La spina e i Templari, passioni e congiure tre metri sotto terra

La spina e i Templari, passioni e congiure tre metri sotto terra
di Vittorio Del Tufo
Domenica 23 Giugno 2019, 18:00
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Sì, c'è una lussuria del dolore, come c'è una lussuria dell'adorazione e persino una lussuria dell'umiltà (Umberto Eco, Il nome della rosa).

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Datemi una corona (di spine) e dominerò il mondo. O forse sarebbe meglio dire: datemi una reliquia e calerò il mio pugno sul Regno di Napoli. Narra la leggenda che la chiesa dell'Incoronata di via Medina fu costruita proprio intorno a uno straordinario e mistico oggetto: una spina della corona di Cristo proveniente dalla chiesa di Sainte-Chapelle di Parigi, che la regina Giovanna I aveva ricevuto in dono dal re di Francia, al quale, a sua volta, era stata donata dall'ultimo imperatore d'Oriente. Era il 1352 quando Giovanna I d'Angiò, per celebrare (e legittimare) la sua incoronazione (e quella del suo secondo marito, Luigi di Taranto) ordinò che venisse edificata una chiesa nei pressi del Largo delle Corregge, zona in cui si svolgevano tornei e giostre di cavalieri, a poca distanza dal Castel Nuovo e dove sorgevano importanti edifici della vita pubblica come il Regio Archivio e la Corte dell'Ammiragliato, ma anche numerosi palazzi nobiliari. La chiesa venne intitolata a Santa Maria Spina Corona, nome poi cambiato prima in Santa Maria Coronata e poi in Santa Maria Incoronata, proprio perché al suo interno era custodita la reliquia di una spina attribuita alla corona di Gesù sulla croce.

Storia di passione e devozione cristiana? In parte. Perché quella che si consumò in quegli anni all'ombra dell'attuale via Medina fu soprattutto una storia di intrighi e di potere. L'esposizione della Sacra Spina, infatti, serviva alla furba Giovanna, nipote del compianto Roberto il Saggio, soprattutto per motivi politici: legittimare il suo regno dopo l'omicidio del primo marito Andrea d'Ungheria e attribuire un'aura di sacralità alla sua incoronazione, avvenuta il 21 maggio 1352 nella cappella del palazzo del Vicario, dal cui nucleo successivamente sarebbe nata la chiesa dell'Incoronata. Quella reliquia, dunque, doveva conferire lustro e potere alla sovrana angioina e a suo marito Luigi.

Avrebbe dovuto far risplendere di sovrannaturale il nuovo corso della monarchia angioina. Era tale l'importanza di quella spina che il 3 marzo 1370 papa Gregorio IX concesse l'indulgenza a tutti i pellegrini che nei giorni del venerdì santo e della Pentecoste si fossero recati in pellegrinaggio nella chiesa.

Storia di intrighi e brame di potere, genere Nome della Rosa, nella Napoli medievale. A tessere le trame più oscure per portare Luigi di Taranto sul trono di Napoli fu soprattutto la madre di quest'ultimo, la bella, ambiziosa e spavalda Caterina di Valois, nipote di Baldovino II e dunque imperatrice titolare di Costantinopoli. Caterina, dalla sua dimora in via Tribunali 339, poco distante dalla chiesa di San Lorenzo, cercò in tutti i modi di maritare suo figlio con la giovane Giovanna, la nipotina di Roberto prescelta da quest'ultimo a succedergli. Tanto brigò Caterina che alla fine riuscì nel suo scopo, ottenendo che nel 1352 suo figlio Luigi di Taranto diventasse il secondo marito di Giovanna I d'Angiò.

Il primo, Andrea d'Ungheria, era stato assassinato nel 1345, da alcuni nobili napoletani che volevano impedirne l'ascesa al trono. La notte del 18 settembre, dopo una battuta di caccia, il principe fu aggredito dai congiurati mentre si allontanava dalla propria stanza del castello di Aversa. I cospiratori riuscirono a strangolarlo con una corda e a scaraventare il suo corpo giù dalla finestra, mentre le sue urla disperate - si racconta - furono del tutto ignorate dalla regina Giovanna.

La sovrana, a quel punto, fu costretta ad urlare al mondo la sua innocenza: «Non sono stata io!». E a subire un infamante processo, che si svolse alla corte papale di Avignone, sulla quale l'influenza degli Angioini era enorme. La sentenza di assoluzione, si disse poi, fu barattata con la cessione da parte di Giovanna alla Chiesa del dominio della città francese. Così la regina e il suo secondo marito, Luigi di Taranto, poterono rientrare a Napoli, dove furono incoronati (questa volta entrambi) nella chiesa che sarebbe stata poi detta dell'Incoronata.

Una chiesa che ha la singolare caratteristica di apparire «interrata» rispetto al livello dell'attuale via Medina (l'ex largo delle Corregge). I lavori per i nuovi bastioni della reggia aragonese di Castel Nuovo, avviati all'inizio del XVI secolo, avevano prodotto infatti un innalzamento del piano stradale determinando un dislivello di circa tre metri tra la Chiesa e l'attuale Via Medina.

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La chiesa dell'Incoronata di via Medina fu anche uno dei luoghi mistici dell'ordine dei Templari nella Napoli del Medio Evo. Ancora una volta, furono motivi religiosi ma soprattutto politici a spingere il secondo marito di Giovanna, Luigi di Taranto, a costituire l'ordine cavalleresco dei Chevaliers de la Compagnie du Saint Esprit au Droit Désire, Compagnia dello Spirito Santo del Diritto Desiderio, più conosciuto come ordine del Nodo. Era chiamato così perché la divisa dei Cavalieri era formata da un laccio di seta e oro, ornato di perle, che il sovrano annodava al braccio o al petto del «guerriero di Dio» dopo l'avvenuto giuramento di fedeltà. Sotto il nodo era ricamato il motto Se Dieu plait («a Dio piacendo»). I cavalieri di questa santa milizia, d'ispirazione Templare, si riunivano ogni anno nel giorno di Pentecoste, mentre il venerdì di ogni settimana erano obbligati a indossare un cappuccio nero in memoria della passione di Gesù Cristo. Qualora il Cavaliere fosse rimasto gravemente ferito in combattimento, se avesse ferito o ucciso un nemico, se, infine, avesse strappato in battaglia insegne o trofei al nemico, allora il nodo poteva essere sciolto. Una volta sciolto, il nodo poteva essere riannodato (con una nuova scritta, Il a pleut à Dieu, «a Dio è piaciuto») soltanto se il Cavaliere si fosse recato, come umile pellegrino, presso il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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All'epoca di Roberto d'Angiò, dunque alcuni decenni prima delle vicende narrate in questo articolo, il complesso di via Medina era destinato a Tribunale Regio (1309-43). Del Tribunale sono sopravvissuti il portico esterno e la navata principale, mentre la navata minore è stata aggiunta in occasione della nascita del luogo di culto (1352). Spettacolari i cicli pittorici che decoravano la Chiesa, recuperati, purtroppo, solo in minima parte: dalle Storie Bibliche dipinte sulle pareti alla serie dei Sacramenti e al Trionfo della Chiesa con i ritratti di Roberto d'Angiò e di suo figlio Carlo di Calabria. Tra i grandi artisti impegnati nella realizzazione degli affreschi, spicca il nome di Roberto d'Oderisio, uno dei maggiori pittori giotteschi napoletani del Trecento. Ombre del passato, luoghi della memoria che oggi rischiano di marcire nell'incuria. L'ultimo restauro esterno della chiesa dell'Incoronata risale al 2014. La successiva riapertura aveva fatto ben sperare su un nuovo ciclo virtuoso ma dopo alcune sporadiche iniziative l'ingresso della chiesa risulta sbarrato.
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