Ho pensato per loro un nome, per alcuni anche un soprannome, come da usanza. Ne ho immaginato età, professione e vita fin lì. Ho pensato a una famiglia, a un modo di camminare e di sorridere, uno portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, l'altro con la mano davanti alla bocca. Mi sono figurata, poi, modi di dire, canzoni e cibi preferiti, desideri realizzati o meno, un amore, vissuto o no, e un tormento visto che tutti ne abbiamo uno. Poi, dopo essermeli tenuti così vicini, li ho spinti via lontano, fuori dalla fantasia, nella città. Non si sono opposti, non possono: sono morti e se ne stanno adesso quieti anche da sospesi nel vuoto. Cimitero monumentale di Poggioreale, bare a mezz'aria contro l'azzurro cielo di ottobre: la foto l'abbiamo vista tutti, ci ha indignato, fatto male, fatto pensare. Pensiamo a chi non c'è più, ma questo crollo che pare sconfessare la Livella di Totò - i morti tutti uguali, seri nel non essere più parte delle pagliacciate dei vivi - dovrebbe farci chiedere, invece, di molto altro.
La cura reale e fattiva per ciò che non prevede inaugurazione quanto manutenzione. L'attenzione a questa città, che pezzo pezzo, per motivi diversi, si mostra friabile - oggi è il cimitero, prima era il condominio di via Orsi, domani chissà -. Noi vivi, noi qui, tesi tutto il tempo verso il nuovo e verso il futuro, forse perché a guardare bene, non abbiamo terra sotto i piedi per far passi indietro.