Atlante, il dio ribelle che ha scelto Napoli per reggere il mondo

Atlante, il dio ribelle che ha scelto Napoli per reggere il mondo
di Vittorio Del Tufo
Domenica 11 Novembre 2018, 17:17
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«La grandezza di un uomo risiede per noi nel fatto che egli porta il suo destino come Atlante portava sulle spalle la volta celeste» (Milan Kundera)

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«Ho veduto a Roma un busto grande di Atlante... una cosa bellissima e rara... Senza braccia né viso, ma sulle spalle aggobbiate una sphera marmorea con tutti i circoli celesti per lo cielo sono, di mezzo rilievo scolpiti».
Possiamo solo immaginare lo stupore di Ulisse Aldrovaldi, famoso naturalista e botanico vissuto nel Cinquecento, che per primo descrisse la statua di Atlante che regge il mondo, oggi uno dei pezzi più spettacolari del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Lo studioso bolognese si imbatté nel capolavoro - la più antica raffigurazione della volta celesta - probabilmente in casa di un mercante d'arte, Paolo del Bufalo, che la vendette, il 27 febbraio 1562, al cardinale Alessandro Farnese (1520-1589). Fu a partire da quella data che la scultura entrò a far parte dell'imponente collezione antiquaria della famiglia Farnese, da cui assunse il nome con il quale è ancora oggi universalmente conosciuta: Atlante Farnese. La statua, assieme a tanti altri capolavori d'arte, fu poi trasferita a Napoli in quanto ereditata nel 1787 da Carlo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, ultima discendente della famiglia che ne deteneva la proprietà.
Il volto del titano - la scultura è esposta nello splendido atrio d'ingresso del museo - esprime in modo assai eloquente la dolorosa fatica che Atlante sopporta. Il collo piegato nello sforzo, i muscoli tesi del corpo, i capelli arricciati e la barba folta: il dio ribelle costretto a reggere le colonne immense / che sopportano la volta del cielo (Omero, I libro dell'Odissea) è inginocchiato sotto il peso del globo, che egli sostiene sulle spalle con entrambe le mani. Per Vladimiro Valerio, (dell'Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti di Padova) «la statua di Atlante che sorregge il globo celeste ha sempre suscitato l'interesse degli eruditi e dei curiosi per la particolarità del soggetto e della composizione. Già dal suo primo apparire sul mercato antiquario romano, intorno alla metà del 500, il pezzo lasciò sbalorditi: non erano infatti note altre sculture aventi le stesse qualità tecniche-artistiche è ancora oggi, sebbene siano giunte sino a noi altre raffigurazioni di costellazioni e di zodiaci del mondo antico sia a rilievo sia in opere pittoriche e a mosaico, nessuna raggiunge la completezza e la complessità di esecuzione presenti in questa statua».

Non a tutti si mostrano gli dei nel loro splendore, avvertiva Omero (Odissea, XVI). La statua di Atlante che sorregge il globo terrestre - rinvenuta, con altre sculture, nelle terme di Caracalla: gli esperti sono concordi nel ritenere che si tratti di una copia romana di una scultura ellenistica - apparve sul mercato antiquario romano intorno alla metà del Cinquecento. Il pezzo attirò subito l'attenzione di quanti lo videro, proprio per la particolarità del soggetto e della composizione dell'opera: una straordinaria combinazione di significati cosmologici, astronomici, archeologici e relativi al mito: il mito di Atlante, descritto da Omero come uno dei pilastri del cielo. Secondo il grande poeta greco, le colonne sulle quali Atlante sarebbe stato costretto a reggere il cielo si trovavano nel bel mezzo dell'oceano che porta il suo nome, al confine occidentale della Terra.

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«Da tempo lottavano, soffrendo pene terribili, gli Dei Titani e quanti erano i figli di Crono, gli uni, i Titani gloriosi, dall'alto degli Otri, e gli altri, gli Dei donatori di beni, dall'Olimpo. Da dieci lunghi anni non s'intravvedeva una fine all'aspra contesa, e incerta si protraeva la guerra» (Esiodo, Teogonia).

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Ad Atlante fu riservato un destino beffardo. Padre delle sette Pleiadi, le bellissime fanciulle che vennero trasformate in stelle da Zeus, nel conflitto tra i titani e gli dei dell'Olimpo il dio si schierò dalla parte di Crono, il capo dei Titani. Sconfitto, venne punito da Zeus in modo singolare: fu condannato a reggere la Terra sulle sue spalle. Per breve tempo Eracle tenne al suo posto sulle spalle la volta celeste, per farlo riposare e dargli la possibilità di cogliere i pomi d'oro nel giardino delle Esperidi. Per Eracle fu in seguito assai difficile convincere Atlante a riprendere il suo posto, e dovette ricorrere a uno stratagemma: gli chiese di tenere momentaneamente la volta per potersi mettere qualcosa sotto le ginocchia. Successivamente Atlante «fu mutato in un monte altissimo, l'Atlante, da Perseo, che per uno sgarbo ricevuto gli mostrò la testa della Medusa e lo pietrificò» (Dizionario di mitologia e dell'antichità classica, Mary Gislon e Rosetta Palazzi).

Da sempre il mito di Atlante è associato a quello, favoleggiatissimo, di Atlantide. Una splendida ed evolutissima civiltà, oltre lo stretto di Gibilterra, letteralmente isolata dal resto del mondo. «All'inizio la vita in Atlantide scorreva felice, grazie alla prosperità della terra sapientemente coltivata, alle comodità fornite da un'avanzata tecnologia e alla disponibilità molto oro e argento» (Angela Cerinotti, Miti greci e di Roma Antica). Chi venne a turbare quel paradiso, governato da Atlante? Zeus, ovviamente. Il quale, dal momento che i costumi ad Atlantide erano piuttosto degenerati, «non solo permise agli Ateniesi di infliggere una pesante sconfitta a quel popolo, ma lo colpì subito dopo con un diluvio, che in un solo giorno e una sola notte sommerse nel fango l'intera Atlantide, cancellandone ogni traccia. Fu allora che Atlante si schierò dalla parte dei Titani contro Zeus per finire a dover portare sulle spalle il peso del mondo come punizione» (Cerinotti, Miti greci e di Roma antica). Il mito di Atlandide sedusse anche molti occultisti che ruotavano attorno al cerchio magico di Hitler: nel 1938 Heinrich Himmler organizzò una ricerca in Tibet allo scopo di trovare le spoglie degli atlantidi bianchi.

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Così come Atlante, nel mito greco, è costretto a reggere sulle spalle l'intera volta celeste, allo stesso modo la prima vertebra della colonna vertebrale (che per l'appunto si chiama atlante) ha il delicato compito di sostenere il cranio. Declinato in una moltitudine di accezioni (atlante è anche il volume che «regge» la conoscenza geografica del mondo intero), il dio ribelle punito da Zeus rivive oggi in un luogo della bellezza e della memoria: il museo archeologico di Napoli. Da dove continua a raccontare, ai visitatori provenienti da ogni parte del mondo, la vana fuga degli uomini dagli dei e dal proprio destino.
 
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