Accusato di violenze sui figli:
11 anni dopo «il fatto non sussiste»

Accusato di violenze sui figli: 11 anni dopo «il fatto non sussiste»
di Giovanna Di Giorgio
Lunedì 15 Aprile 2019, 12:00
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«Cosa vogliono da me? Di cosa devo rispondere? Da cosa mi devo difendere?». Quando Enzo viene accusato di molestie sessuali nei confronti dei suoi tre figli, è esterrefatto. Incredulo. Devastato. Come il protagonista de Il Processo di Kafka, non capisce di cosa sia accusato e perché. Il mondo sembra all'improvviso girargli intorno e lui, in preda a una vertigine, non riesce a comprendere cosa stia accadendo. Non può. «Mi sono sentito perduto». Eppure, «senza aver fatto nulla di male», dovrà aspettare ben undici anni perché una sentenza gli tolga di dosso l'accusa di pedofilia. Perché i giudici scrivano nero su bianco che «il fatto non sussiste».
 
È la storia, l'ennesima, di un uomo devastato da un'accusa infamante. Di un padre colpito dalla peggiore delle imputazioni. Di una verità lapalissiana e tuttavia assoggettata a un processo prolungatosi a dismisura. Di una giustizia che ci mette troppo tempo a rimettere le carte a posto. Quella di Enzo, un noto medico della Valle dell'Irno, è «una vicenda che si spacchetta in due tronconi. In un primo troncone spiega il suo avvocato, Cecchino Cacciatore - il mio cliente è accusato di violenze familiari, psicologiche e fisiche, con presunto spargimento di sangue sulle pareti, con i figli che venivano abbandonati sull'autostrada». Sono queste alcune delle accuse mosse contro Enzo nella prima parte della vicenda, che si conclude nell'arco di un anno con un'assoluzione piena in primo e secondo grado. «Quasi parallelamente continua Cacciatore - parte il secondo troncone, più grave: le accuse diventano di violenza sessuale». Un macigno che colpisce Enzo tra capo e collo. L'uomo non si spiega da dove nascano quelle accuse infamanti. Poi tutto inizia a delinearsi: «Gli screzi partono dalla frequentazione assidua con una psicologa, che soggioga totalmente mia moglie prima e i miei figli poi», racconta il medico. La professionista era stata per un breve periodo la psicologa della coppia. «Fino a che, un giorno, esco dal suo studio lanciandole i soldi sul tavolo. Da quel momento, divento il suo nemico», ricorda. «E da quel momento aggiunge Cacciatore - appaiono i primi segni rivelatori di abuso». La professionista, in seguito a un esposto all'ordine di appartenenza, subisce un procedimento disciplinare e viene censurata.

«Lei si trasforma da psicoterapeuta di coppia continua l'avvocato - a psicoterapeuta della moglie, poi in consulente per sostenere l'accusa. Che, di fatto, imbastisce». Quali sono le condotte di abuso contestate all'uomo? «Per i miei ritmi di lavoro, a volte non vedevo i miei figli anche per due giorni. Quando tornavo a casa, li abbracciavo, li stringevo, li baciavo. E prima di andare a letto passavo a dar loro il bacio della buonanotte. Questa facevo afferma - Invece, sono stato accusato di succhiare il lobo delle orecchie, toccare il culetto, mettere le mani vicino ai genitali». Contestazioni orribili, unite a quelle di ubriacarsi passando per la cantina di casa prima di rientrare. «Accuse assurde», esclama. Smontate da diversi testimoni, tra i quali la collaboratrice domestica. Ma a scagionare il medico sono gli stessi figli.

«Dal dibattimento racconta Cacciatore viene fuori che la psicologa è complice anche della manipolazione dei ragazzi, che prima confermano, poi smentiscono, poi smentiscono le smentite, poi smentiscono ancora». È un'alternanza di dichiarazioni contrastanti. Fino alla decisiva ritrattazione dei due figli maggiori, ormai adulti, che affermano «che tutto era stato inculcato loro dalla dottoressa». Il rischio di una condanna a 14 anni si allontana man mano che la verità s'impone. Tanto che «è stato lo stesso Pm a chiedere l'assoluzione per il mio cliente», sottolinea Cacciatore. Gli anni, però, scorrono. Prima della sentenza di primo grado ne passano 11. Ma chi conosce Enzo non ha mai avuto dubbi sulla sua totale innocenza.

«Ho ricevuto tanta solidarietà racconta - Nessuno ha creduto alle accuse. Ho continuato a lavorare a testa alta, tra la solidarietà di colleghi e pazienti. E le madri hanno continuato a portare da me i loro figli, a volte preferendomi al pediatra. Il lavoro mi ha aiutato tanto». Al tempo stesso, però, sapersi innocente e convivere con un'accusa del genere è terribile. La sentenza, pronunciata pochi giorni fa dal Tribunale di Salerno, è una liberazione. E tuttavia per Enzo «è una vittoria di Pirro. La mia sofferenza è stata ed è innegabile. È un dolore indescrivibile. Per fortuna, ho trovato e trovo rifugio nella scrittura, nei libri, nella poesia». C'è un altro aspetto a tormentare il medico: «Il vero dramma è che sono state devastate le radici della mia famiglia. Fratelli e sorelle non hanno necessità di vedersi tra loro sospira Nessun sentimento, nessun ricordo, nessun richiamo». Oggi, tra padre e figli non c'è più alcun rapporto. «I primi due si sono riavvicinati perché alla maggiore età hanno voluto che il mantenimento non fosse più devoluto alla madre ma direttamente a loro. Il figlio più piccolo non l'ho più visto», dice. Rapporti non esistono neppure fra i tre fratelli.

«È una brutta storia», commenta Cacciatore. Che ammette: «L'ho sentita molto perché ho imparato a conoscere il dottore. È almeno il terzo caso simile che mi capita, ma nessuno è stato così devastante per le conseguenze familiari. E nessuno è stato incredibile in modo così eclatante».
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