Il genio della malinconia e la villa dove nacquero i fantasmi di Caccioppoli

Il genio della malinconia e la villa dove nacquero i fantasmi di Caccioppoli
di Vittorio Del Tufo
Domenica 24 Marzo 2019, 18:00 - Ultimo agg. 25 Marzo, 09:50
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«Cos'hai?»
«Niente. Sono solo una derivata sbagliata»

(Dialogo tra Giulia Sofia Bakunin e suo figlio, Renato Caccioppoli).

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L'ingresso della villa è quasi nascosto dalla vegetazione incolta. Per raggiungerlo bisogna farsi strada tra le erbacce. Ma ne vale la pena, perché l'edificio, anche se in pessime condizioni, è di una bellezza da togliere il fiato. Il colono, Raffaele Severino, ne cura il terreno per evitare che vada definitivamente in malora. La sua famiglia vive lì da generazioni, e un cane tiene lontani i malintenzionati, anche adesso che la dimora ha un nuovo proprietario, la Cooperativa il Bosco. Siamo tra i Colli Aminei e Capodimonte, in via Vecchia San Rocco, affianco all'ingresso del liceo Sbordone. E questa villa dalla facciata diroccata, e dalle memorie leggendarie, è la casa dove nacque, trascorrendovi l'infanzia e la giovinezza, il matematico napoletano Renato Caccioppoli.

Per entrare davvero nel mondo magico di Caccioppoli, affollato di numeri e di pensieri, ma anche di sofferenze e nevrosi - quelle che lo portarono al suicidio, al Palazzo Cellammare di via Chiaia, l'8 maggio del 1959 - bisogna partire da qui, dalla villa che era appartenuta a un famoso avvocato del foro di Napoli, Carlo Gambuzzi, che aveva sposato Antossia Kwrathovoska, la vedova di Michail Aleksandrovic Bakunin, il celebre anarchico e rivoluzionario russo morto nel 1876. Dall'unione di Antossia con Bakunin erano nati tre figli: Carlo, Giulia Sofia e Maria detta Mariussa. Renato Caccioppoli nacque il 20 gennaio 1904 dal matrimonio tra Giulia Sofia Bakunin e Giuseppe Caccioppoli, affermato chirurgo, professore all'ospedale degli Incurabili.

Nel sessantesimo anniversario della morte di Caccioppoli, la terza municipalità di Napoli, grazie all'iniziativa della consigliera Giuliana De Lorenzo e del presidente Ivo Poggiani, ha deciso di bandire (con il contributo del liceo scientifico Renato Caccioppoli e la prof De Rubertis) un concorso di idee per l'apposizione di una targa all'ingresso di Villa Caccioppoli, in modo da renderla riconoscibile a tutti salvaguardando la memoria del suo illustre abitante.

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Per penetrare il mistero di Renato Caccioppoli forse bisogna partire proprio da questa villa, il cui terreno agricolo si estende per oltre 12mila metri quadrati, e dalla figura di quel nonno rivoluzionario, Michail Aleksandrovic Bakunin (1814-1876) che amava tantissimo Napoli considerandola, evidentemente, la città più adatta per accogliere le sue idee anarchiche e libertarie, e per farle germogliare. Bakunin soggiornò a Napoli varie volte, la prima volta nell'ottobre del 1864, dopo essere fuggito dall'esilio in Siberia, apprezzandone i profumi, gli ardori, il carattere ostinato e ribelle. Di Napoli amava soprattutto il caffè, «nero come la notte, dolce come l'amore, caldo come l'inferno». Come ricordano Romano Gatto e Laura Toti Rigatelli nella biografia Renato Caccioppoli tra mito e storia, raccolse intorno a sé numerosi giovani intellettuali provenienti soprattutto dagli ambienti mazziniani e garibaldini, con un passato di cospiratori antiborbonici. Tra questi l'avvocato socialista Carlo Balduzzi, che alla morte del maestro si legò ad Antossia, la vedova del rivoluzionario anarchico, convincendola a trasferirsi a Napoli, nella bella villa di Capodimonte, con i tre figli Carlo, Giulia Sofia e Mariussa.

Giulia Sofia Bakunin (1870-1956), madre di Renato Caccioppoli, fu la seconda donna a conseguire la laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Napoli. Fu probabilmente all'inizio della sua attività di chirurgo che Giuseppe Caccioppoli conobbe questa donna colta e raffinata. Sua sorella Mariussa, la zia di Renato, sarà una figura centrale per il nipote, soprattutto dopo il noto episodio del 1938, quando il 5 maggio, durante la visita di Hitler e Mussolini a Napoli, Renato suonò la Marsigliese al pianoforte e arringò contro i due dittatori, finendo in manette. Grazie però all'intervento e alle amicizie della zia, viene dirottato prima al manicomio criminale Colucci, poi al Leonardo Bianchi di Capodichino.

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Dell'infanzia di Renato Caccioppoli a Capodimonte numerosi testimoni conservano i ricordi tramandati di padre in figlio. Da ragazzo, il futuro matematico faceva lunghe passeggiate ai Colli Aminei e Capodimonte; era anche, con il fratello e futuro magistrato Ugo, un frequentatore assiduo della birreria Peroni di Miano. Il giovane Caccioppoli, studente all'istituto tecnico Della Porta, era attirato soprattutto dai circoli e dai raffinati ambienti intellettuali dell'epoca. A casa di Piero La Via - il cosiddetto «circolo di Posillipo» frequentato anche da Benedetto Croce - conobbe Vincenzo Gemito, Gaetano Salvemini, Massimo Bontempelli e Roberto Pelella, che gli trasmise la passione per il cinema. La sua prima, grande passione fu la musica: a 17 anni, era bravissimo al pianoforte e molto promettente anche con il violino. Amore e talento per la musica li aveva ereditati proprio dal nonno Michail, che era stato amico di Wagner assistendolo, spesso, mentre componeva. Non è un caso che Wagner fu tra gli autori preferiti di Renato. Un giorno si confidò con Benedetto Croce, chiedendogli di aiutarlo a scegliere tra la musica e gli studi universitari. Croce gli disse: «Caccioppoli, andate a Matematica, ci vuole un metodo che la passione non può dare. La musica sopravviverà». Il resto è storia. Nel 25 frequenta le lezioni di Analisi matematica di Mario Picone, e ne diventa l'allievo preferito. «Faceva passi da gigante - ricorderà il docente - e dopo qualche tempo le parti si invertirono: egli divenne il maestro e io il discepolo». Caccioppoli si laurea nel 1926, diventando in breve tempo uno dei più grandi matematici italiani. Nel 31 è già cattedratico di Analisi matematica all'Università di Padova, nel 34 ritorna a Napoli e vi rimane; le sue ricerche lo portano alle soglie del Nobel. Il pianoforte, però, non lo mette affatto da parte. Spesso, negli anni di Palazzo Cellammare, si ritrova a suonare a quattro mani con la sua grande amica Francesca Spada, giornalista dell'Unità, che si toglierà la vita nel 1961, due anni dopo il suicidio di Caccioppoli.
Nella villa di Capodimonte i Caccioppoli vissero fino alla metà degli anni Trenta. Poi la residenza fu affittata a un'altra famiglia, che già si occupava dei terreni circostanti. Quando Renato fu ricoverato al Leonardo Bianchi, la madre, per stargli vicino, ritornò in via Vecchia San Rocco e vi rimase. Morì nel 1956, il figlio le sopravvisse solo tre anni. La parabola del matematico napoletano si concluse tra le 17 e le 19 dell'8 maggio 1959. Il suo matrimonio con Sara Mancuso, che aveva sposato nel 39, era durato solo un decennio, fino all'abbandono di Sara, che si legò al dirigente comunista Mario Alicata. Le delusioni personali e politiche, il disincanto nei confronti del partito comunista, la crescente instabilità emotiva lo spinsero a farla finita, a Palazzo Cellammare, con un colpo di Beretta 7 e 65. Ora, nella villa di Capodimonte, una targa ricorderà per sempre il genio dei numeri e della malinconia.
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