La notte del Chiavicone e i Poveri Vergognosi: il segreto di via Toledo

Via Toledo
Via Toledo
Domenica 12 Febbraio 2023, 11:25 - Ultimo agg. 11:31
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A morte o ssaje ched''e?... è una livella.
Nu rre, nu maggistrato, nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto, a vita e pure o nomme:
tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?


La notte del 14 agosto 1656 un terribile temporale si abbatté su Napoli.
Erano i mesi della peste, dei cadaveri che giacevano nelle strade, abbandonati accanto ai portoni. Erano i mesi delle fosse comuni: l'antico Campo del Moricino (l'attuale piazza Mercato), la Cupa Lautrec, le vecchie cave di tufo delle Fontanelle, la grotta degli Sportiglioni. E la famosa (e ancora misteriosa) «piscina degli Incurabili», che rimase attiva fino a quando non venne costruito nel 700, su progetto di Ferdinando Fuga, il Cimitero delle 366 Fosse.

La notte del 14 agosto 1656 il nubifragio, violentissimo, che si abbatté su Napoli, pur salutato come una benedizione (i cittadini speravano che avrebbe spazzato via gli umori pestinenziali, purificando l'atmosfera) fece letteralmente esplodere la grande fogna di via Toledo, che era diventata a sua volta una fossa comune.

La fogna, ostruita dai corpi degli appestati, straripò trasformandosi in un torrente di cadaveri: l'acqua distrusse la mutazione dell'alveo e si riversò sotto le fondamenta dei palazzi di via Toledo, provocando il crollo di decine e decine di edifici.

La grande fogna di via Toledo, che da Montesanto incanalava verso il mare le acque reflue provenienti dai vari colli della città, si chiamava Chiavicone e il grande Carlo Celano lo descrisse così: «È da sapersi che sotto di questa strada vi è un condotto, o chiavicone, così ampio e largo che adagiatamente camminar vi potrebbe una carrozza per grande che fosse (...). In questo chiavicone entrano quasi tutte le acque piovane, che scendono per diversi cammini dal monte di San Martino». (Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli).

Via Toledo, dunque, copriva il percorso del Chiavicone, trasformato in un collettore fognario. Anticamente questo era il letto del leggendario fiume Sebeto. Per diversi giorni, quando il Chiavicone straripò, le carrozze erano costrette a calpestare i brandelli di carne umana.

«Al tempo della già detta peste, quegli infami e scellerati becchini, avanzi o per dir meglio rifiuti della peste, promettendo di portare a seppellire i cadaveri in qualche luogo sacro, li buttavano dentro di questa chiavica; ed anche dai Napoletani vi fu buttata molta roba, come matarazzi ed altra suppellettile sospetta di contagio, con isperanza che il primo torrente d'acqua piovana, che noi chiamiamo lava, l'avesse dovuta portare a mare» (Carlo Celano, Notizie del bello...).



Tra gli edifici che crollarono nella fatidica «notte del Chiavicone» v'era quello che ospitava il Monte dei Poveri Vergognosi, in via Toledo 343, nei pressi dell'attuale piazza Salvo d'Acquisto (piazza Carità). Il palazzo era detto dei Poveri Vergognosi perché ospitava i nobili decaduti che si vergognavano di chiedere l'elemosina. Insomma poveri con il blasone, i quali in virtù della nobiltà perduta ritenevano di aver diritto a un trattamento preferenziale rispetto ai veri indigenti, poveri cristi senza arte né parte. Nel giardino antistante il palazzo, i proprietari avevano fatto erigere una chiesetta dedicata alla Vergine Maria, affidando i lavori dall'architetto Bartolomeo Picchiatti. Erano convinti, i Poveri Vergognosi, che la benevolenza della Madonna avrebbe risparmiato loro il disonore di mettersi a mendicare. Ma più che sulla benevolenza della Vergine Maria, i promotori del Monte confidavano in quella della Compagnia del Gesù, e d'intesa con i Gesuiti istituirono un Seminario dei Nobili con l'obiettivo di soccorrere altri nobili caduti in rovina, e troppo orgogliosi per chiedere un tozzo di pane lungo la strada di Toledo. Strada il cui toponimo ci riporta a un passato leggendario: agli anni in cui Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, il mitico vicerè don Pedro de Toledo, calò il pugno di ferro su Napoli, governando per ventuno anni (dal 1532 al 1553) e trasformando la città in una delle roccaforti più impenetrabili dell'impero spagnolo. Quella che molti napoletani - orrore - si ostinano a chiamare via Roma, porta il nome di don Pedro, o meglio quello della sua città di origine: Toledo.

Il Monte dei Poveri Vergognosi, con il passare del tempo, si trasformò in un vero e proprio istituto finanziario di natura assistenziale.
La rovina, spesso, arrivava all'improvviso, a causa dei forti indebitamenti contratti dagli stessi nobili per mantenere il loro tenore di vita. Proprio allo scopo di preservare i casati dall'estinzione era nato, nel 600, il Monte dei Poveri Vergognosi, con l'appoggio della potente Compagnia del Gesù. Un istituto analogo era stato creato a Firenze a metà 400, per iniziativa del frate domenicano Sant'Antonino Pierozzi, arcivescovo di Firenze.

Scene di lotta di classe in via Toledo. Mentre i nobili decaduti, abituati al lusso e alle comodità, godevano dell'appoggio dei Gesuiti, i disperati veri, quelli non vergognosi, dovevano arrangiarsi con le elemosine e le mense dei conventi. Fino a quando, la notte del 14 agosto 1656, non ci pensò la natura ad appiattire, come una livella, ogni differenza sociale tra gli indigenti veri e quelli con la puzza sotto il naso.

La rivoluzione francese fece il resto. Nel 1808, per ordine di re Murat, il Monte seguì la sorte di tante istituzioni ecclesiastiche e venne soppresso. Dopo il decennio francese il palazzo venne acquistato dalla famiglia Buono, che nel 1826 ne affidò il restauro all'architetto Gaetano Genovese, architetto direttore della Real Casa a Napoli durante quasi tutto il regno di Ferdinando II di Borbone. Il destino avrebbe riservato al vecchio palazzo dei nobili vergognosi altre vicissitudini: durante i moti del 1848 l'edificio fu assalito e il locale che ospitava un Caffé fu distrutto e bruciato. Per i napoletani era «il Caffé sotto a Buono», storico luogo di ritrovo di rivoluzionari di ogni risma. A confermare l'atmosfera "incendiaria" del luogo è Francesco Mastriani ne I misteri di Napoli: «Una bottega da caffè era sotto il Palazzo Buono a Toledo. Quella bottega fu nel 1848 il ritrovo di tutte le teste più "riscaldate" delle province napoletane. Nel 1836, in questa bottega si davano appuntamento la maggior parte dei giovani provinciali, che erano allora a studiare in Napoli».

Nel 1921 la proprietà passò alla Società Magazzini Milanesi, la futura Rinascente. Oggi i locali sono occupati dalla multinazionale svedese dell'abbigliamento H&M. A Napoli anche una strada è dedicata ai Poveri Vergognosi: congiunge via Speranzella con via Toledo e lambisce il palazzo dove i nobili spiantati potevano ricevere l'assistenza senza essere costretti a mendicare.

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