Terremoto in Irpinia, in viaggio sul bus degli emigranti

Terremoto in Irpinia, in viaggio sul bus degli emigranti
di Giulio D'Andrea
Lunedì 21 Settembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 14:09
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«All'arrivo nelle destinazioni svizzere o tedesche, la gente viene ad accoglierci anche per curiosità. Ma più per sentire l'odore del paese, capita ancora». Aldo Fierravanti lo racconta aspettando il ritorno alla piena attività dopo lo stop imposto direttamente o indirettamente dalla pandemia. È uno degli storici autisti del gruppo «Di Maio». Sede a Calitri, Alta Irpinia. La compagnia, attiva da novanta anni, soprattutto negli ultimi trenta, quelli del grande spopolamento, ha accompagnato le trasformazioni delle aree interne di Irpinia e Basilicata. Aldo veniva chiamato il pianificatore. Fu soprattutto lui a testare le tratte degli autobus dall'Appennino meridionale all'Europa. Un nuovo mezzo per emigrare dalle aree terremotate, per aprire nuovi orizzonti di vita. Non più sui treni ma subito a bordo, al proprio posto assegnato, con tre valigie zeppe e sdrucite: attraverso le strade tortuose tra Irpinia e Lucania, dove d'estate transitano camion di pomodori che traballano e d'inverno puoi restare impantanato nella neve. «Trasportiamo la classe operaia e le famiglie degli operai con le nuove esigenze. Molte persone preferivano muoversi direttamente dal Paese e con bagagli pesanti, per loro era scomodo e antieconomico raggiungere la stazione di Napoli e poi le province interne», spiega Michele Di Maio, il titolare. All'inizio è il giovanissimo figlio di imprenditori, poi è diventato colui che studiava come cambiavano le dinamiche. Si va a lavorare a Rorschach, Basilea, Singen, Stoccarda, dove dopo il sisma dell'80 si ingrossano le comunità di meridionali. Tralasciando il maledetto 2020, l'azienda viaggia verso quelle mete sei, sì proprio sei, volte a settimana, trasportando trecento persone all'andata e altrettante al ritorno. I viaggiatori non hanno l'ansia dell'arrivo. Qui vengono a trovare i parenti. O dal Sud raggiungono i figli, che magari sono diventati impiegati o imprenditori.



Gli autobus si muovono agevolmente nell'Appennino, come volpi. E rappresentano l'emblema di una connessione viscerale tra Meridione, Settentrione, Svizzera e Germania, che vedi alla fine dell'estate nei boccacci di salsa fresca stipati nel vano bagagli, ricoperti dai giornali per evitare lo scoppio della bottiglia. Si torna anche per ritrovare i cugini o per aprire l'appartamento ricostruito dopo il terremoto '80 e rimasto chiuso per mesi e far togliere la muffa.

Il tasso di spopolamento è severo nell'area del sisma 1980. Nell'ultimo anno, come qui s'è già scritto la settimana scorsa, in 4mila sono partiti, in pratica è «sparito» un comune irpino. A ogni statistica demografica, solo un paese su trenta ha il segno «più» nel numero dei residenti e spesso è il frutto di una migrazione interna provincia-provincia. E chi se ne è andato anni fa viaggia ancora, e spesso, in bus. Chi ha fatto fortuna torna pure con altri mezzi, abbraccia la terra e si fa abbracciare dalla sua contrada. C'è un imprenditore, a Sant'Angelo dei Lombardi, che ogni anno organizza un mega-party nella sua proprietà poco distante dal centro. Musicisti, danzatori in maschera. Ogni ben di Dio sulla tavola. Poi va via e lo si rivede per qualche altra uscita fantasiosa. Legami che non si spezzano.
 

 


E che dire di Soccorso Cresta, un 64enne maratoneta d'origine irpina che questa estate si è fatto 950 chilometri di corsa da Lugano a Castelfranci? Medaglia d'oro alle Olimpiadi appena inventate del gemellaggio e della famiglia, l'unica che il lockdown non ha fermato. «Il mio corpo è stato via, ma il mio cuore è rimasto sempre a Castelfranci», ha detto al suo arrivo il 19 agosto scorso nella piazza del paesino. Poi ci sono i giovani professionisti che viaggiavano sul «Di Maio» ai tempi dell'Università. Oggi lavorano nell'Europa delle banche e delle assicurazioni d'oltralpe. E non c'è niente da fare, il cordone ombelicale non si spezza. Vittorio, 41enne di Lioni, è ripartito alla volta del Lussemburgo con famiglia e Suv a inizio settembre. «Con 67 bottiglie di salsa e 18 tra Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Taurasi», dice con somma soddisfazione. Gli autisti hanno trasportato e trasportano studenti, nuovi operai, famiglie e anziani, genitori dei camerieri in Germania. Con i loro prodotti, i profumi del panino ai peperoni e il sudore. L'aereo? Lasciamolo a chi torna per un week-end veloce, per sbrigare una pratica noiosa. Meglio l'autobus o la macchina per qualche giorno in più, ché bisogna fare scorta di sapori. Da e per i paesi senza ferrovia, tra quelle curve che spiegano come i 40 anni da quel 23 novembre rappresentino un periodo lungo di una terra che però cambia lentamente. Da qualche tempo si spinge per un nuovo collegamento su ferro, la Eboli-Calitri, per uscire dall'isolamento ferroviario. La speranza di molti è che si parta con l'approvazione dello studio di fattibilità, giusto per far capire i tempi. Altri si dicono convinti che il recovery fund andrà a beneficio della tratta. «Però io non sono mai rimasto bloccato nella neve racconta ancora Aldo con un pizzico di orgoglio -. Né all'inizio del viaggio né al confine».
 

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