Il tesoro dei negromanti e il terribile Lautrec affamatore di Napoli

Nel 1528 l'assedio del conte Odet de Foix

Il conte di Lautrec
Il conte di Lautrec
Domenica 16 Aprile 2023, 10:07
6 Minuti di Lettura

«Le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore» (Salvatore Quasimodo, Uomo del mio tempo)

* * *
La memoria è tenace, la città non dimentica.
Non dimentica quello che accadde nell'aprile del 1528, quando il terribile comandante francese Odet de Foix, più conosciuto come conte di Lautrec, strinse d'assedio Napoli, riducendola alla fame, alla sete e alla disperazione. La città non dimentica questo comandante dell'esercito francese che entrò nel Regno di Napoli per metterlo a fuoco.

Si era nel pieno delle "guerre italiane" tra Carlo V, re di Spagna e imperatore del Sacro Romano Impero, e il re di Francia Francesco I. Napoli era teatro di guerra e di morte, terreno di conquista.

Dai primi anni di quel tumultuoso secolo la città era sparita dal concerto delle potenze europee per diventare una provincia periferica, costretta a cercare spazio nell'immenso palcoscenico dell'impero spagnolo. Ma le casse del Regno erano vuote, la popolazione era inquieta e i baroni filofrancesi non aspettavano altro che il momento giusto per ribellarsi alla Spagna. Le pretese francesi sul Regno rendevano la situazione politica incandescente. È in questo contesto che Odet de Foix tentò l'impresa della vita, che sarebbe costata a Napoli lacrime e sangue.

L'assedio delle truppe francesi cominciò il 28 aprile del 1528, da quel Poggio Reale che era stato, il secolo precedente, uno dei "luoghi di delizia" del re aragonese Alfonso II e avrebbe successivamente dato il nome a un quartiere di Napoli. Il viceré spagnolo, quel fatidico anno, era Ugo de Moncada, che aveva sostituito da pochi mesi Carlo di Lannoy. Lautrec installò l'accampamento francese nella zona attualmente occupata dal Cimitero delle 366 Fosse: per questo motivo la collina di Poggioreale era un tempo chiamata monte di Leutrecco o, popolarmente, Lotrecco. Intanto, dal fronte mare, la flotta mercenaria di Filippino Doria, nipote del grande ammiraglio Andrea Doria, chiudeva ogni via ai rifornimenti via mare con otto galere. Quando Ugo di Moncada, il viceré spagnolo, provò a spezzare il blocco per consentire alle navi di rifornire di viveri la città, venne ucciso a colpi di archibugio, il suo cadavere gettato a mare. Fu il momento più duro per gli spagnoli. E la storia di Napoli si trovò a un bivio.


Ma chi era Odet de Foix? Soldato valoroso e brutale, condottiero senza scrupoli, orgoglioso, cinico, testardo e mefistofelico, sfigurato da una cicatrice al volto che copriva sotto una folta barba. Odet de Foix, l'Affamatore di Napoli. Di lui si diceva che era tanto abile nei campi di battaglia quanto incapace di governare un territorio, dopo averlo conquistato. Sua sorella, Francesca de Foix, contessa di Châteaubriant, era l'amante ufficiale di Francesco I, che fu Re di Francia dal 1515 fino alla sua morte.

Arriviamo così alla terribile estate del 1528. Sapendo che difficilmente sarebbe riuscito a conquistare Napoli a colpi di artiglieria, Lautrec decise di prenderla per fame e per sete. Per vincere le resistenze degli assediati, il comandante francese distrusse le condutture dell'Acquedotto della Bolla, le cui acque si sparsero nei terreni vicini (la zona delle paludi, corrispondente all'attuale Centro Direzionale e al Rione Luzzatti). Ma Odet fece male i suoi conti: il nuovo viceré, principe d'Orange, mutò la situazione a suo vantaggio, inviando un famoso bandito, Verticillo, a infettare le acque con la canapa, con l'obiettivo di decimare gli uomini di Lautrec acquartierati a Poggioreale. La canapa, macerando, appestò l'intera area scatenando una terribile epidemia di colera, che grazie al caldo si diffuse provocando la morte di centinaia di persone e uccidendo, il 18 agosto 1528, lo stesso comandante francese.


«Dal 15 luglio al 5 agosto dilatò tanto la peste e cominciò con tanta mortalità nel campo che si vedevano gittate giù l'armi, giacer distesi nei padiglioni i soldati e nelle erbe senza colore. Tra gemiti miserabili, un orrore funebre per tutto, e l'aspetto del luogo infelice e spaventevole e tra la strage accomulata dei morti con odor puzzolente e acutissimo molti tra il bere e il mangiare venivano meno e con un torcersi di corpo mandavano lo spirito fuori restando insepolti (Leonardo Santoro da Caserta, Dei successi del sacco di Roma e guerra del Regno di Napoli sotto Lautrec, Napoli, 1858)


I resti di Lautrec, e dei suoi uomini, furono portati nella Grotta degli Sportiglioni, conosciuta anche come Grotta dei Pipistrelli, e il nome "collina di Lautrec", o di Lotrecco, indica ancora oggi la zona che sarebbe poi diventata la collina cimiteriale della città. Vent'anni dopo la morte, i resti di Odet de Foix vennero tumulati nella chiesa di Santa Maria la Nova, nella cappella di San Giacomo della Marca.

Narra la leggenda che nella Grotta degli Sportiglioni, a Poggioreale, i francesi portarono anche tutto ciò che avevano razziato alla popolazione sotto assedio: ori, gemme e preziosi di ogni tipo. Così quando, un secolo dopo, quella stessa grotta venne utilizzata per accalcarvi i cadaveri delle persone morte durante la grande peste del 1656, il tesoro rimase letteralmente sepolto assieme agli appestati. «A causa dei morti seppelliti nelle sue gole, le cavità divennero luogo prediletto di pratiche negromantiche» (vedi Misteri, segreti e storie insolite di Napoli, di Agnese Palumbo e Maurizio Ponticello). Per questo motivo ancora oggi, nella collina di Poggioreale, sarebbe custodito il segreto del Tesoro dei Negromanti: tesoro che nessuno, finora, è però riuscito a riportare alla luce.

Uscito di scena Lautrec, l'armata francese si arrese l'8 settembre 1528, giorno della Natività di Maria. Il popolo si era liberato dei francesi, ma doveva continuare a combattere contro un nemico molto più subdolo e pericoloso. La peste, infatti, non cessava di seminare morte e lutti. Libera nos a morbo, pregavano i vecchi. Libera nos a morbo, pregavano i giovani. In molte chiese le campane non suonavano più, la gente si riuniva in preghiera, chi poteva permetterselo fuggiva in campagna. Nelle stanze di molte case ardeva un fuoco perenne, per purificare l'aria infetta, così da resistere alle esalazioni.
Quattro anni più tardi Carlo V, sovrano di un «impero sul quale non tramontava mai il sole», decise di inviare a Napoli un viceré dal pugno di ferro, il mitico don Pedro de Toledo, vecchia conoscenza dell'Uovo di Virgilio e artefice della trasformazione urbanistica della capitale del Regno.

Di quell'assedio sanguinoso e del ricordo del terribile Odet oggi è rimasto un segno nella toponomastica: Cupa Lautrec, a Poggioreale, erroneamente indicata come Cupa Leutreh, a ridosso del cimitero di Santa Maria del Pianto. Da qui Lautrec, a capo del suo esercito di ventimila uomini, pianificò la sua strategia per conquistare la città, riducendola alla fame. Un altro luogo ricorda il sacrificio dei napoletani nella terribile estate del 1528: l'attuale Ponte della Maddalena, sorto sulle rovine dell'antico ponte gravemente danneggiato in seguito all'assedio dei francesi. Ridotto più volte a un cumulo di detriti e più volte ricostruito, fu definito, macabramente, il Ponte degli Impiccati. All'inizio del ponte, dalla parte dei Granili, v'era infatti un mastodontico monumento in piperno: attraverso una porticina si accedeva a un rialzo dove c'erano delle forche, dalle quali pendevano per giorni i cadaveri dei condannati.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA