Basilicata, dopo il terremoto del 1980
​il riscatto industriale con i Nutella Biscuits

Basilicata, dopo il terremoto del 1980 il riscatto industriale con i Nutella Biscuits
di Gianni Molinari
Venerdì 13 Novembre 2020, 09:08 - Ultimo agg. 17:07
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Inviato a SANT'ANGELO LE FRATTE (POTENZA)

Benvenuti nella storia più intricata del terremoto del 1980: la «ricostruzione industriale». Quando nel maggio del 1981 - appena sei mesi dopo la catastrofe - il legislatore con voto bipartisan approvò la legge per finanziare la ricostruzione delle aree terremotate immaginò che per quelle aree interne dell'Irpinia e della Basilicata nord-occidentale piegate dalla scossa del 23 novembre non sarebbe bastato ricostruire le case per dare una prospettiva di vita alle popolazioni ma serviva dare pure una possibilità di sviluppo e di lavoro. Un'intuizione che partiva da realtà - quella del cratere dove il sisma era stato più devastante - già soggette allo spopolamento e all'invecchiamento dopo i forti flussi migratori verso il nord degli anni 60. Per esempio, Castelgrande, uno dei paesi disastrati in provincia di Potenza, nel 1980 aveva la metà della popolazione (1.521 abitanti) di 20 anni prima: in un solo anno il 1968 aveva perso più o meno il 25 per cento della sua popolazione. Così la legge immaginò che in quelle aree interne e fino ad allora sconosciute all'industria occorresse portare proprio la manifattura. Tra le province di Avellino, Potenza e Salerno si pensò alla realizzazione di 22 aree industriali: furono individuate con il bilancino della politica in modo sia da non scontentare nessun partito e capocorrente dell'epoca sia da portare il lavoro davvero dove ce ne fosse bisogno.

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LE STRADE D'ORO
L'industria si affacciò dove mai si era vista e per vederla bisognava prima allestire le aree industriali e poi collegarle alle reti viarie principali. In Basilicata le aree industriali «del terremoto» furono indicate in otto: tre, Melfi, Tito (che in realtà è l'area industriale del Capoluogo) e Viggiano erano in sostanza estensioni di aree industriali già esistenti, le altre (Nerico, Baragiano, Balvano, Vitalba e Isca Pantanelle) furono impianti ex-novo. Come nelle gemelle campane i costi delle opere di infrastrutturazione delle aree e la costruzione delle strade volarono a cifre mai viste: scrisse la commissione parlamentare di inchiesta, che tra il 1989 e 1980 guidata da Oscar Luigi Scalfaro scandagliò la spesa dello Stato per la ricostruzione, che la strada Fondovalle del Sele costò 720 miliardi di lire (del 1990).

Inoltre un terreno nel comune di Contursi fu comprato per 27 milioni di lire e venduto dopo pochi mesi a un consorzio di imprese a 127 milioni di lire. Ad acquistare un terreno in apparenza senza grande valore e utilità fu la moglie dell'amministratore delegato del consorzio di imprese che poi decise che su quel terreno ci passava proprio la costosissima Fondonvalle del Sele. E di questo tenore ci sono centinaia di episodi.


GLI AVVENTURIERI
Poi cominciarono ad arrivare le aziende in un mix di delocalizzazione di attività dal nord, iniziative di imprenditori locali, imbroglioni e ladri in quantità. Perché la legge finanziava, attraverso un meccanismo nemmeno troppo complesso, il 119 per cento dell'investimento: modalità ad alta attrazione di truffatori. E così fu. Ma 35 anni dopo, finita la sbornia degli imbrogli e della grande corsa, quell'operazione che appariva completamente fallimentare in realtà ha lasciato presenze importanti e forti. «Erano previsti 6.400 posti di lavoro - ricorda Pietro Simonetti negli anni 80 segretario della Cgil della Basilicata e austero censore delle industrializzazione post-terremoto - ora ce ne sono duemila e dopo tutti questi anni non è male. Altri interventi dello Stato nella materia hanno lasciato sì e no il 15 per cento dell'occupazione prevista».


I SUCCESSI
Eppure quello che è rimasto è solido e importante: a Balvano - il paese della tragedia dei bambini - la Ferrero produce i griffatissimi Nutella Biscuits (avere un conoscente che lavora nello stabilimento in quelle zone è considerato un valore aggiunto per l'accesso allo spaccio dei prodotti Ferrero) e ora sta per raddoppiare lo stabilimento, a Melfi a poche centinaia di Melfi dalla Fiat e dal suo enorme compound, c'è la Barilla che sforna molti dei suoi prodotti di punta e già più volte ha ampliato i suoi impianti, da Tito l'Hitachi realizza metropolitane in tutto il mondo, a Baragiano viene prodotta la birra scura, la Morena, che collezione premi nel mondo, in una piccolissima azienda di Melfi vengono fatti gli ipersostentatori per i caccia militari Eurofighter.
Luci e ombre, avventurieri e multinazionali, lavoro e drammi come quelli dei 4.400 che hanno perso il lavoro, non lo hanno mai più trovato e che «a 55 anni aspettano senza nessun sostegno una pensione che chissà quando arriverà», cesella amaro il segretario regionale della Uil, Vincenzo Tortorelli.

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