Il canto eterno delle biancolelle
nei vicoli delle acque e delle serpi

Il canto eterno delle biancolelle nei vicoli delle acque e delle serpi
di Sergio Siano
Giovedì 5 Novembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 17:11
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«Aveva ragione Di Giacomo» mi racconta una donna, Filomena, nata e cresciuta in uno di questi palazzi.

«Ciò che aveva scritto in “Assunta Spina” era vero: il poeta prese spunto dal sangue sparso proprio in questi nostri vicoli per raccontarne il dramma. Lo vedi quel palazzo?

Fino a un secolo fa era un convento, chiamato “delle biancolelle”, ospitava prostitute tolte dalla strada, e c’entra con il racconto di Salvatore Di Giacomo. Me lo disse mia nonna ed altre anziane del quartiere». 

 

Storie napoletane è la nuova rubrica del giovedì pubblicata sul Mattino.it. 

Ogni settimana riveleremo storie e leggende legate a un quartiere della città: sarà la città stessa a raccontarsi attraverso i suoi abitanti, in un video. 

Storie e leggende, i personaggi che hanno fatto la storia, monumenti e luoghi abbandonati: l’intento di questa rassegna è rinfrescare la mente degli smemorati e di spolverare le memorie seppellite dall’oblio.

Spesso le uniche memorie e le tracce storiche dei luoghi restano nella toponomastica, proprio per questo i nomi delle strade sono importanti. 

Nella prima puntata ascolterete alcune leggende legate al Vico della Serpe e Vico Santa Maria ad Agnone, raccontate in video magistralmente dall’attore napoletano Andrea Fiorillo; interessante è la testimonianza di un’abitante di questi vicoli che, tornata dopo tanti anni sul luogo dove visse da bambina, non trova più il palazzo dove abitava ma scopre qualcosa che la sconvolge.

Video

«In quelle finestre murate, lì, in fondo alla strada, ci abitavano i miei zii, e in questo spazio che oggi sono scavi che appartengono alla Soprintendenza, fino a quarant’anni fa c’era il palazzo dove io e la mia famiglia vivevamo al primo piano, mentre al secondo piano ci abitavano i miei nonni; la mia povera nonna crollò prima ancora che arrivasse quel terremoto del 1980, il giorno in cui morì mio nonno.

Da allora non c’era mattina che non si lamentasse, e ripeteva sempre le stesse parole: “Queste femmine non mi fanno dormire, fanno ammuina, lavano i panni tutta la notte, ogni santa notte, e mentre sciorinano i loro stracci si mettono pure a cantare”. La gente del vicolo si faceva raccontare, rideva e poi diceva “poverella, ha perso ‘a capa”, traducevano i lamenti della vecchia in numeri e se li giocavano al banco lotto. Tutti prendevano in giro mia nonna, compreso me, e vorrei tanto che oggi mi ascoltasse per chiederle di perdonare me e tutti gli abitanti di Vico della Serpe e di Santa Maria ad Agnone. Sono tornata qui dopo diversi anni per vedere cosa era rimasto della mia vecchia casa, ma non ho trovato nulla, nemmeno una pietra. Prima il terremoto del 23 novembre 1980, e poi le ruspe. Il mio palazzo fu raso al suolo completamente, ma scavando sono tornati alla luce gli antichi lavatoi, quelle fontane dove un tempo “le biancolelle” del convento sciorinavano qui i loro panni e cantavano, cantavano alla vita, e mia nonna le ha potuto ascoltare». 

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