Accoltellò due coetanei in una rissa,
tentato omicidio a 17 anni

Accoltellò due coetanei in una rissa, tentato omicidio a 17 anni
di Petronilla Carillo
Giovedì 28 Ottobre 2021, 06:50 - Ultimo agg. 20:22
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Incastrato dai video e dalle chat, E.P., difeso dall’avvocato Pierluigi Spadafora, non ha potuto far altro, dinanzi al gip del tribunale dei Minori, Pietro Avallone, che ammettere di essere stato lui, la notte del 15 maggio scorso, ad aver accoltellato due coetanei. Ha soltanto ammesso le proprie responsabilità senza però fare i nomi degli altri partecipanti alla rissa e, soprattutto dei ruoli. E.P. è accusato di duplice tentato omicidio ed è in cella a soli diciassette anno. Tutti gli altri - suoi coetanei - hanno reso, eccetto qualcuno che si è avvalso della facoltà di non rispondere, hanno reso delle dichiarazioni spontanee. Nel collegio difensivo, tra gli altri, anche gli avvocati Bianca de Concilio ed Ivan Nigro. I quindici ragazzi arrestati martedì mattina hanno, alcuni, nomi importanti essendo figli o nipoti di personaggi di spicco della malavita cittadina.

Nella ricostruzione dei fatti ad opera degli agenti della Squadra mobile (agli ordini del vicequestore Marcello Castello) insieme alla polizia giudiziaria presso la procura monorile e la collaborazione della polizia postale (vicequestore Maria Rosaria Romano ed ispettore Roberta Manzo) emergono comunque elementi molto gravi: i ragazzi scendevano sempre armati perchè la guerriglia tra il gruppo del centro storico (in questa circostanza composto da dieci ragazzi) e quello della zona orientale (composto da cinque) non mancavano occasione per stuzzicarsi e prendersi a botte.

A volte fissavano anche degli appuntamenti. Nelle conversazioni chat emerse dall’analisi dei loro cellulari, è evidente sia che il gruppo del centro storico era a conoscenza che E.P. era armato di coltello e sia che gli stessi avevano disponibilità anche di pistole che, comunque, nel corso degli accertamenti non sono state trovate.

«Ha detto che vuole scendere con le pistole? E va bene fallo scendere come vuole lui...». «Ma io sono il primo» «Con me non dovete fare chiacchiere». «Ma qua nessuno si tira indietro». «Quando vuoi scendere con le pistole sai dove stiamo». Sono soltanto alcune delle conversazioni abituali che avvenivano tra i ragazzi quando dovevano organizzare una rissa. 

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Nei giorni successivi alla rissa del 15 maggio scorso i ragazzi immaginano di avere i giorni contati. «Uagliù» srive E.P. nel gruppo «non mandate messaggi...ma allora non avete capito ... che ci sono le telcamere... che ci vengono a prendere». Sempre lui si sente con un altro ragazzo della «zona orientale» e i due prendono accordi per incontrarsi e darsele di santa ragione. Nonostante tutto. «Ragazzi non vi tirate indietro perchè ora mi fate inceppare» dice allora E.P. ai suoi compagni in chat. I poliziotti comunque intercettano anche i messaggi che alcuni di questi ragazzi mandano alle loro fidanzate le quali non si meravigliano dei racconti che vengono fatti loro dopo la notte di rissa. Uno di loro, nei giorni successivi commenta con gli amici: «La colpa principale ce l’ho io che sono andato a scontrarmi e vi ringrazio che vi siete buttati in mezzo, cioè perché normale che siamo compagni, poi voi già avevate il dente avvelenato, però ragazzi non me la potevo scampare, perché uno che si mette a guardare fisso ragazzi ... ci avessi dato un’occhiataccia a me non me ne fotte proprio ragazzi, però quello è venuto là a terra con la birra... a fianco a me ...è venuto in là con gli occhi spalancati a guardarmi fisso... e una volta possiamo fare gli scemi due volte tre volte quattro ma non la quinta... ragazzi basta la verità è proprio questa...». Poi lo stesso invita gli altri a cancellare i messaggi subito dopo la lettura.

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