Dal carciofo ai papiri,
la memoria perduta
delle fontane tristi

Dal carciofo ai papiri, la memoria perduta delle fontane tristi
di Vittorio Del Tufo
Domenica 24 Novembre 2019, 14:19 - Ultimo agg. 25 Novembre, 08:06
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«O anime trafitte, o anime sconsolate, o voi che per l'amore portate nel cuore sette spade di dolore, non vi sorrida la speranza di guarirvi qui. Qui amano anche le pietre: gli uomini sani s'ammalano d'amore e gli infermi ne muoiono».
(Matilde Serao, Leggende napoletane).
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Diceva Matilde Serao che nelle fontane di Napoli ci sono le lacrime della città. La fontana di Monteoliveto «è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù»; quella dei Serpi rappresenta «le lagrime di Belloccia, una serva fedele innamorata del suo signore»; quella degli Specchi è fatta «delle lagrime di Corbussone, cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli»; quella del Leone simboleggia il pianto di un principe napoletano, «cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente»; e le gocce che sgorgano dalla fontana di via Medina non sono altro che le lagrime di Nettuno, «innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita».

C'è da piangere davvero - lacrime di sconforto, però - nel vedere in quali condizioni sono ridotte oggi le fontane della città. Quasi tutte fuori uso, boccheggianti, a secco, trasformate in maleodoranti discariche di rifiuti. Nell'indifferenza delle istituzioni che avrebbero il compito di tutelarle. Da anni senz'acqua per il mancato rinnovo della convenzione tra il Comune e l'azienda pubblica che dovrebbe abbeverarle, le fontane monumentali, che un tempo erano uno dei vanti di Napoli, sono quasi tutte in rovina. Nei giorni scorsi il Mattino ha raccontato lo scempio della fontana del Carciofo, in piazza Trieste e Trento. Da sei mesi quella fontana non zampilla più. La fontana del Carciofo, chiamata così per la forma della corolla, fu voluta negli anni 50 dal sindaco Achille Lauro: oggi è abbandonata al degrado. Le pompe che dovrebbero garantire i giochi d'acqua sono rotte da sei mesi e nessuno si preoccupa di ripararle.

Nei progetti preliminari del Comune, al centro della piazza doveva essere posta la fontana di Monteoliveto, proveniente dall'omonima piazza, ma nel 1955 il Consiglio Superiore delle Belle Arti bocciò l'ipotesi. La risposta di Lauro allora fu l'installazione di una fontana da egli stesso donata alla città, appunto la fontana del Carciofo, inaugurata la sera del 29 aprile 1956. Il sindaco affidò l'incarico di progettazione agli ingegneri Carlo Comite, Mario Massari e Fedele Federico. Il restauro della fontana del Carciofo, nel 2015, ha segnato il debutto del progetto Monumentando. Il recupero venne salutato con un'imponente cerimonia alla presenza del sindaco De Magistris e del cardinale Sepe; oggi il Carciofo è uno dei simboli di Napoli svilita.
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Le fontane sono da sempre parte integrante della storia della città. Entrarono a far parte del paesaggio urbano, e della vita del popolo, sin dal periodo greco. I resti di una fontana di epoca romana sono ancora visibili all'interno di Villa Pausylipon, l'antica e lussuosa dimora del cavaliere romano Publio Vedio Pollione, poi diventata, alla sua morte, residenza imperiale di Augusto e di tutti i suoi successori. Nel Medioevo le fontane associarono, agli aspetti legati all'approvvigionamento dagli acquedotti o dalle acque sorgive sparse in varie zone della città, funzioni di decoro e arredo urbano.

C'è stato un tempo in cui l'acqua di Napoli era famosa in tutto il mondo. Carlo V di Spagna ne ordinava l'approvvigionamento e il trasporto nel suo regno con un apposito collegamento navale. Nel 1885, al centro di piazza Plebiscito, venne installata una monumentale fontana disegnata da Federico Travaglini per inaugurare il nuovo acquedotto del Serino. La fontana del Serino venne però smontata nel 1933 probabilmente per evitare problemi di percorso al corteo delle nozze reali del principe Amedeo di Savoia e Anne Hélène Marie d'Orléans.
La fontana della Maruzza, citata dal Celano e dal Chiarini come una delle più antiche della città (1554), un tempo si riempiva di fiori per la festa del primo maggio; oggi, in rovina, non gode di miglior sorte della vicina Chiesa di Portosalvo e del suo obelisco sepolto dall'immondizia.

Fuori uso da anni anche la fontana della Spinacorona, o delle Zizze, addossata alla chiesa di Santa Caterina della Spina Corona in via Giuseppina Guacci Nobile. Un monumento ricco di simbologie esoteriche, la cui presenza è attestata per la prima volta in un documento del 1498 relativo alla distribuzione idrica in città: la Platea delle Acque. Quante memorie in quella fontana. La donna-uccello spegne il fuoco con l'acqua che le sgorga dai seni. Il suo aspetto, per nulla rassicurante, è quello di un mostrum, busto e testa di donna, zampe e ali di uccello. La primitiva Sirena, alata e senza la classica coda da pesce, è raffigurata come un'arpia ma ha il potere di mitigare gli ardori del vulcano. O forse dei napoletani. E infatti Dum Vesevi Syerena Incendia Mulcet (la sirena mitiga l'ardore del Vesuvio) è la scritta riportata in una targa di marmo, ormai perduta, che si trovava sul monumento. Dalle zizze della fontana non sgorga più acqua da tempo.

Sotto i balconi di Palazzo Reale c'è una discreta concentrazione di fontane artistiche abbandonate. Sono ben tre quelle situate all'interno dei giardini del Molosiglio, in via Acton: la fontana dei Papiri, la fontana dei Leoni e quella delle Conchiglie. La loro bellezza sbalordì finanche Hitler durante la visita napoletana del 1938; oggi portano i segni degli scempi vandalici subiti negli anni.
E veniamo alla meravigliosa fontana del Gigante, realizzata da Pietro Bernini e Michelangelo Naccherino nel 1622 e caratterizzata dalla presenza di due statue che rappresentano le divinità fluviali. «È veramente paradossale - denuncia il Comitato Civico di Santa Maria di Portosalvo, che si batte da anni per la salvaguardia del patrimonio monumentale della città - che la fontana del Gigante debba oggi risultare priva d'acqua e stia andando praticamente in frantumi nell'assordante silenzio delle amministrazioni preposte. Ed è paradossale che, un secolo dopo la prima denuncia di Benedetto Croce su Napoli Nobilissima, si debba parlare nuovamente della stessa fontana e dello stesso degrado».

Non sfugge al degrado la fontana di re Carlo II, più nota come fontana di Monteoliveto, che prende il nome dalla statua bronzea di Carlo II di Spagna posta sulla sommità. Nel 2013 venne sottoposta a restauro a causa di parziale crollo della struttura di sostegno dovuto all'incuria. Un restauro infinito per un'opera d'arte bersagliata dai vandali. Stesso destino - niente acqua, solo tanto degrado - per le fontane della Villa Comunale, ridotte a cespugli di rovi maleodoranti. «La totale assenza di manutenzione - denuncia Antonio Pariante, presidente del Comitato Portosalvo - condanna a morte le fontane della città, gran parte delle quali sono a secco da anni per il mancato rinnovo della convenzione tra il Comune e l'azienda pubblica che eroga l'acqua». Spente, distrutte, imbrattate e a secco: qualcuno salvi le fontane di Napoli, sopravvissute alle ingiurie del tempo, ma non alle offese degli uomini.
 
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