta Roma era in fermento.