Incoronata, a Napoli una regina tra i rifiuti: la vergogna della chiesa pattumiera

Incoronata, a Napoli una regina tra i rifiuti: la vergogna della chiesa pattumiera
di Vittorio Del Tufo
Domenica 9 Gennaio 2022, 10:07 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 08:30
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Non v'è re, ma reina / giovane e bella, e guida la contrada: / molto è gentil, ma non sa della spada (Fazio degli Uberti)

C'è un luogo, nel cuore della città, che custodisce le memorie (e le leggende) di una regina dalla vita avventurosa, che per tutta la vita dovette difendersi dagli intrighi orditi dai suoi stessi parenti-serpenti. La regina è Giovanna I, in carica dal 1343 al 1381, nominata erede dal nonno Roberto d'Angiò a fronte di numerosi altri familiari (maschi) che si segnarono quell'affronto al dito. Il luogo, invece, è la chiesa dell'Incoronata di via Medina, un angolo di Medioevo al cui spaventoso degrado ormai nessuno bada più, perché siamo talmente assuefatti alla rovina, all'abbandono, all'incuria, che non facciamo neanche più caso al tappeto di stracci e rifiuti che da anni sommerge (letteralmente) uno dei tesori d'arte e cultura più antichi della città.

Un affresco all'interno della chiesa

Conosciamo bene il sindaco Manfredi e sappiamo quanto egli sia sensibile al grande tema della Bellezza assediata dal degrado: al sindaco, che è anche assessore alla Cultura, basta fare pochi passi per rendersi conto in prima persona dello scempio.

In ogni caso, per documentarsi, può dare uno sguardo alle foto di Sergio Siano, l'altra metà dell'Uovo di Virgilio. Valgono più di tante parole: quelle con cui ci riempiamo la bocca quando parliamo di valorizzazione delle nostre bellezze artistiche, storiche e culturali.

L'antica chiesa dell'Incoronata paga il pesante prezzo della stratificazione storica e urbanistica della città, che la condanna a quell'antico livello stradale che nessuno rispetta e che inesorabilmente si trasforma in ricettacolo di rifiuti come qualunque cosa si trovi al sotto del piano di calpestio urbano. Stesso destino, per intenderci, delle Torri Aragonesi, ridotte a oscene discariche a cielo aperto. Le mura greche di piazza Bellini o di piazza Calenda rappresentano forse l'eccezione, perché soggette ad interventi di pulizia pressocché quotidiani che ne difendono faticosamente il decoro e la dignità. L'Incoronata, invece, è un pozzo nero: nessuno riesce (e quel che è peggio, nessuno prova più) a liberarla dal mare di spazzatura che la sommerge in tutto il suo perimetro. Ma in quale tornante della Storia il destino dell'Incoronata è diventato un destino di degrado, di rovina e di oblìo?

La volta dell'Incoronata

C'era una volta il Largo delle Corregge. Era chiamata così, l'attuale via Medina, perché «vi si correvano lance e vi si facevano altri giochi a cavallo in occasione di feste regali» (Carlo Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli). Furono Carlo I e Carlo II d'Angiò a sistemare l'area, al tempo della dominazione angioina. Ma degli edifici che furono elevati attorno a Castel Nuovo non ne è rimasto nessuno. Scomparsi i pubblici uffici della Vicaria, dell'Ammiragliato e dell'Archivio, scomparsi anche i palazzi che lorsignori si facevano costruire nelle vicinanze della reggia. Ed è un peccato, perché per circa due secoli il Largo delle Corregge fu il centro della vita politica e mondana della capitale del Regno.

Un solo, superbo edificio, di età angioina, non è scomparso: la chiesa dell'Incoronata, che è la più antica fabbrica del Largo delle Corregge. Una chiesa più bassa di circa tre metri rispetto al livello stradale, inabissatasi, per così dire, in seguito alla costruzione dei fossati e della mura di cinta del Castel Nuovo. Il suo livello era quello dell'attuale Rua Catalana. Il terreno scavato per realizzare le fortificazioni del Castello fu utilizzato per elevare la strada, con il risultato che molti edifici restarono interrati, e tra questi la chiesa dell'Incoronata. Per accedere a questo gioiello del Medioevo bisogna scendere per tredici gradini. Proprio l'interramento della chiesa fu, probabilmente, all'origine di tutti i suoi guai: una sorta di peccato originale che la sfortunata e splendida Incoronata, con il suo degrado, continua ancora oggi a espiare.
Eppure, come ci spiega Antonio Pariante, presidente del Comitato Civico di Santa Maria di Portosalvo, «un apposito progetto doveva risolvere il problema del dislivello con un'adeguata rivisitazione degli spazi mediante un'ampia scalinata che doveva agevolarne gli accessi, migliorare i suoi prospetti visivi e la fruibilità dei suoi visitatori ma, come sempre accade, nulla viene mai realizzato e così la grande chiesa angioina continua a rimanere nell'incuria per la clamorosa negligenza degli enti preposti».

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Quanta Storia è passata di qui. La chiesa dell'Incoronata di via Medina è uno dei luoghi mistici dell'Ordine dei Templari. La leggenda vuole che fu costruita intorno a una reliquia: una Spina della Corona di Cristo proveniente dalla Saint-Chapelle di Parigi che la regina Giovanna I aveva ricevuto in dono dal re di Francia, al quale, a sua volta, era stata donata dall'ultimo imperatore d'Oriente. In realtà l'esposizione della Spina serviva alla furba Giovanna (nipote di Roberto d'Angiò e diventata una delle prime regine regnanti d'Europa, nel 1343) soprattutto per motivi politici: legittimare il suo regno dopo l'omicidio del primo marito (Andrea d'Ungheria) e attribuire un'aura di sacralità all'incoronazione del suo secondo marito (Luigi di Taranto) avvenuta il 21 maggio 1352 nella cappella del Palazzo del Vicario, dal cui nucleo successivamente sarebbe nata la chiesa dell'Incoronata.

Motivi religiosi e politici si fondono anche nella decisione del secondo marito di Giovanna, Luigi di Taranto, di costituire l'Ordine Cavalleresco dei Chevaliers de la Compagnie du Saint Esprit au droit désire, l'Ordine dello Spirito Santo o del Retto Desiderio, più conosciuto come Ordine del Nodo. Era chiamato così perché la divisa dei cavalieri era formata da un laccio di seta e d'oro, ornato di perle, che il sovrano annodava al braccio o al petto del guerriero di Dio dopo l'avvenuto giuramento di fedeltà. Sotto il nodo era ricamato il motto Se Dieu Plait, a Dio piacendo. I cavalieri di questa santa milizia, d'ispirazione templare, si riunivano ogni anno nel giorno di Pentecoste, mentre il venerdì di ogni settimana erano obbligati a indossare un cappuccio nero in memoria della passione di Gesù Cristo. Se il cavaliere fosse rimasto gravemente ferito in combattimento, se avesse ferito o ucciso un nemico, se - infine - avesse strappato in battaglia insegne o trofei al nemico, allora il nodo poteva essere sciolto. Una volta sciolto, il nodo poteva essere riannodato (con una nuova scritta, Il a pleut à Dieu, a Dio è piaciuto) soltanto se il cavaliere si fosse recato, come umile pellegrino, presso il Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Di fronte alla chiesa di via Medina sorgeva il teatro di San Bartolomeo, che dalla prima metà del Settecento fino si primi decenni del secolo successivo fu al centro dell'attività operistica napoletana. Quanti fantasmi di ieri si affacciano sulla città convulsa e sovraffollata di oggi. L'Incoronata è un pezzo della nostra storia: qualcuno la salvi, prima che l'immondizia la sommerga del tutto.
 

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