Insegnava legge all'Università e presto sarebbe stata nominata ufficialmente giudice di Corte Suprema in Ucraina, il coronamento di un sogno. Invece, anche Ilona, 34 anni, madre di un bambino di 10 ha dovuto lasciare tutto nel cuore della guerra, anche il marito che è docente, medico ginecologo, e riparare in Italia, a Roma dove vive il fratello Andrji, studente di Ingegneria che con minuzia la ascolta e traduce. La sua vita a Bucha, 35mila abitanti, cittadina satellite a dieci chilometri da Kiev, è stata spazzata via il 24 febbraio, adesso è alloggiata alla Fraterna Domus in Campo Marzio. «Alle 4 del mattino abbiamo sentito le prime esplosioni, non capivamo. Dopo un'ora le prime notizie davano bombardamenti russi a Gostomel, Borispol, Brovary e Vasilkov. Mezz'ora più tardi è stata imposta la legge marziale. Tutto è stato stravolto». Adesso dall'Ucraina arrivano le immagini delle fosse comuni scavate a Bucha, tanti sono i cadaveri. «La città è in mano ai sovietici - spiega Ilona - a loro volta isolati dai soldati ucraini che fanno da baluardo prima di Kiev. Chi è rimasto racconta di rastrellamenti casa per casa, stanno rubando tutto quello che trovano: soldi, quadri, gioielli. I soldati russi razziano e caricano il bottino sui camion». Ilona non credeva davvero che potesse scoppiare la guerra. Né pensava di doversene andare. «I russi in quelle ore puntavano all'aeroporto di Gostomel da cui decolla il più grande aereo da trasporto del mondo, Mria, distrutto dalle truppe di Putin - racconta - casa mia è a 5 km. Era un target strategico perché se fosse stato preso sarebbe stato possibile far atterrare una squadra di sbarco che avrebbe conquistato Kiev entro le 15. È scoppiato il panico». Ilona ricorda il fuggi fuggi, i colossali ingorghi di auto incolonnate, costrette alla fine a tornare indietro. «Noi abbiamo deciso di non farci prendere dal panico e di rimanere a casa. Mio marito ha sistemato il seminterrato mentre io raccoglievo le cose di prima necessità e i documenti. Siamo rimasti nel seminterrato con i nostri amici e vicini per l'intera giornata. Alle 20 è stato annunciato che dalla Bielorussia stavano entrando dei carri armati diretti a Bucha, dunque abbiamo deciso di andare a Khmelnytsky (Ucraina occidentale) da mio zio. Siamo partiti con 3 auto: 9 adulti, 3 bambini (il più piccolo di 3 mesi), 4 cani e un criceto. Nella nostra auto c'erano quattro adulti, un bambino, un cane e il criceto. Per percorrere i primi 60 km abbiamo impiegato 4 ore. Per dormire ci fermavamo nelle case di chi viveva lungo la strada. In totale abbiamo percorso 350 km in 24 ore. C'erano code ovunque. La gente stava fuggendo da Kiev in massa».
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IL VERO INFERNO
Ilona credeva che «in un paio di giorni» sarebbe tutto finito. «Ma quando abbiamo saputo che la nostra casa era stata colpita da una granata e i vicini avevano paura di uscire a perché era appena iniziato il vero inferno, abbiamo capito che non avevamo più una casa in cui tornare».