Furbetti del cartellino? No, la parola è ladri

Furbetti del cartellino? No, la parola è ladri
di ​Anna Trieste
Giovedì 12 Aprile 2018, 10:03
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Guardate, meno male che Dante è morto. No, perché sennò di fronte all'ennesima vicenda di assenteismo dei dipendenti di un ente pubblico, nella specie quelli del Comune di Pozzuoli, il sommo poeta avrebbe visto crollare uno a uno tutti i suoi totem in fatto di linguistica e pene infernali. Innanzitutto, per tenere fede alla sua legge del contrappasso - e cioè quella di colpire i peccatori con il contrario della loro colpa - Dante, per i dipendenti di Pozzuoli, avrebbe dovuto prevedere come pena infernale quella di andare a lavoro. 

E questa, più che una pena, è una ricompensa o un premio vista la situazione drammatica dell'occupazione in Campania. Ma poi, sentendo parlare di furbetti del cartellino, il poeta, tradizionalmente considerato il padre della lingua italiana, si sarebbe sentito male. Perché definire furbetti e dunque astuti, scaltri, abili, quelli che, pur percependo uno stipendio pubblico, invece di andare a lavoro se ne vanno altrove a fare i fatti loro? La parola giusta in italiano, infatti, non è furbetti ma ladri, delinquenti, imbroglioni. Al massimo marioli. Con tante parole a disposizione proprio quella sbagliata dobbiamo usare? 
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