“Ad bene agendum nati sumus” era l’antico motto del Sedile di Forcella: “Siamo nati per fare il bene”. E lo fecero davvero. In antichità Forcella era il luogo in cui le persone si curavano il corpo grazie alle acque termali e si curavano pure i pensieri, perché nelle stesse strade c’era la Scuola di Pitagora.
Il motto “siamo nati per fare il bene” si legge ancora oggi sul portale della Chiesa di Sant’Agrippino, una fra le tante chiese medievali della zona, tutte ricche di storia e di monumenti importanti. Forcella è stato il quartiere più importante della città per molti secoli, e lo dimostrano anche i grandi palazzi appartenuti a re e regine che si sono succeduti.
Quando tutti gli interessi si spostarono dentro e fuori il Palazzo dei viceré, (il primo re a metterci piede fu Carlo di Borbone, nel 1734) Forcella diventò sempre di più un riflesso del Tribunale della Vicaria: fame, miseria e morte. Ma Forcella non si è mai arresa, piegata ma mai spezzata, e lo sapevano bene i grandi artisti, i grandi scultori come Fanzago, i pittori come Falcone, Caracciolo, ma soprattutto Caravaggio, che scelse la gente di Forcella per la sua tela che cambiò la storia dell’arte: “Le sette opere della Misericordia”. E a Forcella l’opera è rimasta, al Pio Monte della Misericordia, l’Istituzione fondata da sette nobili napoletani. A proposito di nobili e di istituzioni, la puntata di Storie napoletane di oggi si sofferma proprio su alcuni nobili, per lo più baroni, che si riunivano in gran segreto nel giardino di un’Arciconfraternita, che può vantarsi di essere fra le più antiche della città e che non si è mai fermata: L’Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce. Solo l’Università di Napoli Federico II, nata nello stesso periodo, può appuntarsi la stessa medaglia.