Il pozzo dei congiurati:
storia di un golpe
nel cuore di Forcella

Il pozzo dei congiurati: storia di un golpe nel cuore di Forcella
di Vittorio Del Tufo
Domenica 10 Maggio 2020, 20:00
5 Minuti di Lettura
«La luce guardò in basso
e vide il buio
Là voglio andare
disse la luce»

(L. Housman)
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Le pietre di Forcella conservano la memoria di un luogo leggendario: la sede della più antica confraternita napoletana. Occorre un notevole sforzo di fantasia per immaginare che nel cuore del centro antico - a pochi passi dalla chiesa di Sant'Agostino alla Zecca, tra i palazzi ingabbiati dai tubi innocenti dell'eterno terremoto del 1980 - un gruppo di nobili decise che il re di Napoli, Ferrante I d'Aragona, dovesse cedere lo scettro. E si radunò in un giardino per organizzare il golpe che avrebbe dovuto farlo sparire dalla faccia della terra.
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La Compagnia della Disciplina della Santa Croce venne fondata a Napoli verso la fine del tredicesimo secolo con i buoni auspici di Papa Nicolò III, al secolo Giovanni Gaetano Orsini, ricordato anche da Dante nell'Inferno. L'antica congrega napoletana si riuniva all'interno del monastero di Sant'Agostino, ma nel 1300, iniziati i lavori della nuova chiesa di Sant'Agostino, i confratelli - il fior fiore della nobiltà cittadina - acquistarono dai padri il loro sacello, risalente alle monache basiliane, e ne fecero la loro cappella. Nacque così quella che ancora oggi è conosciuta come Chiesa della Compagnia della Disciplina della Santa Croce, nel cuore di Forcella, chiusa al pubblico da quarant'anni. Di cosa si occupava la confraternita? Accanto alla diffusione del culto della Croce erano numerose le opere di carità: le stesse che qualche secolo più tardi il genio di Caravaggio avrebbe raffigurato e consegnato all'eternità con il suo capolavoro, le Sette opere di misericordia (presso il Pio Monte della Misericordia). Tra le più importanti l'assistenza ai carcerati, la sepoltura di quelli che morivano in prigione o sul patibolo, gli aiuti ai pellegrini ma anche ai bambini abbandonati di tutta la città, non solo a quelli di Forcella.

Nobili, togati, guerrieri, artisti, letterati e almeno tre pontefici fecero parte della congrega: Clemente XIV, Pio IX e Leone XIII. Tra i nomi più noti Jacopo Sannazaro, il poeta dell'Arcadia, che visse a cavallo del Cinquecento e aderì all'Accademia Pontaniana, raccolta attorno all'umanista Giovanni Pontano, con lo pseudonimo di Actius Syncerus. L'iscrizione alla confraternita, che fu retta a lungo dai nobili del seggio di Portanova (oggi è guidata dal docente di storia dell'architettura Fabio Mangone), era considerata particolarmente vantaggiosa soprattutto per il prestigio sociale che da essa derivava. Fino al 1779, quando dai nuovi statuti venne esplicitamente richiesta la nobiltà del padre e dell'avo, la possibilità di iscrizione non era ristretta al solo ceto nobiliare.
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Nello storico giardino della Compagnia, un tempo decorato con grottoni d'agrumi e pergola, con fontane e viali ammattonati, nel 1485 i nobili si riunirono per cospirare contro re Ferrante I d'Aragona. Una pagina di storia - la celebre Congiura dei Baroni - il cui epilogo è ambientato nei lugubri sotterranei di Castel Nuovo, ma il cui antefatto si svolse nella rarefatta e mistica atmosfera del giardino di Forcella, che da quel momento passò alla storia come il Giardino dei Congiurati.

Storia terribile di tradimenti e inganni, vendette e torture. Il Trono di Spade della Napoli aragonese. Al tentativo di golpe del 1485 presero parte - con la complicità di Antonello Petrucci, segretario particolare del re - i maggiori esponenti delle grandi famiglie feudali di tradizione filoangioina: Antonello Sanseverino principe di Salerno (il vero ispiratore), il conte di Sarno Francesco Coppola, il Gran Camerlengo e principe di Bisignano Girolamo Sanseverino, il principe di Altamura Pirro del Balzo, il duca di Melfi Giovanni Caracciolo e altri ancora.

Quando la congiura fu scoperta, la vendetta del re fu terribile. Approfittando del matrimonio di una nipote, egli riunì i Baroni il 13 agosto 1486 nella sala grande di Castel Nuovo splendidamente addobbata. E qui - nella stanza dove si svolgevano fino a qualche anno fa le riunioni del Consiglio Comunale - scattò la trappola del sovrano: i congiurati, convinti di essere stati convocati per siglare la pace, furono colti di sorpresa e arrestati. Petrucci fu portato nel forno del castello, il conte di Sarno nella Fossa del Miglio, il Policastro nel forno della torre di San Vincenzo, gli altri Baroni subito rinchiusi nelle segrete di Castel Nuovo. Il processo si tenne il 3 novembre nella Camera delle Riggiole, presieduto da una corte costituita dal reggente della Vicaria, quattro dottori e quattro nobili. Il conte di Sarno, Petrucci e i suoi figli furono condannati a morte: i congiurati, che si erano riuniti nel giardino segreto di Forcella, finirono alla forca in piazza Mercato e nella cittadella davanti a Castel Nuovo. Alla prigione dei congiurati, ancora oggi, si accede attraversando un angusto passaggio, delimitato a destra da una scala a chiocciola in tufo, che conduce alla sovrastante Cappella Palatina. Ed ecco, per gli amanti del brivido, i quattro cassoni, senza alcuna iscrizione, contenenti le spoglie mortali dei nobili che parteciparono alla congiura. Dalla descrizione fatta da De La Ville Sur-Yllon nel 1893 risulta che i cadaveri erano vestiti secondo la moda del Quattrocento e che uno di questi, probabilmente un prelato, era stato soffocato.

Molti dei congiurati erano iscritti alla Compagnia e quest'ultima, dopo la congiura, fu interdetta per ben sessant'anni. Il piano per defenestrare il sovrano aragonese, come risulta dagli atti del processo, fu messo a punto proprio durante le riunioni della Confraternita, e il giardino della chiesa venne scelto perché, tra tanti luoghi, era quello che avrebbe destato minori sospetti. Le adunanze, e le attività assistenziali, ripresero solo alla metà del 500, mentre in città sorgevano altre congreghe di nobili, dalle arciconfraternite di Santa Maria della Misericordia e di Nostra Signora dei Sette Dolori ai Bianchi della Giustiza, che avevano come mission l'assistenza degli incurabili, ma soprattutto il supporto psicologico (e finanziario) ai condannati a morte e ai loro familiari (vedi Uovo di Virgilio del 23/07/2017).
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C'è stato un tempo in cui gli interni della Chiesa della Disciplina erano decorati da sfarzosi dipinti, molti dei quali, dopo un'ondata di furti avvenuti nei primi anni 70, sono oggi esposti altrove, tra musei e sedi istituzionali. La macchina d'altare fu realizzata da Lorenzo Vaccaro; al centro era collocato un rarissimo retablo quattrocentesco, raffigurante La Deposizione di Cristo (attualmente in fase di restauro nel Museo Nazionale di San Martino). Tra i pezzi da novanta del complesso vi è lo stupendo pavimento maiolicato della prima metà del XVIII secolo, vero e proprio capolavoro dell'arte della riggiola napoletana, mentre nell'antico giardino, dove un tempo si trovavano affreschi di storie della vita di Gesù, oggi sono state recuperate solo due scene raffiguranti Cristo e la samaritana e la Fuga in Egitto.

Ma sono le memorie del passato a rendere questo luogo magico, ancora oggi. Uno scrigno da recuperare e da restituire alla città, e in particolare ai bambini di Forcella che potrebbero utilizzare il Giardino dei Congiurati per attività ludiche. Tra le proposte avanzate, di recente, quella di utilizzare il complesso come sede di una Piccola Orchestra di Forcella che potrebbe utilizzare gli spazi del giardino, dell'oratorio e della chiesa (il cui portone è sbarrato dal terremoto del 1980) sia per le prove che per gli spettacoli, quando finirà questa maledetta emergenza. Una splendida idea: sarebbe un peccato mortale lasciarla cadere. 
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