«Mamma, gli Spagnoli»,
don Pedro da Toledo
torna nei «suoi» Quartieri

«Mamma, gli Spagnoli», don Pedro da Toledo torna nei «suoi» Quartieri
di Vittorio Del Tufo
Domenica 2 Giugno 2019, 20:00
5 Minuti di Lettura
«Verso sera mi ero arenato ai tavolini del caffè Gambrinus... Girai la testa, vidi a sinistra via Roma che si apriva, scura come un'ascella. Mi alzai e mi ingolfai tra quelle alte muraglie. Questa ombra calda, vagamente oscena, non era che un sipario di nebbia»
(Jean-Paul Sartre)
* * *
Cinque secoli dopo l'era di don Pedro de Toledo e la nascita dei Quartieri Spagnoli, la Spagna «torna» a Montecalvario. Vi torna partecipando ai programmi di sviluppo culturale e sociale promossi da una fondazione molto attiva sul territorio, Foqus (fondazione Quartieri Spagnoli onlus), che nei vicoli dei Quartieri ha avviato nel 2013 un «progetto di rigenerazione urbana» con l'obiettivo di promuovere nuove imprese e nuove iniziative culturali in una delle zone ancora più degradate della città, nonostante il rilancio turistico degli ultimi anni. Un festival del cinema spagnolo in Italia (a luglio) e una mostra collettiva di artisti contemporanei spagnoli (a novembre): queste le prime tappe del progetto di valorizzazione dei Quartieri previsto dall'accordo siglato presso la fondazione di via di Portacarrese alla presenza dell'ambasciatore di Spagna Alfonso Dastis. Un progetto di rigenerazione urbana che si ripropone di valorizzare l'identità originaria dei Quartieri Spagnoli riannodando il filo della loro storia alla Spagna contemporanea. Una storia cominciata nel lontano 1532.
* * *
Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, il mitico don Pedro de Toledo, calò il pugno di ferro su Napoli nel settembre di quell'anno, governando per ventuno anni e trasformando la città in una delle roccaforti più impenetrabili dell'impero spagnolo. Una delle strade più importanti della città porta il suo nome, o meglio quello della sua città di origine: Toledo. Quando Paolo Emilio Imbriani, che fu sindaco di Napoli dal 1870 al 1872, con una decisione scellerata fece mutare il nome di via Toledo con quello di via Roma (neocapitale del Regno d'Italia) la città si ribellò prendendolo a fischi e pernacchie, tanto che lo stesso Imbriani arrivò a far sorvegliare le nuove targhe da guardie municipali temendo che i napoletani le infrangessero a colpi di sassi.

Cinque secoli dopo gli anni terribili di don Pedro, Napoli non ha dimenticato il suo monumentale viceré, il cui sepolcro sorge nella basilica di San Giacomo degli Spagnoli, all'interno di Palazzo San Giacomo. Il monumento sepolcrale fu scolpito nel 1570 da Giovanni da Nola, su volontà dello stesso viceré di Napoli, che però morì prima della conclusione dei lavori del sarcofago, venendo così sepolto all'interno del duomo di Firenze. Napoli non ha dimenticato nemmeno l'origine dei Quartieri, che furono chiamati Spagnoli proprio perché don Pedro decise di confinarvi lì le sue guarnigioni militari.

In realtà quella del viceré è una rivoluzione urbanistica più ampia. Nei primi decenni del 500 don Pedro stabilisce il riordino del tracciato urbano che costeggia la nuova via Toledo, a lui intitolata. L'area a est della strada, strategicamente vicina a Castel Nuovo e al Palazzo vicereale - i centri del potere politico - viene destinata agli alloggiamenti per le truppe spagnole e le loro famiglie. Nascono così, impostati su una maglia a scacchiera con sei strade parallele a via Toledo e numerose altre piccole vite perpendicolari, i Quartieri Spagnoli, testimonianza di una vera e propria migrazione proletaria attraverso il Mediterraneo, dalla Spagna alla capitale del viceregno meridionale, che segnerà già allora l'aspetto e il tessuto sociale prevalente nel quartiere.

Nel corso del tempo gli edifici originari, su un unico livello, si eleveranno, fino a raggiungere anche cinque piani, per far fronte alla carenza cronica di abitazioni per una popolazione in continua crescita. Nell'ultimo scorcio dell'Ottocento, l'urgenza di individuare una nuova zona di espansione abitativa all'interno della città innesta la mutazione radicale lungo la collina del Vomero, che coinvolge il versante occidentale dei Quartieri. Sacrificati all'edilizia gli ultimi spazi verdi verso la collina di San Martino, i Quartieri Spagnoli si presentano oggi come una delle aree più disagiate e intensamente popolate della città: una maglia viaria ortogonale, fitta e ad altissima densità umana, che nasconde spiazzi e larghi inaspettati, tra palazzi storici, chiese barocche e dimore nobiliari, alternati ai bassi, angusti come vuole la leggenda, ma, sempre più spesso, curati e trasformati in ristorantini o case vacanza.
* * *
Per la prima volta, dunque, un Paese europeo partecipa alla rigenerazione urbana, culturale e sociale di un quartiere italiano considerato ad alta fragilità, con un programma che si snoderà, nel corso dei prossimi anni, attraverso eventi, mostre, iniziative artistiche, e momenti di confronto con i progetti di rigenerazione urbana che hanno portato negli ultimi anni a riequilibrare l'antico divario tra il Nord e il Sud del paese iberico. Con i suoi 30mila abitanti il quartiere Montecalvario ha un concentrazione abitativa quadrupla rispetto a quella media, già molto alta, della città: una cittadina di medie dimensioni nel cuore del centro storico. Il 19,1% degli abitanti è composto da popolazione straniera, con una percentuale femminile tra le più alte della città (16,4%). La disponibilità di verde pubblico è la più bassa: 0,6 metri quadrati per abitante. Speriamo che con le iniziative culturali e sociali avanzino anche i progetti di pedonalizzazione delle strade più congestionate. La carenza di servizi, soprattutto quelli destinati all'infanzia, è drammatica, specie se si tiene conto che nel quartiere risiede il 10% dei minori napoletani. Ai Quartieri si registra inoltre la più alta percentuale di evasione scolastica tra gli 8 e i 14 anni e il maggior tasso di disoccupazione della città.

È in questo scenario che si colloca il progetto di rigenerazione urbana. Dal punto di vista storico, morfologico, urbanistico e sociale, i Quartieri continuano a rappresentare un unicum, una sorta di exclave rispetto al resto della città. Ma quanta storia in questo fazzoletto di strade: qui i palazzi hanno radici antiche e storie di nobiltà alle spalle, storie di rivoluzione e patiboli, di giardini segreti e cortili che custodiscono mille leggende. Qui è sopravvissuta, e anzi si è sviluppata, una sorta di stratificazione sociale orizzontale, quasi come nella Napoli settecentesca e ottocentesca; il processo di gentrificazione è limitato alle ariose case con terrazzo degli ultimi piani, luminose e panoramiche, scelte da professionisti e benestanti.

Se c'è un luogo che reca fin nel nome le stigmate del suo passato quel luogo è il reticolo di strade dei Quartieri Spagnoli, il dedalo di viuzze che penetra come una lama nella loro anima e nell'anima della città. Le strette, roventi, postribolari, felliniane, pasoliniane stradine dei Quartieri sono oggi un teatro della memoria viva: vi alberga una cultura della tolleranza più evidente che in tutte le altre zone della città. Tolleranza nei confronti dei mestieri più assurdi, dei destini più assurdi. I Quartieri sono tolleranti con tutti, lo sono stati anche con gli occupanti, sin da quando ospitarono la soldataglia spagnola del viceré di Toledo. È anche questo, ancora oggi, a renderli unici al mondo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA