Il mistero di Galileo:
un manoscritto segreto
nel cuore dei Vergini

Il mistero di Galileo: un manoscritto segreto nel cuore dei Vergini
di Vittorio Del Tufo
Domenica 15 Dicembre 2019, 20:00
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«In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l'unico immodificabile evento di cui si possa asserire l'incontrovertibile verità».
(Umberto Eco, Il nome della rosa).
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Napoli, è la notte dell'Immacolata del 1668. Un uomo guarda il fuoco di un camino con in mano un manoscritto appartenuto al nonno. Si guarda intorno, teme di essere scoperto. È tormentato dai dubbi, perché quella notte dovrà prendere una decisione sulla sorte di un misterioso manoscritto. E nello stesso tempo, dovrà sfidare le accuse di eresia che rischiano di piovergli addosso. Sono tempi infami, per chi decide di mettersi contro la Chiesa. Quell'uomo si chiama Cosimo Galilei, ed è il nipote di Galileo Galilei.

Se Napoli è una città di ombre, ci sono luoghi che, più di altri, consentono ai napoletani di andare in giro tra le proprie ombre, a spasso tra i ricordi e le visioni di vite passate. La Casa dei Vincenziani, nell'antico Borgo dei Vergini, è uno di questi luoghi. Sorge sui resti del convento trecentesco dei Padri Crociferi, un ordine ospedaliero di origine medievale le cui vestigia sono ancora riconoscibili nell'antica cripta. E sorge nell'antica area sacra delle sepolture greco-romane. Visitare questo luogo della memoria, così ricco di testimonianze archeologiche, spirituali, architettoniche e storiche, vuol dire sfogliare, in un attimo, secoli di storia. E lasciarsi avvolgere dal respiro di storie e leggende che credevamo perdute.
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Il primo missionario vincenziano ad arrivare a Napoli nel 1668 fu Cosimo Galilei, nipote diretto di Galileo Galilei, custode delle carte e dei manoscritti del grande scienziato. Era ancora molto giovane Cosimo quando giunse a Napoli dopo il periodo del noviziato romano. Portò con sé alcuni documenti del nonno, contenenti le sue memorie. A soli 37 anni il missionario morì (per una tisi) e di quei documenti, compreso quello che ancora oggi viene considerato il «manoscritto perduto» di Galileo Galilei, non si seppe più nulla. Cosimo, fervente cristiano, sarebbe stato combattuto fino all'ultimo tra il desiderio di rivelare al mondo la natura del manoscritto del nonno, manoscritto quasi certamente eretico per i canoni religiosi dell'epoca, e quello di occultare tutto. Dove sono le carte segrete di Galileo? Mistero. Si possono azzardare solo ipotesi: Cosimo affermò di averle bruciate, ma tra i padri missionari, in passato, circolò la voce che il nipote di Galileo avrebbe nascosto quei documenti nella Casa, forse tra gli scaffali della grande biblioteca dei Vincenziani, fondata proprio nel 1668 e la cui consistenza si è andata sempre più arricchendo nel corso dei secoli. Fatto sta che il manoscritto non è mai stato ritrovato. Il nipote di Galilei portò il segreto nella tomba, che si trova sotto la chiesa di Santa Maria a Pugliano (Resina) dov'è sepolto e dove, nel libro dei morti, compare ancora il suo nome.
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San Vincenzo de' Paoli, il fondatore della missione, era nato il 24 aprile 1581 a Pouy, un villaggio vicino Dax, nelle Lande della Guascogna, nel sud-ovest della Francia. Studiò dai francescani e nel 1600 fu ordinato sacerdote. La sua fu una vita avventurosa, degna di un romanzo. Tra il 1605 e il 1607 si persero le sue tracce. Pare che per riscuotere l'eredità di un testamento in suo favore si recò a Marsiglia, ma durante il ritorno a Tolosa l'imbarcazione su cui viaggiava fu assalita dai corsari turchi che lo fecero prigioniero e lo vendettero come schiavo. Vincenzo raccontò di essere stato venduto a un pescatore, poi a un medico alchimista. Nel 1625 formò un gruppo di chierici specializzati nell'apostolato rurale: il primo nucleo della Congregazione della Missione. Fu il fondatore e l'ispiratore di altre istituzioni religiose come le Dame della carità (e, poco più tardi, le Figlie della carità). Vincenzo è stato proclamato santo il 16 giugno 1737 da papa Clemente XII, ed è tuttora considerato il più importante «riformatore della carità» della Chiesa cattolica.

Abbiamo lasciato il nipote di Galileo Galilei davanti al fuoco di un camino. Ci troviamo negli ipogei della Casa della Missione, dove sono tuttora visibili i resti pietrificati dell'antica Lava dei Vergini. Memorie di un passato mistico e leggendario. Tra la fine del 600 e l'inizio del 700 la Casa della Missione si amplia e, grazie alle cospicue donazioni da parte della nobiltà napoletana, vengono acquisite altre proprietà tutt'intorno. Prende forma il progetto di fare isola, inglobando palazzi, ma anche chiese o parti di esse. L'arrivo di Luigi Vanvitelli, nel 700, trasformò completamente il disegno del luogo di culto e fece di San Vincenzo de' Paoli la chiesa più ricca di luce a Napoli. Oggi la Casa missionaria è guidata dal giovane padre superiore Salvatore Farì.
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Da Firenze, sempre nel 700, giunse nella Casa dei Vincenziani il Quadro dell'Anima Dannata. Questa storia, che tanto impressionò il giovane avvocato Alfonso Maria de' Liguori, convincendolo ad abbracciare la vita sacerdotale, comincia con una storia d'amore come tante. Un amore contrastato che legò, per un breve periodo, un giovane appartenente a una delle più note famiglie fiorentine a una donna sposata. La donna morì all'improvviso in circostanze misteriose. Lui, sconvolto dal dolore, decise di effettuare gli esercizi spirituali tra i Vincenziani per trovare sollievo. Una sera, non vedendolo arrivare al refettorio, il padre superiore bussò alla sua porta. E si trovò davanti uno spettacolo raccapricciante.

Silenzio. Una nuvola densa di fumo. Un corpo esanime. Davanti a un quadro raffigurante un crocifisso, il ragazzo svenuto. Dopo aver ripreso i sensi, il giovane raccontò al superiore una storia incredibile.

«Padre, dovete credermi. È apparsa davanti a me, all'improvviso, una figura femminile circondata dalle fiamme. Devi cambiare vita, mi diceva, devi convertirti! Ho pensato a un'allucinazione. Poi mi ha detto: io sono la tua amata, e ora brucio tra le fiamme dell'inferno. Dio mi ha mandato da te per lasciarti questo messaggio. Poi, allo scopo di convincermi, si è appoggiata su questo quadro lasciando le impronte delle sue mani. Quelle mani erano infuocate....».

Fu il padre superiore Giuseppe Scaramelli, anni dopo, a portare il quadro nella Casa dei Vincenziani di Napoli. Ora il dipinto si trova nella Cappella delle reliquie. Per oltre duecento anni è stato nascosto al pubblico, ed esibito solo durante gli esercizi spirituali. Il 26 marzo del 1721 entrò nella Casa della Missione, ai Vergini, il giovane avvocato Alfonso Maria de' Liguori, per partecipare ad alcuni esercizi spirituali. Alla visione del quadro, impallidì. Ne rimase talmente turbato da decidere, di lì a breve, di cambiare vita e consacrare a Dio la propria esistenza. Un altro mistero è custodito nella Cappella delle reliquie: un'ampolla contenente il sangue di San Gennaro, almeno a giudicare dall'«autentica» vescovile, il certificato di autenticità datato 1793 e redatto dal Vescovo di Ferentino, nel frusinate.
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Fino al 1950 i futuri preti della diocesi di Napoli avevano l'obbligo di fare almeno una settimana di esercizi spirituali in questa Casa. Una sorta di master religioso. Basta questo a testimoniare l'importanza della presenza dei Vincenziani a Napoli e il fortissimo rapporto con la diocesi per la formazione del clero. Nella cripta ipogea, invece, riposano i resti della duchessa Maria Giuseppa Brandis Starhemberg, moglie del settimo Duca di Sant'Elia, un personaggio straordinario che ha contribuito a fare grande la Casa della Missione dedicandosi agli umili, ai poveri e soprattutto alle donne del quartiere, donando parte dei suoi averi per la costruzione della chiesa di San Vincenzo de' Paoli. Non solo una benefattrice, ma una femminista ante litteram.

Infine, un appello agli amici speleologi dell'Uovo di Virgilio. Scavate negli ipogei dei Vincenziani, dove è visibile anche uno sperone pietrificato della lava dei Vergini: lì sotto c'è ancora tanto da scoprire, tanti tesori da riportare alla luce.
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