Il segreto di Sansevero:
così Cecco il guerriero
scappò via dalla morte

Il segreto di Sansevero: così Cecco il guerriero scappò via dalla morte
di Vittorio Del Tufo
Domenica 3 Marzo 2019, 20:00
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L'uomo libero non pensa a niente meno che alla morte; e la sua sapienza non è meditazione della morte, ma della vita
(Spinoza).
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Il fiero soldato salta fuori dalla bara. Sguaina una spada e si prepara a dare battaglia. Un'aquila poggia la zampa destra sul coperchio del sarcofago; con la sinistra stringe un fascio di folgori, simbolo di forza e virtù guerriere. È la scena, palpitante e viva, che si presenta ai visitatori sulla volta d'ingresso della Cappella Sansevero, tempio massonico carico di simbologie e scrigno di capolavori come il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, conosciuto in tutto il mondo per il suo velo marmoreo che quasi si adagia sul Cristo morto, la Pudicizia di Antonio Corradini e il Disinganno di Francesco Queirolo. Il monumento a Cecco di Sangro - il guerriero che scavalca il sarcofago - fotografa, con il genio dell'arte, un evento storico realmente accaduto. Raimondo di Sangro volle rendere omaggio all'illustre antenato, comandante agli ordini di Filippo II, immortalandone l'impresa più famosa: Cecco è ritratto nell'atto di uscir fuori da una cassa nella quale era rimasto nascosto per due giorni, stratagemma grazie al quale colse di sorpresa e sgominò i nemici, impadronendosi della rocca di Amiens. L'episodio, avvenuto durante una campagna nelle Fiandre, è raccontato dettagliatamente nell'iscrizione commemorativa incisa sulla pelle di leone.

Il monumento a Cecco di Sangro, scolpito da Francesco Celebrano nel 1766, è una delle prime statue progettate dal principe di Sansevero per illustrare la gloria, tutt'altro che effimera, della sua famiglia. Ed è anche quella che esprime meglio di altre lo spirito con il quale don Raimondo decise di edificare la Cappella: la celebrazione della propria casata e delle glorie militari della propria ascendenza maschile. Ma l'obiettivo del principe di Sansevero era anche quello di disseminare di indizi il suo labirinto iniziatico. Sullo sfondo, infatti, vi sono i significati legati al credo massonico di don Raimondo: la posizione della scultura (proprio al di sopra della porta di accesso) lascia chiaramente intendere che a Cecco il guerriero il principe di Sansevero decise di attribuire il ruolo di Guardiano del Tempio, mentre la scena dell'uomo che esce dalla bara è un chiaro riferimento al tema della morte e della resurrezione.

Proprio dalla scultura del guerriero che brandisce la spada e balza fuori del sarcofago discenderebbe una delle leggende più nere riguardanti il principe di Sansevero. Raimondo di Sangro morì il 22 marzo 1771, avvelenato forse, da quegli stessi intrugli che utilizzava per i suoi esperimenti alchemici. E Benedetto Croce fotografò così così l'ultimo istante di vita del principe maledetto: «Quando sentì non lontana la morte, (...) provvide a risorgere, e si lasciò tagliare a pezzi e bene adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano, a tempo prefisso; sennonché la famiglia, che egli aveva procurato di tenere all'oscuro di tutto, cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo e il principe, come risvegliato dal sonno, fece per risollevarsi, ma ricadde subito gettando un urlo da dannato».
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Cecco di Sangro non era un principe di Sansevero, ma un nipote (il figlio di un fratello) di Giovanfrancesco di Sangro, il primo principe di Sansevero che diede origine alla celebre dinastia. Da capitano dell'esercito di Filippo II, prese parte alla sfortunata spedizione dell'Invincibile Armada. Ma il suo nome, grazie al capolavoro di Celebrano, resterà per sempre legato all'episodio dell'assedio alla rocca di Amiens, contesa ai francesi. Aveva coraggio da vendere, l'antenato di don Raimondo. Dapprima fece introdurre nella rocca un carico di munizioni, nascoste dentro un carro di noci, e così facendo mise in fuga i francesi. Poi, quando i nemici tornarono alla carica, si fece nascondere nella stessa cassa dove in precedenza erano state occultate le armi. All'improvviso balzò fuori, in una specie di replica solitaria del tranello teso da Ulisse ai troiani, e guidò l'assalto, cogliendo di sorpresa i francesi che furono costretti alla resa. Cecco morì poco dopo la sua spettacolare impresa, ucciso a colpi di archibugio mentre ispezionava un'installazione militare nella regione delle Fiandre.
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Nel libro Il disegno segreto. I messaggi della Kabbalah nascosti nei capolavori dell'arte italiana, Roy Doliner riflette sul paragone tra Cecco uscito dalla cassa e Cristo resuscitato il terzo giorno, senza però trascurare la «pista egiziana». Quando il giovane di Sangro si imbatté per la prima volta nella storia di Osiride chiuso nella cassa dal malvagio Sete e magicamente riportato in vita, dovette tornargli in mente il precedente dell'antenato Cecco. «Tuttavia nella cappella la sua statua sopra l'entrata - scrive Doliner - serve anche a un altro scopo: segna la soglia dell'occulto sentiero esoterico di Raimondo verso l'aldilà e la sua propria resurrezione».

Quando, la notte tra il 22 e il 23 settembre 1889, l'intera ala sinistra di palazzo Sansevero crollò - cancellando il passaggio sopraelevato tra lo stesso edificio, la Cappella Sansevero e l'appartamento detto del Patriarca - anche il monumento a Cecco di Sangro rimase danneggiato. La testa si scollò e venne riposizionata sulla scultura in un secondo momento. La cappella sansevero è uno dei più grandi capolavori al mondo di arte ermetica ed esoterica. Come altre opere presenti all'interno della Cappella Sansevero, anche il monumento a Cecco di Sangro rimanderebbe a sofisticate simbologie massoniche. Così la visita al tempio divienta un percorso attraverso un labirinto iniziatico, dal pavimento alle statue, tra angeli-guida, obelischi e colombe: simboli, queste ultime, della materia prima da cui nasce la pietra filosofale degli alchimisti. Il luogo stesso in cui sorge la Cappella Sansevero, del resto, è un concentrato di elementi cabalistici e magici: Raimondo di Sangro era davvero convinto che fosse possibile collegare, attraverso una rete di cunicoli, i sotterranei del mausoleo di famiglia con quel fulcro cosmico, l'Omphalos della tradizione iniziatico-templare. L'appartamento della Fenice, oggi noto come Cripta ovale, poggiava in origine su terra battuta non pavimentata proprio per assorbire le vibrazioni provenienti dall'antico sacrario egizio.
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