Roma, vaccino, niente dose all'avvocato cardiopatico: fa causa ma deve pagare le spese legali

Vaccino, niente dose all'avvocato cardiopatico: fa causa ma deve pagare le spese legali
Vaccino, niente dose all'avvocato cardiopatico: fa causa ma deve pagare le spese legali
di Giuseppe Scarpa
Giovedì 1 Aprile 2021, 08:17 - Ultimo agg. 12:37
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Tre infarti, nove stent coronarici, di professione avvocato per di più penalista, che tradotto significa processi con un numero elevato di persone tra imputati, altri colleghi, magistrati e cancellieri, senza contare le visite in carcere agli assistiti. Poiché la giustizia in questo anno non si è mai fermata. In più due figli adolescenti che alternano la dad alla scuola in presenza. Tutto ciò non è bastato a un noto legale romano per essere incluso nelle categorie dei soggetti a rischio.

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O meglio il giudice civile, che gli ha negato la possibilità di vaccinarsi, ha sostenuto che l'uomo fosse sì «fragile» ma non «estremamente». Ecco allora che il professionista si è visto rigettare la richiesta e condannato a pagare le spese di lite per 4000 euro.
LA VICENDA
Ma andiamo con ordine. Il 14 gennaio un penalista di 59 anni fa una regolare richiesta al giudice civile affinché gli venga somministrato il farmaco. In quei giorni le categorie a rischio non sono ben definite.
Il legale, data la sua precaria salute, è convinto di farne parte.

In subordine chiede che venga messo in panchina. Ovvero gli venga inoculata una dose di quei lotti che avanzano quando vengono scongelati e che altrimenti verrebbero buttati.

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Il professionista elenca, oltre alla patologia cardiaca da cui è affetto, che lo ha portato ad avere tre infarti in cinque anni, l'ultimo nel 2019, anche quella che è la sua professione. Il penalista appunto. Un lavoro da esercitare in aule di tribunale spesso sovraffollate e quindi con una maggiore possibilità di contrarre il coronavirus rispetto a chi svolge, per esempio, il proprio impiego in smart working. A tutto ciò si sommano due figli adolescenti che frequentano una scuola (eccezione fatta per i periodi in Dad). Ebbene la decisione del giudice spiazza però il legale che gli nega il farmaco: la «cartella clinica non offre evidenza del fatto che il ricorrente oltre ad essere vulnerabile lo sia anche estremamente» in base alla specifica descrizione di gravità della patologia cardiaca presente nelle tabelle delle raccomandazioni ad interim nazionali e dell'aggiornamento del piano regionale».

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IL RECLAMO
Inoltre non è stata considerata nella decisione del giudice, come ha richiesto il legale, l'ipotesi di essere ammesso all'inoculazione del farmaco come panchinaro. Ovvero beneficiario di eventuali dosi residue. Una beffa per l'avvocato che ha comunque impugnato la decisione del magistrato. Di fatto durante un'udienza che vedeva il 59enne contrapposto all'Asl 1, a cui chiedeva la somministrazione del vaccino, si è presentata una dirigente dell'azienda sanitaria che avrebbe ammesso candidamente, dopo aver già passato il Covid-19 e quindi sviluppato gli anticorpi, di essersi iniettata una dose residua del farmaco.

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Così scrive l'avvocato nel reclamo: «Ha suscitato non poco stupore, per non dire rabbia in chi scrive, l'asserzione della stessa dirigente dell'Asl, riferita all'auto inoculazione da parte della medesima, avvenuta nei primi giorni di gennaio 2021, proprio di una dose di vaccino Pfizer, a suo dire avanzata e, quindi, sempre secondo la sua versione, destinata ad essere cestinata, nonostante, sempre a dire della stessa, avesse già contratto il Covid-19 in precedenza. Tale fatto risulta oltre che grave, contraddittorio».

 

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