Assumere, assumere, assumere. «Abbiamo pochissimo tempo prima delle elezioni». Un carteggio riservato nei giorni prima della disfatta racconta bene quale fosse il clima nel Campidoglio stellato di Virginia Raggi quando la strettoia del voto si faceva incombente e il potere assaggiato per cinque anni iniziava a rarefarsi. Per alimentare la rincorsa impossibile della sindaca al mandato bis, tra i fedelissimi c'è chi ha provato a calare l'ultimo asso: l'infornata finale. Un'ultima distribuzione di posti di lavoro. Mossa da vecchia politica, ma con un tocco da parvenu del potere, perché le volpi del sottogoverno non avrebbero certo svelato il gioco su carta intestata. Come ha fatto invece Andrea Coia, assessore uscente al Commercio, fedelissimo di Raggi, in corsa per conquistare uno scranno nell'Assemblea capitolina come consigliere comunale. Nel 2016 gli era andata bene: sfruttando il vento propizio al Movimento, che cinque anni fa scavallava il 35%, era riuscito a farsi eleggere con un tesoretto di voti modesto, 536 preferenze, quante ne racimola di solito un consigliere di quartiere. Ma stavolta, dopo un mandato travagliato da mille inciampi e qualche scandalo, la missione si complicava. Ecco allora la tentazione di giocarsi tutte le fiches. Con l'ultima mano di assunzioni.
La lettera, dunque. È il 17 settembre, mancano due settimane alle elezioni e che le cose si mettano male, a Palazzo Senatorio, è più di un'impressione, anche se la sindaca nei comizi continua a ripetere che «i sondaggi ci danno in ascesa».
IL BRACCIO DI FERRO
Andrea Coia preme sul collega di giunta Antonio De Santis, il titolare dell'assessorato al Personale, per «chiudere almeno questa partita».
L'assessore di Raggi sembra furioso: «Trovo inaccettabile tale comportamento». Alle assunzioni nei centri professionali, Coia, lavora da tempo. Per garantire il servizio fino al 2022 viene utilizzato personale esterno, della partecipata provinciale Capitale Lavoro. «Ma non è scontato che si possa reiterare all'infinito», sostiene. Ecco quindi la via dell'infornata, tramite concorso, o scorrendo vecchie graduatorie. C'è da «salvare il servizio», ma la fretta è figlia del voto alle porte. L'ammissione, ingenua ma clamorosa, è dello stesso assessore M5S: «Abbiamo pochissimo tempo prima delle elezioni e certo lasciare una situazione del genere non ci agevola nel raccogliere consensi presso la cittadinanza». Insomma, un membro della giunta Raggi sfruttava il suo incarico e chiedeva di accelerare i tempi degli ingaggi, dichiarando i fini elettorali. Il tutto, si diceva, su carta intestata di Roma Capitale. Raggi ne era a conoscenza? «La sindaca ci legge in copia», rimarca Coia, «e si è dimostrata molto sensibile nei confronti dei ragazzi dei centri». L'ultimo pressing però non è andato a segno. Raggi, si sa, è arrivata quarta. A Coia è andata anche peggio: niente seggio, ha preso 224 voti.