La casa degli scienziati e la storia dell'uomo che sussurrava al mare

Ecco perché Napoli fu la prima città al mondo a dotarsi di una Stazione zoologica marina

La casa degli scienziati e la storia dell'uomo che sussurrava al mare
di Vittorio Del Tufo
Domenica 5 Febbraio 2023, 10:00
7 Minuti di Lettura

«L'utopia è là, all'orizzonte.
Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.
Faccio dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi.
Per quanto cammini, mai la raggiungerò.
A cosa serve l'utopia?
Serve a questo: a camminare».

(Eduardo Galeano)

* * *

Si deve a uno studioso prussiano innamorato dei fiori di glicine, del nostro mare e delle teorie di Darwin, se Napoli può fregiarsi di un primato legato alla scienza: è stata la prima città al mondo a dotarsi di una Stazione zoologica marina. Stazione intesa realmente come luogo di transito, di passaggio: uno spazio dove ricercatori e studiosi provenienti da ogni angolo del pianeta, nella Napoli di fine 800, potessero fermarsi, incontrarsi, scambiarsi esperienze, collezionare materiali e condurre esperimenti, prima di spostarsi verso la successiva stazione.

Un grande albergo degli scienziati: doveva essere questo, nelle intenzioni del suo fondatore (e primo direttore), Felix Anton Dohrn, la Stazione Zoologica di Napoli. Nel 1870, ad appena trent'anni, l'inquieto e talentuoso studioso prussiano, dopo aver girovagato per mezza Europa, comprese, prima di tutti, quanto importante sarebbe stato per i ricercatori arrivare in una località e trovarvi un laboratorio pronto per l'uso. Per realizzare il suo sogno scelse Napoli, che grazie alla sua proiezione internazionale, e alla ricchezza del suo Golfo, era la candidata ideale a ospitare un istituto di ricerca in grado di attirare scienziati e visitatori provenienti da ogni parte del mondo.

Nasceva così, nel marzo 1872 (data di fondazione), questa eccellenza napoletana affacciata sul mare ed immersa nel verde dell'allora Parco Reale. A quei tempi Napoli era una città di 500mila abitanti ed era una delle città europee più grandi e attrattive, con 30mila turisti ogni anno. A Dohrn l'idea venne dopo aver visitato l'acquario di Berlino, che era stato appena aperto. Mettendo insieme immaginazione, forza di volontà, abilità diplomatica ed una buona dose di fortuna, grazie al sostegno amichevole di scienziati, artisti e musicisti, lo zoologo tedesco superò dubbi, ignoranza ed incomprensioni (soprattutto da parte del Comune) e riuscì a persuadere le autorità a concedergli, a titolo gratuito, un pezzo di terreno sulla riva del mare.

Felix Anton Dohrn era nato a Stettino, in Pomerania, in una famiglia appartenente alla borghesia benestante.

Suo nonno, Heinrich Dohrn, era stato un mercante di vino e di spezie, e aveva creato il patrimonio della famiglia fondando una raffineria di zucchero. Questo benessere consentì al padre di Anton, Carl August, di dedicarsi ai suoi innumerevoli hobby: i viaggi, la musica, il folklore, gli insetti. Anton, il più giovane fra i suoi quattro figli, studiò zoologia e medicina in diverse università tedesche (Königsberg, Bonn, Jena e Berlino), inizialmente con scarsa applicazione ed entusiasmo. Fino all'incontro che avrebbe segnato la sua vita: quello con le opere e le teorie di Charles Darwin.

Fu a Jena, celebre per la sua università, che Dohrn divenne un fervente sostenitore della teoria di Darwin della «discendenza con modificazione», la teoria dell'evoluzione per selezione naturale. A introdurlo alle teorie di Darwin fu il grande zoologo tedesco Ernst Haeckel. Cominciò così una una straordinaria avventura che sarebbe durata tutta la vita. E che portò Dohrn a scegliere, come teatro delle proprie ricerche, sempre città affacciate sul mare: Helgoland, Amburgo, Millport in Scozia e Messina. A Messina prese corpo il progetto di coprire il globo con una rete di stazioni di ricerca biologica, analoghe alle stazioni ferroviarie. Fino alla folgorazione che avrebbe cambiato il corso della sua vita ma anche la fisionomia della nostra Villa Comunale: la Stazione Zoologica di Napoli, aperta agli scienziati nel settembre del 1873.

Alcuni mesi dopo, il 26 gennaio 1874, fu inaugurato l'Acquario pubblico, il più antico tra quelli del XIX secolo ancora in attività ed il solo esclusivamente dedicato alla fauna e flora del Mediterraneo: fu costruito sotto la supervisione di William Alford Lloyd, un ingegnere inglese che aveva contribuito al progetto degli acquari pubblici di Amburgo, Londra e Parigi.

Ma quella di Felix Anton Dohrn a Napoli non fu una passeggiata sugli allori. Le istituzioni cittadine, prima di concedere il via libera ai lavori, ce la misero tutta per rendergli la vita impossibile. La realizzazione del progetto di Dohrn non fu né breve né facile anche a causa della burocrazia e delle incomprensioni del Comune, sempre diviso tra sindaci dimissionari e commissari. Le vicissitudini che dovette affrontare lo scienziato sono raccontate in un bel libro di Piero Antonio Toma, Il grande albergo degli scienziati, con la prefazione del sociologo Domenico De Masi (edizioni arte'm).

Illuminante il siparietto svoltosi nei primi mesi del 1870 davanti al sindaco di allora, il conte Guglielmo Capitelli. Un incontro tragicomico al quale prese parte anche il segretario comunale Carlo Cammarota, che provò in tutti i modi a ostacolare Dohrn mettendogli i bastoni tra le ruote e imponendogli ogni genere di clausola in cambio della concessione del terreno sull'arenile del Parco Reale. Ecco un breve estratto del colloquio.

Cammarota: «Ho il dovere come rappresentante dell'amministrazione e con l'autorità conferitami testé dal signor sindaco, di prevenire eventuali degenerazioni e speculazioni...»
Dohrn: «Speculazioni, degenerazioni, mi par di vivere un incubo! Io sto proponendo a Napoli una cittadella della scienza, un'agorà di intelletti internazionali, la prima da progettare e costruire al mondo, e voi supponete che io voglia farne chissà che cosa...».
Cammarota: «Ma non è finita: c'è un'ultima condizione, obbligatoria come le altre: alle donne sarà espressamente vietato di dimorarvi!».
Dohrn: «Anche questa del veto alle donne, adesso! E per quale altro occulto e recondito sospetto mi si imporrebbe quest'ultima, stupidissima clausola?».
Cammarota: «È semplice. Se il Comune non sta con gli occhi bene aperti, potrebbe anche succedere che ogni nuovo edificio sul lungomare si appresti a casa di tolleranza. È nostro dovere prevenire ogni evenienza del genere».

Si può immaginare la reazione del grande scienziato di fronte a questa insinuazione. Arraffò dallo scrittoio del sindaco il cappello e si catapultò verso la porta rimestando suoni gutturali e incomprensibili. «Sembrava - si narra nel libro - un orso cui il furore represso conferiva un empito possente. Arrivato trafelato all'uscio, lo spalancò. Poi tornò sui suoi passi». Ed esclamò:

«Nessuno, dico nessuno che abbia il benché minimo rispetto di sé stesso potrebbe mai subire l'onta di quelle clausole ignobili. Men che mai uno scienziato. Evidentemente mi avete preso per uno la cui pasta e risma voi rappresentanti di questa città siete adusi a frequentare. Un altro che potrebbe anche firmare i vostri oltraggiosi lacciuoli. Io no, mai!».

Per fortuna di Dohrn, della città e di tutti noi, alla fine si trovò un accordo, con qualche laccuiolo in meno rispetto a quelli che lo zelante segretario del sindaco avrebbe voluto imporre, e la Stazione del Parco Reale potè spiccare il volo. Nasceva così quella che ancora oggi può essere considerata un'eccellenza napoletana nel mondo.

L'uomo che sussurrava al mare abitava in via Crispi: nella sua abitazione erano spesso ospiti scienziati, artisti, intellettuali ed appassionati di musica. Coltivava una magnifica pianta di glicine e spesso, quando fioriva, invitava amici e colleghi ai «tè del glicine». A Ischia, nel 1906, il grande naturalista si fece costruire una villa all'ingresso del porto. Alla morte di Anton, la direzione della Stazione passò al figlio Reinhard, che proseguì la sua opera di divulgazione culturale, con una parentesi durante la I Guerra Mondiale, quando i beni della famiglia (in quanto di origine tedesca) vennero confiscati e nazionalizzati. Negli anni 20 Reinhard, che fu amico di Benedetto Croce, riuscì a riottenere il possesso della casa di via Crispi e a farsi nominare direttore a vita della casa degli scienziati davanti al Golfo più bello del mondo. 

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