«Improvvisamente mi assalì un desiderio irresistibile di guardare in basso. Non potevo, non volevo più fissare la parete soltanto, finché con un senso di emozione assurda, indefinibile, in parte fatta di orrore, in parte di sollievo affondai lo sguardo nell'abisso»
(Edgar Allan Poe, Storia di Gordon Pym)
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La città dei morti, nascosta dai detriti e dal fango accumulati nei secoli, è ancora sotto i nostri piedi. È una necropoli immensa, una vecchia e misteriosa cava adattata a cisterna e utilizzata come fossa comune, nella zona di Caponapoli, fino a quando non venne costruito il Cimitero delle 366 Fosse, chiamato così perché formato da altrettante cavità, ognuna per ogni giorno dell'anno (compresi gli anni bisestili). È un luogo macabro e a suo modo leggendario, soprattutto per gli speleologi che da anni battono il sottosuolo palmo a palmo per individuarlo: è la piscina degli Incurabili.
Dalle leggendarie esplorazioni di Guglielmo Melisurgo, ingegnere comunale e Indiana Jones ante litteram, ai percorsi riscoperti dai «cacciatori di caverne», cronaca e mito continuano a incrociarsi tra gli immensi alveari di tufo dell'altra Napoli. Nella città capovolta tutto si confonde: mito, storia, archeologia, speleologia, riti pagani, culti misterici, cunicoli segreti, storie maledette. Tutto nel grande vuoto che si estende a diverse profondità sotto le strade e i vicoli di Napoli. Risolvere una volta e per sempre il mistero, individuare l'esatta ubicazione della piscina degli Incurabili è l'ultima missione dello straordinario gruppo di speleologi napoletani guidato da Clemente Esposito, ingegnere chimico, presidente del Centro Speleologico Meridionale. Il vero erede di Melisurgo, che nel 1884 si addentrò nelle viscere della città ricavandone un diario accuratissimo e sconvolgente, e spianando la strada ai moderni ricercatori.
«L'ospedale degli Incurabili precipitava i suoi morti in una buca della la piscina, situata al centro del suo cortile e che comunicava con antiche cave», scriveva nel 1892 il giornalista francese Eugène Marcellin Pellet. La piscina degli Incurabili è oggi ai vertici dell'elenco delle grandi cavità napoletane misteriosamente smarrite, assieme alla Grotta degli Sportiglioni, tra Poggioreale e Capodichino, e ad altri ambienti sotterranei un tempo comunicanti tra loro sotto la collina di Caponapoli, nel cuore della città. Finora nessuna traccia: il ventre degli Incurabili continua a custodirne il segreto. E i cacciatori delle caverne perdute continuano a calarsi nei pozzi per restituirle alla nostra storia, alla nostra memoria.
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Nel Seicento, il secolo della grande peste, Napoli è una delle città più popolose d'Europa, seconda per densità solo a Parigi. Alcuni decenni prima, nel 1522, sorse sulla sommità di Caponapoli - un luogo speciale dove si intrecciano mito e leggenda, storia e archeologia, alchimia e scienza medica - il complesso sanitario degli Incurabili, uno dei più antichi luoghi di cura della città. L'ospedale nacque grazie all'ostinazione di una nobildonna catalana, Maria Requenses, che aveva preso i voti dopo essere rimasta vedova del funzionario di Ferdinando II d'Aragona Giovanni Lonc (cognome poi italianizzato in Longo). Agli Incurabili furono gettate le fondamenta della scuola medica napoletana: un orgoglio della città. Ma il sottosuolo degli Incurabili è anche il teatro di uno dei più grandi misteri napoletani. Gli indigenti che non potevano permettersi né un funerale né una sepoltura, gli ammalati che non sopravvivevano alle cure, venivano gettati in una fossa situata in una grande cisterna tufacea scavata nelle viscere della collina di Caponapoli.
Stessa sorte sarebbe toccata alle vittime della terribile epidemia di peste che flagellò la città nel 1656. Così la cavità fu riempita fino all'orlo, in barba alle più elementari norme igieniche e con grave danno ambientale per l'intera collina, che pure un tempo era famosa per la sua salubrità. Così, nel 1762, Ferdinando IV di Borbone commissionò al grande architetto Ferdinando Fuga l'incarico di costruire il cimitero delle 366 Fosse, che anticipò di ben 42 anni l'editto napoleonico di Saint-Cloud, datato 1804, con il quale fu stabilito che le sepolture venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali, per evitare che gli uomini, discriminati in vita, lo fossero anche da morti.
Fatto sta che da allora la piscina degli Incurabili fu abbandonata. E nonostante le numerose esplorazioni, nessuno è stato finora in grado di individuarla. Anche perché, come sottolinea Antonio Emanuele Piedimonte in un documentatissimo libro del 2017, «I segreti della Napoli sotterranea», in passato il complesso ospedaliero era molto più ampio di oggi e i suoi spazi si sono radicalmente modificati nel corso del 900.
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Tra le Sette Opere di Misericordia dipinte da Caravaggio per il Pio Monte della Misericordia, nato dall'iniziativa di un gruppo di giovani nobili napoletani che avevano preso l'abitudine di riunirsi tutti i venerdì proprio nel cortile dell'ospedale degli Incurabili, c'è la sepoltura dei morti; la misericordia è rappresentata dai piedi lividi di un cadavere trasportato verso la sepoltura sotto lo sguardo di un monaco che regge la fiaccola.
Quello della sepoltura dei cadaveri era diventato in quegli anni un tema di tragica attualità, soprattutto a Napoli. Mentre i sette cavalieri della Misericordia si riunivano nel cortile degli Incurabili per dar vita all'iniziativa benefica del Pio Monte, proprio sotto i loro piedi la vecchia, enorme cava di tufo veniva utilizzata come fossa comune.
Ma dove si trova la spaventosa piscina degli Incurabili? Mistero. Di certo era collegata ad altre cavità, forse anche al mitico Pozzo dei Pazzi, nel cortile dell'ospedale, dove mastro Giorgio Cattaneo, il medico dei folli, curava i malati di mente più esagitati legandoli a una grande ruota che poi calava nella buca. Dopo il crollo avvenuto nella chiesa di Santa Maria del Popolo nel marzo 2019, quando il pavimento dell'abside è sprofondato risucchiando lapidi, tombe e riggiole, la caccia alla misteriosa caverna - che potrebbe contenere oltre due milioni di morti - è ripresa con ancora maggior vigore. Per individuare gli ipogei che, con ogni probabilità, conducono alla piscina i tecnici del centro speleologo meridionale (Clemente Esposito, Antonella Feola e Mauro Palumbo) si sono calati recentemente nelle viscere degli Incurabili imbattendosi, però, solo in un muro di detriti, passaggi segreti, pozzi ostruiti e fecali dissestate. Anche i vigili del fuoco hanno esplorato in questi ultimi anni questa parte del sottosuolo, nell'ambito delle operazioni per individuare le cause profonde dei dissesti generati sulle antiche strutture in superficie. Michele La Veglia, ingegnere dei Vigili del Fuoco ed esperto nazionale della storia dei pompieri napoletani, ci conferma che «nessuna notizia di una grande caverna sconosciuta è emersa dai rapporti di soccorso tecnico urgente degli ultimi decenni».
Insomma, la grande cavità situata nel ventre nero della collina, la fossa comune «ove si gittavano i cadaveri di coloro che muojono nello spitale degli Incurabili», come scriveva nel 1793 Filippo Ammirati professore della Regia università, nel suo saggio Gius Sagro, non si lascia trovare. Per Gennaro Rispoli, custode tenace delle memorie degli Incurabili (e di Caponapoli) ed ex direttore del Museo delle Arti Sanitarie, è probabile che la cavità sia stata sepolta dai detriti delle macerie della seconda guerra mondiale, motivo per il quale oggi accedervi non è possibile.
Clemente Esposito, il vero erede di Melisurgo, non nasconde che «la piscina degli Incurabili è diventata un incubo, la stiamo cercando ovunque sotto l'acropoli». Dov'è la piscina scomparsa? Una sfida per gli speleologi, un maledetto rompicapo per gli urbanisti e un mistero in più nascosto nel cuore di tenebra della città capovolta.